Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3385 del 12/02/2018
Civile Ord. Sez. 6 Num. 3385 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2312-2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore
pro tempore,
rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA
F
GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla
via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente contro
PARLA Davide, rappresentato e difeso, per procura a margine del
controricorso, dall’Avv. Prof. Salvatore Sammartino, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio legale dell’avv. Giuseppe Piero Siviglia, sito in
Roma, alla via dell’Elettronica, n. 20;
–
C011trOriCOrrellte
avverso la sentenza n. 2234/01/2016 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA, depositata il 10/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.
–
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Data pubblicazione: 12/02/2018
RILEVATO
– che, in controversia relativa ad istanza avanzata dall’Agenzia delle
entrate ex art. 22 d.lgs. n. 472 del 1997, diretta ad ottenere l’autorizzazione
ad iscrivere ipoteca nei confronti del contribuente Davide Parla sulla base
della rilevante entità complessiva delle imposte, delle sanzioni e degli
p.v.c. redatto dalla G.d.F e compendiate negli avvisi di accertamento emessi
in materia di IVA, IRAP ed imposte dirette relativamente agli anni di
imposta dal 2006 al 2011, la ricorrente Agenzia impugna per cassazione la
sentenza in epigrafe indicata con cui la Commissione tributaria regionale
della Lombardia ha rigettato l’appello proposto avverso la sentenza di
primo grado che aveva a sua volta rigettato il ricorso cautelare proposto
dall’amministrazione finanziaria, chiedendone la riforma sulla base di un
unico motivo, cui replica l’intimato con controricorso;
– che regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata
dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., il Collegio, letta la
memoria depositata dal controricorrente, con motivazione semplificata,
OSSERVA
– che la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione degli
artt. 22 d.lgs. n. 546 del 1992 e 27, commi 5, 6 e 7, d.l. n. 185 del 2008
censurando la statuizione della CTR, sotto un primo profilo, perché aveva
erroneamente ritenuto l’amministrazione finanziaria decaduta dalla facoltà
di proporre l’istanza cautelare, avendovi già provveduto in precedenza,
notificando al contribuente un’analoga istanza cui non aveva fatto seguito la
costituzione in giudizio mediante deposito dell’atto notificato; sotto un
secondo profilo, perché aveva escluso la sussistenza dei presupposti
normativi per la concessione del provvedimento cautelare;
– che al riguardo la controricorrente ha, da un lato, eccepito
l’inammissibilità del motivo di ricorso laddove viene censurata come
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interessi dovuti dal predetto contribuente sulla base delle risultanze di un
violazione di legge la statuizione di merito che, invece, aveva escluso che gli
elementi probatori offerti dall’Ufficio fossero idonei ad integrare i requisiti
del fumus e del periculum in mora, e, dall’altro, ha dedotto l’infondatezza del
mezzo in ragione delle intervenute pronunce giudiziali di primo grado di
annullamento degli avvisi di accertamento relativi alle annualità dal 2006 al
– che tale ultima deduzione, già effettuata in grado di appello con le
controdeduzioni ivi depositate e riportate, in parte qua, nel controricorso
(pag. 12), elide l’interesse della ricorrente Agenzia alla pronuncia sul motivo
proposto, ancorché limitatamente agli anni di imposta dal 2006 al 2010,
oggetto delle predette pronunce giudiziali di merito, stante il disposto di cui
all’art. 22, comma 7, d.lgs. n. 472 del 1997, secondo cui «i provvedimenti
[cautelari] perdono […] efficacia a seguito della sentenza, anche non passata
in giudicato, che accoglie il ricorso […]»;
– che il motivo di ricorso, da esaminarsi solo con riferimento all’anno di
imposta 2011, è comunque inammissibile per un duplice ordine di ragioni; il
primo, perché, come correttamente eccepito dal controricorrente, il motivo
di ricorso maschera dietro lo schermo della dedotta violazione di legge, che
nella specie è peraltro insussistente, un vizio motivazionale, ovvero
un’istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di
merito, id est di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla
natura e alle finalità del giudizio di Cassazione, specie quando si risolve in
una richiesta di sostituzione alla valutazione sfavorevole già effettuata dai
primi giudici una più consona alle proprie concrete aspirazioni (cfr., ex
multis, Cass. n. 25332 del 2014); vizio, quello con cui si lamenta il cattivo
esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del
giudice di merito che, alla stregua della nuova formulazione del n. 5 del
primo comma dell’art. 360 c.p.c., non dà luogo ad alcun vizio denunciabile
con il ricorso per cassazione, attribuendo rilievo, tale disposizione,
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2010;
all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui
esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali ed abbia
costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per
il giudizio (cfr. Cass. n. 11892 del 2016);
– che la seconda ragione di inammissibilità del motivo in esame va
omesso di riportare il contenuto dell’istanza cautelare, necessario a questa di
Corte per verificare se nella stessa era ricompresa anche l’annualità
d’imposta 2011, atteso che a pag. 2 del ricorso si afferma testualmente che
«l’anno 2011 costituiva invece annualità per la quale non erano ancora
scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione dei redditi» ed «i
rilievi esposti per tale anno erano di lievissima entità (costi ritenuti
indeducibili € 113,27 — IVA indebitamente detratta € 22,65)»;
– che, conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile e la
ricorrente condannata al pagamento, in favore del controricorrente, delle
spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo;
– che, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a
debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa
dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-
quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre ad Euro
200,00 per esborsi, al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per
cento dei compensi ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 10/01/2018
ravvisata nel difetto di autosufficienza del medesimo, avendo la ricorrente