Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3383 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3383 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5408-2016 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA
GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12
– ricorrente contro

FALLIMENTO PROCOMAT sai., in persona del curatore;

intimato

avverso la sentenza n. 4280/14/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 20/07/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2018 dal Consigliere dott. Lucio LUCIOTTI.

Data pubblicazione: 12/02/2018

RILEVATO
– che con la sentenza in epigrafe indicata, la Commissione
tributaria regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia
delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il
ricorso proposto dalla società contribuente avverso l’avviso di

dichiarato ai fini IVA, IRPEF ed IRAP con riferimento all’anno di
imposta 2005, risultante dall’applicazione degli studi di settore di cui
all’art. 62 sexies d.l. n. 331 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla
legge n. 427 del 1993;
– che i giudici di appello ritenevano infondato l’accertamento in
quanto basato solo ed esclusivamente sullo scostamento rilevato
dall’applicazione degli studi di settore, peraltro in presenza di una
contabilità regolarmente tenuta;
– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone
ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui non replica l’intimata;
– che regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta
avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis cod. proc. civ., il
Collegio, con motivazione semplificata,
OSSERVA
– che è fondato il motivo di ricorso con cui la difesa erariale
censura la sentenza impugnata per non aver rilevato il giudicato
esterno formatosi con riferimento alla sentenza della Commissione
tributaria provinciale di Roma, n.138/58/2013, non impugnata e
quindi passata in giudicato, che aveva rigettato altro ricorso proposto
dalla società contribuente avverso il medesimo avviso di accertamento;
– che, al riguardo, rilevata preliminatinente l’autosufficienza del
ricorso in esame, avendo la ricorrente provveduto a riprodurre nel
medesimo il contenuto integrale della sentenza passata in giudicato, in
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accertamento di un maggior reddito di impresa rispetto a quello

ciò attenendosi al principio affermato da questa Corte nella sentenza n.
15737 del 2017 (secondo cui, ai fini dell’assolvimento dell’onere di
autosufficienza del ricorso, «la parte ricorrente che deduca resistenza
del giudicato deve, a pena d’inammissibilità del ricorso, riprodurre in
quest’ultimo il testo integrale della sentenza che si assume essere

sentenza della CTP ha statuito su ricorso proposto dalla società
contribuente avverso il medesimo atto impositivo, rigettandolo,
mentre il suo passaggio in giudicato è ammesso dalla stessa Cf R nella
sentenza qui vagliata;
– che, pertanto, la CTR, preso atto dell’esistenza del giudicato,
avrebbe dovuto astenersi dal decidere nel merito la medesima
questione già esaminata e risolta da quella pronuncia, intervenuta su
rapporto giuridico del tutto identico sia dal punto di vista oggettivo
che soggettivo, cosicché correttamente è stata denunciata dalla difesa
erariale la violazione della cosa giudicata, in quanto conseguenza della
disapplicazione, da parte del giudice di merito, dell’art. 2909 cod. civ.;
– che, all’accoglimento del ricorso consegue la cassazione della
sentenza impugnata, senza necessità del rinvio in quanto la causa può
essere decisa nel merito, ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.,
non essendovi necessità di ulteriori accertamenti di fatto, con rigetto
dell’originario ricorso della società contribuente, con compensazione
delle spese processuali dei giudizi di merito, in ragione delle vicende
processuali che li hanno caratterizzati, e con condanna dell’intimata al
pagamento di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come
in dispositivo;

P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel
merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente,
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passata in giudicato»), il Collegio non può che prendere atto che la

compensando le spese processuali dei gradi di merito e condannando
l’intimata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del
giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre
al rimborso delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma il 10/01/2018

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