Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33829 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 13/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33829

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3663-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati SILVIA SANTILLI, MICHELE IACOVIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3550/3/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE LAZIO, depositata il 19/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 13/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

Fatto

RITENUTO

che:

L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio, che ha accolto l’appello del contribuente – in contenzioso su diniego di rimborso di due contributi che il contribuente assumeva di avere erroneamente inserito – limitatamente al periodo fino al 1994 “risultando i contributi all’epoca versati dal dipendente come da documentazione in atti”.

G.P. si costituisce con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo di ricorso, la ricorrente censura la sentenza d’appello per violazione del t.u.i.r., art. 17, comma 2, art. 48, comma 2, lett. a), vigente ratione temporis (ora del t.u.i.r., artt. 19 e 51) ex art. 360 c.p.c., n. 3. Il motivo mi sembra inammissibile, poichè dalla sentenza impugnata non è dato riscontrare i fatti di causa; nè si ricava dalle poche frasi di cui è costituita la sentenza che la questione verta su richiesta di rimborso dei contributi versati in misura maggiore del dovuto; quello che emerge è solo l’erroneo inserimento da parte del G. nella base imponibile di due “contributi versati dal lavoratore fino al 1994, da considerarsi esenti da tassazione”.

2. Il ricorso è fondato.

2.1. Va premesso che il contribuente afferma di avere lavorato dal 1972 al 2006 per la Banca Commerciale italiana presso la quale era istituito un Fondo pensioni alimentato esclusivamente da fondi dei dipendenti fino al 1994. Secondo la ricorrente in punto di fatto è pacifico che il contribuente, aveva versato sino al 1994, il 7,75% dei contributi dovuti a un fondo di previdenza complementare negoziato col datore di lavoro, e che nella ritenuta operata dal fondo non era stato dedotto l’importo dei contributi versati dai lavoratori dalla data di assunzione fino al 1994, che la CTR ha riconosciuto come dovuto.

2.2. Secondo l’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, la prestazione di capitale che un fondo di previdenza complementare per il personale di un istituto bancario (nella specie, il Fondo di previdenza complementare per il personale della Banca Commerciale Italiana) effettui in favore di un ex dipendente, in forza di accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento pensionistico integrativo in godimento (cd. “zainetto”), costituisce, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 6, comma 2, reddito della stessa categoria della “pensione integrativa” cui il dipendente ha rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione. Ne consegue che la base imponibile su cui calcolare l’imposta è costituita dall’intera somma versata dal fondo, senza che sia possibile defalcare da essai contributi versati, in quanto, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 48, lett. a), (nel testo in vigore fino al 31dicembre 2003), gli unici contributi previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge (Cass. n. 11156 del 7/5/2010; n. 23030 del 29/10/2014; n. 124 del 4/1/2018).

3. La Commissione regionale, riconoscendo il diritto al rimborso, non si è attenuta agli indicati principi. In accoglimento del ricorso, la sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso proposto dal contribuente.

4. Le spese relative ai gradi del giudizio di merito vanno integralmente compensate tra le parti, essendosi la giurisprudenza consolidata solo nelle more di quei giudizi; le spese relative al giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente che condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 oltre alle spese prenotate a debito, compensando le spese processuali dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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