Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33842 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15797-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrenti –

contro

I.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 6599/11/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA, depositata il 15/11/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. DELLI

PRISCOLI LORENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso l’atto con il quale l’Agenzia del territorio di Roma aveva provveduto a rivalutare la rendita catastale di un immobile sito in (OMISSIS), nella microzona Parioli della città di Roma L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, ritenendo che l’atto impugnato non fosse adeguatamente motivato, in quanto avrebbe dovuto indicare le specifiche cause che avevano determinato il mutamento intervenuto nella classificazione del bene, omettendo di fare riferimento ai concreti interventi che, sotto i diversi profili a questo fine rilevanti, avevano determinato la dedotta riqualificazione urbana nonchè, in ogni caso, alle caratteristiche dell’edificio e della singola unità immobiliare oggetto dell’atto;

che la Commissione Tributaria Regionale dichiarava inammissibile l’appello dell’Agenzia delle entrate affermando che l’Ufficio, alla luce del generale principio della specificità dei motivi di appello di cui all’art. 342 c.p.c., una volta accertato lo scostamento dei valori della microzona, avrebbe dovuto censurare la sentenza della CTP indicando sia le ragioni per le quali doveva ritenersi in concreto dimostrata la riqualificazione urbana che il Giudice di primo grado ha ritenuto invece non adeguatamente comprovata, sia di avere preso in considerazione la situazione dell’unita immobiliare di proprietà del contribuente e del fabbricato nel quale la stessa è collocata, Ufficio che invece, dopo una diligente ricostruzione della normativa di settore, si è sostanza limitato ad affermare in maniera generica e immotivata, l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo;

che l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi di impugnazione mentre la parte contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1994, art. 53, comma 1, in quanto nell’atto di appello sarebbero stati indicati specifici motivi di impugnazione.

Con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nonchè dei principi generali in ordine alla motivazione degli atti in materia catastale e dell’art. 2697 c.c. in quanto l’atto di accertamento è adeguatamente motivato richiamandosi la relativa determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio nonchè i presupposti di fatto dell’accertamento posto in essere.

I motivi sono entrambi infondati.

Il primo motivo è infondato in quanto la ricorrente – di fronte ad una sentenza della CTR che afferma che l’appellante avrebbe dovuto censurare la sentenza della CTP indicando sia le ragioni per le quali doveva ritenersi in concreto dimostrata la riqualificazione urbana che il Giudice di primo grado ha ritenuto invece non adeguatamente comprovata, sia di avere preso in considerazione la situazione dell’unita immobiliare di proprietà del contribuente e del fabbricato nel quale la stessa è collocata, Ufficio che invece, dopo una diligente ricostruzione della normativa di settore, si è in sostanza limitato ad affermare, in maniera generica e immotivata, l’adeguatezza della motivazione del provvedimento impositivo – anzichè riportare in dettaglio i motivi di appello contestandone il difetto di specificità ha soltanto contestato l’affermazione della CTR secondo cui i motivi di appello non sarebbero stati sufficientemente specifici ed è stato affermato da questa Corte che, in tema di ricorso per Cassazione, l’amministrazione finanziaria è tenuta non solo a riportare, anche in sintesi, il ricorso in appello ma anche le parti dell’atto di diniego contenenti le specifiche contestazioni su cui esso si fonda non potendo invocare a fondamento delle proprie pretese ragioni diverse da quelle di cui all’atto impositivo (Cass. n. 13163 del 2019).

Quanto al secondo motivo di impugnazione, esso sarebbe irrilevante in ragione del mancato accoglimento del primo; peraltro nel merito è comunque infondato perchè costituisce principio consolidato da questa Corte quello secondo cui è necessaria una rigorosa – e cioè completa, specifica e razionale – motivazione dell’atto di rilassamento, non solo con riferimento alla microzona ove insiste l’immobile, ma con specifico riferimento all’immobile oggetto di riclassamento. In particolare, quando si tratta di un mutamento di rendita inquadrabile nella revisione del classamento delle unità immobiliari private site in microzone comunali ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, la ragione giustificativa non può consistere nella mera evoluzione del mercato immobiliare, ma deve essere accertata la variazione di valore degli immobili presenti nella microzona (Cass. n. 22671 del 2019).

Ne consegue la necessità che nell’avviso di accertamento siano precisate le ragioni che hanno indotto l’Amministrazione a modificare d’ufficio il classamento originario, non essendo sufficiente il richiamo agli astratti presupposti normativi che hanno giustificato l’avvio della procedura di riclassamento. L’amministrazione comunale è tenuta pertanto ad indicare in modo dettagliato quali siano stati gli interventi e le trasformazioni urbane che hanno portato l’area alla riqualificazione risultando inidonei i richiami ad espressioni di stile del tutto avulse dalla situazione concreta (cfr. Cass. n. 4712 del 2015; n. 3156 del 2015).

Questa Corte ha affermato che nella procedura di revisione di classamento si debba tener conto, nel medesimo contesto cronologico, dei caratteri specifici di ciascuna unità immobiliare, del fabbricato e della microzona ove l’unità è sita, siccome tutti incidenti comparativamente e complessivamente sulla qualificazione della stessa (Cass. n. 10403 del 2019).

Pertanto, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento in termini sintetici e quindi generici al rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale nella microzona considerata rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, senza specificare le fonti, i modi e i criteri con cui questi dati sono stati ricavati ed elaborati. Viceversa, l’atto deve contenere l’indicazione: a) degli elementi che hanno in concreto interessato una determinata microzona; b) di come essi incidano sul diverso classamento della singola unità immobiliare (Cass. n. 22671 del 2019; Cass. n. 23051 del 2019).

Del resto questa Corte ha affermato che in tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto e al relativo scostamento ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 17413/2018; 17412/2018; 8741/2018); e ciò anche considerando che l’attribuzione di una determinata classe è correlata sia alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), sia alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, sia infine alle caratteristiche edilizie dell’unità stessa e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, eccetera) (Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018; 22900/2017; 3156/2015).

Inoltre, secondo le sezioni unite, l’Agenzia delle entrate competente deve specificare se il mutamento è dovuto a una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare e, nel caso, indicare l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano (Cass. SU n. 7665/2016: nello stesso senso Cass. nn. 25960/2018; 23792/2018).

Infine, la Corte costituzionale, con la pronuncia n. 249 del 2017, ha da un lato affermato che “la scelta fatta dal legislatore con il censurato (L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335) non presenta profili di irragionevolezza (in quanto) la decisione di operare una revisione del classamento per microzone si basa sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene”, evidenziando però che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”.

La CTR si è, in definitiva, uniformata ai predetti principi, rilevando la genericità della motivazione esposta nell’atto impugnato, e ritenendo che l’atto impugnato avrebbe dovuto spiegare le ragioni per le quali doveva ritenersi in concreto dimostrata la riqualificazione urbana e la situazione dell’unita immobiliare di proprietà del contribuente e del fabbricato nel quale la stessa è collocata.

Ritenuto, pertanto, che il ricorso va respinto e che nulla va statuito in merito alle spese non essendosi costituita la parte contribuente.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 19 dicembre 2019

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