Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33863 del 19/12/2019
Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33863
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –
Dott. PERRICONE Angelina Maria – Consigliere –
Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 31006/2018 proposto da:
U.K., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Cavour
presso la cancelleria della prima sezione civile della Corte di
cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato Francesco
Bonatesta per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,
domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso gli
uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;
– intimato –
avverso il decreto del Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in
materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera
circolazione dei cittadini UE, n. 3224/2018 del 24/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
11/11/2019 dal Cons. Laura Scalia.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. U.K., originario del Bangladesh, ricorre in cassazione con unico motivo avverso il decreto in epigrafe indicato con cui ex D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis il Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione dei cittadini UE, ha rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che respingeva le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.
2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha articolato difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con unico motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5; il Tribunale di Bologna sarebbe incorso in errore nella valutazione del quadro clinico del richiedente non provvedendo a verificare la possibilità del primo, recidivo nel denunciato stato depressivo, di curarsi in via farmacologica nel Paese di origine. La comparazione tra la situazione attuale e quella in cui il richiedente, in condizione di estrema povertà, si sarebbe trovato ove costretto a far rientro nel paese di origine avrebbe giustificato nel carattere “problematico” della condizione di salute il rilascio del permesso di soggiorno per terminare il percorso farmacologico.
2. Il motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale di Bologna ha denegato il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per ragioni umanitarie dopo aver valutato del richiedente, con giudizio spiegato in autonomia rispetto alle diverse misure integranti la protezione internazionale, la specificità della condizione personale di particolare vulnerabilità che ha apprezzato, escludendola, anche in relazione alla situazione psicofisica attuale.
In tal senso sono stati valorizzati gli esiti, generici, del certificato medico versato in atti ad integrazione del preesistente quadro documentale, ragionando i giudici di merito sulla incapacità di siffatta produzione, che avrebbe attestato la ripresa della terapia farmacologica “relativa all’assunzione di medicinali generici”, di attestare l’esistenza di una patologia, depressiva, “attuale, ostativa al rimpatrio”.
Il motivo di ricorso nell’assumere l’esistenza di una recidiva nella patologia depressiva, non contesta poi di quest’ultima la gravità impeditiva del rimpatrio.
La mera recidiva, come rilevato dai giudici di merito, non vale a sostenere il giudizio sulla vulnerabilità per ragioni di salute integrativa della protezione umanitaria là dove della patologia nel pregresso lamentata dal richiedente non sia attestata la gravità perchè poi, nel confronto tra la capacità di cura offerta dal paese di rifugio e quella del paese di appartenenza, possa rilevare il sacrificio nella tutela del diritto alla salute.
Il ricorso va rigettato.
Nulla sulle spese non avendo l’amministrazione intimata svolto attività difensiva.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019