Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33860 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. I, 19/12/2019, (ud. 11/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33860

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. PERRICONE Angelina Maria – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28236/2018 proposto da:

E.G.O., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza

Cavour presso la cancelleria della Corte di cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Raffaele Tecce per procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12 presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in

materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera

circolazione dei cittadini UE, n. 2640/2018 del 08/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2019 dal Cons. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. E.G.O., cittadino della Nigeria, proveniente dall'(OMISSIS), ricorre in cassazione con due motivi avverso il decreto in epigrafe indicato con cui, D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis il Tribunale di Bologna, Sezione specializzata in materia di Immigrazione, Protezione internazionale e Libera circolazione dei cittadini UE, ha rigettato il ricorso dal primo proposto avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che respingeva le richieste di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria, nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha articolato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente, cittadino nigeriano originario di (OMISSIS), nell'(OMISSIS), di religione cristiana, aveva dichiarato alla Commissione territoriale di aver lasciato il proprio Paese verso la Libia alla ricerca di un futuro migliore.

Nella memoria allegata alla richiesta di protezione internazionale, il ricorrente riferiva invece di aver abbandonato il Paese di origine per questioni patrimoniali insorte tra il proprio padre e gli anziani del villaggio che volendosi impadronire del terreno del primo, lo uccidevano insieme alla moglie, con un rito (OMISSIS).

Per una successiva versione, segnalata in decreto come rettificata prima dell’audizione dinanzi alla Commissione ed oggetto di ulteriore memoria, il ricorrente, dando atto dello stato d’animo “confuso” in cui egli si trovava al momento in cui aveva redatto il precedente scritto, segnalava la morte del solo padre e precisava che i problemi legati al terreno si erano risolti.

La Commissione territoriale denegava ogni misura nell’apprezzato carattere economico delle vicende che avevano spinto il richiedente a lasciare il proprio Paese.

Il Tribunale, dopo aver precisato che la versione dinanzi allo stesso resa era ulteriormente mutata.

Il ricorrente si sarebbe allontanato dal proprio Paese, dopo che il padre era morto per aver subito un rito “(OMISSIS)” su iniziativa del re che voleva il terreno del primo per costruirvi il proprio palazzo, temendo per la propria incolumità, spostandosi da (OMISSIS) presso cui aveva vissuto per più anni, per non aver voluto firmare l’atto di cessione del terreno al re.

Il richiedente non si era rivolto alla polizia che non avrebbe potuto far nulla per proteggerlo e richiesto dai giudici di chiarire la diversità delle versioni aveva attribuito la diversità del racconto alla “fretta” in Commissione che non avrebbe verbalizzato quanto dal primo dichiarato.

Nella diversità del racconto il Tribunale ne ha escluso l’attendibilità ed ha comunque concluso per l’insussistenza, nelle dichiarazioni rese, di atti di persecuzione D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 8 e in Nigeria di situazioni di violenza generalizzata ex art. 14 lett. c) D.Lgs. n. 251 del 2007, previo scrutinio dell’EASO Country del giugno 2017, del Report Human Right Watch del 2018 esclusa, ancora, l’esistenza dei “seri motivi” presupposto della protezione umanitaria.

2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, e violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Il ricorrente avrebbe tentato di circostanziare la domanda, raccontando il proprio vissuto alla competente Commissione territoriale ed il Tribunale avrebbe omesso di valutare, o li avrebbe valutati in modo superficiale, i suoi ricordi, così violando il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ed i criteri di stima del racconto ivi fissati.

I giudici di merito avrebbero altresì ritenuto la Nigeria esente da situazioni di violenza indiscriminata tali da porre in pericolo la popolazione civile là dove quel Paese, e l'(OMISSIS), in particolare, per il report del 2016 sarebbe stato, invece, terreno di crimini di diritto internazionale, di gravi violazioni dei diritti umani, di abusi e di giustizia sommaria.

Il motivo è inammissibile.

La valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (tra le altre: Cass. 05/02/2019 n. 3340; Cass. 30/10/2018 n. 27503).

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 111 Cost., comma 7, e la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14.

La motivazione per la quale il Tribunale aveva denegato lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria ex art. 14 D.Lgs. cit. al ricorrente sarebbe stata illogica. Le costanti minacce di morte in seguito alla mancata cessione del terreno al re del villaggio ed i tentativi, ostacolati dalla condotta di sopraffazione del re, di ritornare nel proprio villaggio avrebbero dovuto determinare i giudici di merito a riconoscere al richiedente, quanto meno, la protezione sussidiaria.

Il Rapporto COI avrebbe indicato nell'(OMISSIS) uno degli Stati più violenti del Delta del Niger ed il Report del 2016 dell’OSAC avrebbe segnalato l’esistenza, in quei territori, di rapine ed attacchi armati nella inesistenza della risposta della polizia.

I timori del richiedente non sarebbe stati infondati e sarebbe mancata una contestuaiizzazione dei fatti nella situazione di forte tensione rappresentata dallo scontro tra re dei villaggi e propri abitanti.

Il motivo è inammissibile.

In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (tra le altre: Cass. 27/06/2018 n. 16925). Il Tribunale di Bologna ha ritenuto, con apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità, non attendibili le dichiarazioni rese dal richiedente e tanto vale a sottrarre fondatezza alle domande di rifugio e di protezione sussidiaria per il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Nel resto, a fronte della dettagliata ricostruzione operata nell’impugnato decreto e rispettosa del richiamo a fonti ufficiali (dell’EASO Country del giugno 2017, del Report Human Right Watch del 2018) ed aggiornate sulla situazione del Paese di origine, il motivo resta inammissibilmente proposto anche per i contestati profili di violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e quindi della situazione di violenza indiscriminata in cui verserebbe il Paese di origine, l'(OMISSIS).

Con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poichè in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, (tra le altre: Cass. 24/09/2018 n. 22478).

Il giudizio del Tribunale viene invero contrastato nell’atto difensivo per richiamo ad una fonte non precisata (così per il Rapporto COI segnalato a p. 16 del ricorso) e, ancora, a mezzo del Report 2016 dell’OSAC meno recente delle fonti indicate nell’impugnato decreto (p. 16 ricorso).

3. Il ricorso è, in via conclusiva, inammissibile.

Nulla sulle spese non avendo l’Amministrazione intimata svolto difese.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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