Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33790 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33790

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27267-2018 proposto da:

SAFIN SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA, 15, presso lo

studio dell’avvocato STEFANO ROMANO, rappresentata e difesa

dall’avvocato DOMENICO STANGA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1266/3/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di NAPOLI, depositata l’08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso della società contribuente contro l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo ad un decreto ingiuntivo emesso dal giudice di Pace di Caserta e richiesto dalla società contribuente contro F.S., debitore ceduto di Thule s.p.a., con cui si liquidava la suddetta imposta per un importo complessivo di Euro 408,75: in particolare la Commissione Tributaria Provinciale riteneva che l’imposta andasse pagata in misura fissa per un importo di Euro 168 e solo per il decreto ingiuntivo, non anche per il rapporto sottostante (ossia la cessione del credito);

considerato che la Commissione Tributaria Regionale rigettava sia l’appello principale dell’Agenzia delle entrate che quello incidentale della società contribuente (che chiedeva l’annullamento dell’avviso di liquidazione) rilevando che la prospettazione difensiva dell’Agenzia delle entrate secondo la quale l’avviso si riferirebbe ad una doppia tassazione (tassa di sentenza e tassa di titolo relativa alla cessione del credito) non emerge in alcun modo dalla motivazione dell’atto impugnato, atteso che il contratto di cessione di credito non è posto a base del decreto ingiuntivo, atto già in possesso del contribuente il quale dunque non può lamentare di non averne conoscenza;

che il contribuente proponeva ricorso affidato a due motivi e in prossimità dell’udienza depositava memoria mentre l’Agenzia delle entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato:

che, con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e dell’art. 24 Cost., per avere la CTR reputato legittimo il mutamento di norme e criteri di determinazione e quantificazione dell’imposta di registro compiuto dall’Agenzia delle entrate (da aliquota proporzionale, come indicato nell’avviso di liquidazione, ad aliquota fissa), in quanto non è consentito all’Ufficio mutare in corso di causa il presupposto dell’imputazione;

che, con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il contribuente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 241 del 1990, art. 3, e del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 22 e 41, nonchè dell’art. 24 Cost., per avere la CTR disatteso le doglianze del contribuente sulla carenza assoluta di motivazione dell’atto tributario nonostante la mancata esplicazione dei presupposti di fatto e di diritto dell’avviso di liquidazione;

ritenuto, quanto al primo motivo, che la causa petendi dell’avviso di liquidazione in questione è costituita dall’omesso versamento dell’imposta di registro relativa ad un decreto ingiuntivo;

considerato che la CTR, lungi dal ritenere fondata la difesa dell’Agenzia che affermava trattarsi di imposta calcolata in misura proporzionale, ha rilevato che dall’avviso non potesse dedursi se il calcolo fosse stato fatto con riferimento a quella in misura proporzionale o in misura fissa ma ha evidenziato che quest’ultima fosse la più plausibile in relazione all’importo richiesto e ha ricalcolato l’imposta considerandola in misura fissa ma senza raddoppiarla, così lasciando immutata la causa petendi dell’avviso di liquidazione, dimodochè non può dirsi che la CTR abbia mutato in corso di giudizio i presupposti della pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 10779 del 2007 secondo cui nel giudizio tributario, l’oggetto del dibattito processuale è delimitato da un lato dalle ragioni di fatto e di diritto esposte dall’Ufficio nell’atto impositivo impugnato; in senso analogo Cass. n. 11470 del 2014, che tollera variazioni meramente quantitative del petitum; Cass. n. 9810 del 2014 secondo cui non è consentito all’Ufficio finanziario, innanzi al giudice d’appello, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo, e dunque sul piano della “causa petendi”, da quelle recepite nell’atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa; Cass. n. 25909 del 2008; Cass. n. 525 del 2007; Cass. n. 22010 del 2006);

considerato che l’imposta di registro è un’imposta d’atto e va pagata per ciascun provvedimento giudiziario di cui si usufruisce (secondo questa Corte, infatti, in tema di imposta di registro, in caso di pluralità di provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ciascuno di essi è soggetto autonomamente ad imposizione, senza che possa attribuirsi rilevanza alla circostanza che si riferiscano al medesimo oggetto ed alle stesse parti, in quanto il tributo non è volto a colpire il trasferimento di ricchezza, ma inerisce direttamente all’atto, preso in considerazione in funzione degli effetti giuridici ed economici che è destinato a produrre: Cass. 18 aprile 2018, n. 9501) e che pertanto la CTR ha correttamente ritenuto che la società contribuente debba pagare l’imposta di registro per il decreto ingiuntivo;

ritenuto, quanto al secondo motivo che, come per la causa petendi, la motivazione dell’avviso di liquidazione in questione è costituita dall’omesso versamento dell’imposta di registro relativa ad un decreto ingiuntivo ed è sufficiente in quanto il contribuente – come correttamente evidenziato dalla CTR – era già in possesso del decreto ingiuntivo in questione e comunque il dovere di pagare l’imposta di registro per i provvedimenti giudiziari è espressamente previsto dalla legge ossia dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 (in senso analogo cfr. Cass. nn. 8508 del 2019; 32127 del 2018; 31406 del 2018; 14275 del 2018);

ritenuto pertanto che i motivi di ricorso sono infondati, che il ricorso va conseguentemente rigettato e che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 1.000, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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