Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3386 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3386 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA

F

sul ricorso iscritto al n. 2321-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore

pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

ABATE Concetta Anna;
– intimata avverso la sentenza n. 5207/17/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, SEZIONE STACCATA di
CATANIA, depositata il 16/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.

P

Data pubblicazione: 12/02/2018

RILEVATO che
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre
motivi, cui non replica l’intimata Concetta Anna Abate, avverso la sentenza
in epigrafe con cui la Commissione tributaria regionale della Sicilia, rilevato
l’omesso deposito da parte dell’amministrazione Finanziaria appellante della

artt. 53, comma 2, e 22 d.lgs. n. 546 del 1992, l’inammissibilità
dell’impugnazione proposta avverso la sentenza della Commissione
tributaria provinciale di Catania, che aveva accolto il ricorso proposto dalla
contribuente avverso la cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo
delle imposte dovute dalla contribuente per IRPEF ed ILOR con
riferimento all’anno di imposta 1992, quale coobbligata con il coniuge per
avere presentato dichiarazione congiunta dei redditi.
2. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con
modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197) risulta regolarmente
costituito il contraddittorio.
3. Il Collegio ha deliberato la redazione dell’ordinanza con
motivazione semplificata.
CONSIDERATO che
1. Con il primo motivo di ricorso, dedotto ex art. 360, primo comma,
n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia fiscale ricorrente lamenta la violazione e falsa
applicazione degli artt. 22, 53, d.lgs. 546/1992, poiché la CTR ha ritenuto
quale causa di inammissibilità dell’appello il mancato deposito della ricevuta
di spedizione dell’atto medesimo.
2. Il motivo è infondato e va rigettato.
2.1. Invero, nel caso di specie è pacifico, perché ammesso dalla parte
ricorrente, che la stessa non provvide a depositare, all’atto della sua
costituzione nel giudizio di appello, la ricevuta di spedizione a mezzo
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ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello, dichiarava, ai sensi degli

raccomandata postale dell’atto di impugnazionc, ma soltanto l’avviso di
ricevimento della raccomandata postale contenente l’atto di appello e la
distinta di spedizione del piego, seppur senza timbro di accettazione
dell’ufficio postale, le quali però non consentono di far ritenere
idoneamente superata l’inammissibilità del ricorso impugnatorio secondo i

sentenze n. 13452 e n. 13453 del 2017, che ha affermato, con riguardo alla
notificazione dell’appello, nel processo tributario, a mezzo del servizio
postale (come nel caso di specie), che: 1) «il termine di trenta giorni per la
costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante, che si avvalga per la
per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data
della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di
ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario
(o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)»; 2) «non
costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato
notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il
ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di
trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario,
depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione,
purché nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia
asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero
con proprio timbro datano, solo in tal caso, essendo l’avviso di ricevimento
idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna
alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera
scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di
spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della
tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la
ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il
termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza».
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principi recentemente enunciati dal Supremo consesso di questa Corte nelle

2.2. Infatti, anche secondo la prospettazione di parte ricorrente,
nell’avviso di ricevimento della raccomandata postale manca l’attestazione
certa della data di spedizione della stessa e la notifica dell’appello risulta
essersi perfezionata in data 27/12/2011, ovvero ben sette giorni dopo la
scadenza del termine lungo, ex art. 327 cod. proc. civ., per impugnare la

che, considerata la sospensione per il periodo feriale, andava a scadere il
20/12/2011.
2.3. Ne consegue che nel caso in esame non ha esito positivo la c.d.
“prova di resistenza” evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle sopra
citate pronunce\ , in base alla quale l’inammissibilità non può essere
dichiarata «se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente
postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per
impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica
della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del
notificante per l’inoltro al destinatario» (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n.
25237, 25400 e n. 25495 del 2017).
3. Il rigetto del motivo di ricorso in esame, diretto a censurare la
pronuncia di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle entrate, rende
superfluo l’esame del secondo motivo, con cui è stata censurata la decisione
di merito della CTR laddove ha ritenuto l’amministrazione finanziaria
decaduta dal potere di accertamento per tardività della notifica della cartella
di pagamento, e del terzo motivo, con cui è stata censurata la sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.lgs. n. 546 del
1992, 295 cod. proc. civ., 107 e 108 del TFUE e 11 e 12 del Reg. CE n.
659/1999, in quanto la CTR, sul presupposto che la contribuente aveva
presentato per l’anno 1992 la dichiarazione congiunta con il coniuge
imprenditore» non aveva «ritenuto la pregiudizialità necessaria dell’indagine
avviata dalla Commissione europea» in relazione alla compatibilità con i
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sentenza di primo grado (pubblicata in data 4/11/2010 e non notificata)

principi comunitari del beneficio previsto dall’art. 9, comma 17, della legge
n. 289 del 2002 e «per non aver dichiarato, di conseguenza, la sospensione
del giudizio in relazione alle imposte Iva, Irpef ed Irap per i soggetti
economici».
4. Conclusivamente, quindi, il primo motivo di ricorso va rigettato,

dal provvedere sulle spese processuali, dovendosi comunque dare atto che,
risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del
contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (v. Cass., Sez. U., n. 9338 del 2014;
conf. Cass. n. 1778, n. 18893 e n. 22267 del 2016).

P.Q.M.
rigetta il ricorso.

assorbiti gli altri, e la mancata costituzione in giudizio dell’intimata esonera

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