Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3380 del 11/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/02/2011, (ud. 12/01/2011, dep. 11/02/2011), n.3380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FOGLIA Raffaele – Presidente –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.B., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA

357, presso lo studio dell’avvocato DI SIMONE GIUSEPPE, rappresentata

e difesa dall’avvocato MAURO ROSA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AL.SI. (titolare della ditta individuale “Pizzeria

birreria rustico medioevo” in seguito A.S.);

– intimata –

avverso la sentenza n. 702/2007 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 03/07/2008 r.g.n. 773/01;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/01/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Bologna, confermando la sentenza di primo grado, respingeva il capo della domanda proposta da A. B. d’impugnativa dell’asserito licenziamento orale intimatole da Al.Si. in data 12 ottobre 1997 e in data 15 maggio 1998 mediante consegna del modello CUD. La Corte del merito, per quello che interessa in questa sede, rilevava preliminarmente che, nella specie, non era risultato applicabile l’invocato contratto collettivo, e segnatamente l’art. 140 che prevedeva la forma scritta per le dimissioni, in quanto non era stata dimostrata, e l’iscrizione del datore di lavoro alle organizzazioni sindacali stipulanti, e l’espresso o per facta concludentia recepimento. Conseguentemente,affermava la predetta Corte, doveva ritenersi, sulla base della espletata istruttoria testimoniale, che il rapporto di lavoro era cessato per dimissioni orali della lavoratrice.

Avverso questa sentenza l’ A. ricorre in cassazione sulla base di due censure.

La parte intimata non svolge attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, deducendo violazione degli artt. 112, 133, 416, 421, 437 c.p.c. e art. 1362 c.c., formula il seguente quesito di diritto:”l’estensione del contratto collettivo ai soggetti non iscritti si presenta, ad esempio, solo nel caso del datore di lavoro che fa espressamente rinvio nella lettera d’assunzione, accettata dal lavoratore, alla disciplina contenuta in un determinato contratto collettivo ovvero nel caso di recepimento implicito attraverso un comportamento concludente, desumibile da una costante e prolungata applicazione, da parte del datore di lavoro delle norme contenute nel contratto collettivo ai rapporti di lavoro intercorrenti con i dipendenti od anche al datore di lavoro che procede alla suddetta applicazione a mezzo della regolarizzazione assistenziale previdenziale e/o contributiva, a seguito di verbale ispettivo?”.

La censura e’ infondata.

Invero, se ben si comprende la censura in esame,la ricorrente pur sostenendo che l’applicazione, nella specie, dell’invocato contratto collettivo, deriverebbe dalla regolarizzazione previdenziale effettuata dal datore di lavoro a seguito di accertamento ispettivo, non precisa di aver ritualmente dedotto la relativa questione al giudice di appello e,quindi, la stessa va considerata, non essendo trattata nella sentenza impugnata, sollevata solo nel giudizio di legittimita’ e come tale e’ inammissibile.

Peraltro l’ A. non precisa i termini in cui sarebbe stata effettuata la dedotta regolarizzazione, con la conseguenza che sotto tale aspetto la censura e’, altresi’, generica.

Va, inoltre, osservato e per completezza che non risultando contestato il contenuto del prodotto contratto collettivo, ma solo la sua applicabilita’ non vi era alcuna necessita’ per il giudice di acquisire d’ufficio il CCNL. Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo vizio di motivazione, assume che la Corte di appello “nulla ha detto circa la possibilita’ di ammettere una consulenza tecnica di ufficio di carattere contabile”.

Anche siffatta censura e’ infondata.

Non esplicita, invero, la ricorrente le ragioni per le quali il giudice di appello avrebbe dovuto ammettere d’ufficio una consulenza contabile. Ne’ la finalita’ contabile che tale consulenza avrebbe dovuto avere.

Pertanto il motivo e’ assolutamente generico e non e’ idoneo, come tale, ad investire questa Corte del relativo sindacato di legittimita’.

Sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, il ricorso va rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimita’ non avendo parte intimata svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimita’.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2011

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