Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33787 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 19/12/2019, (ud. 12/11/2019, dep. 19/12/2019), n.33787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26394-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

S.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1017/2/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata

il 05/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 12/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la contribuente impugnava un avviso di accertamento riguardante la mancata contabilizzazione di vendite e fatture;

la Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso;

la Commissione Tributaria Regionale accoglieva parzialmente l’appello della contribuente sotto il profilo del riconoscimento di costi, presumibilmente e prudentemente riconoscibili nella misura del 30% del venduto (“considerate… le presumibili spese per l’acquisto dei beni da rivendere, i consumi elettrici e per gli apparati utilizzati per le vendite telematiche, le commissioni da corrispondere al portale di vendita”);

l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso affidato a tre motivi mentre la contribuente non si costituiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) in quanto la CTR avrebbe errato nel riconoscere la deducibilità in misura percentuale forfetaria dei costi di produzione (operazione che si può compiere solo in ipotesi di accertamento induttivo puro), mentre in ipotesi di accertamento analitico o analitico presuntivo è il contribuente che deve provare l’esistenza dei presupposti per la deducibilità dei costi;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 109 T.U.I.R. (D.P.R. n. 917 del 1986) e dell’art. 2697 c.c. in quanto la CTR avrebbe errato nel non addossare sulla contribuente l’onere della prova della deducibilità dei costi;

considerato che con il terzo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto, non fornendo i giudici alcuna motivazione quanto alle ragioni sottese alla determinazione dei costi nella misura forfettaria del 30%, la motivazione sarebbe meramente apparente;

ritenuto di dover affrontare prioritariamente il terzo motivo in quanto logicamente precedente rispetto ai primi due; ritenuto che il terzo motivo è infondato in quanto, secondo questa Corte, la violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, fissato dall’art. 112 c.p.c., pur correttamente prospettato mediante il richiamo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. n. 4289 del 2018; Cass. n. 23930 del 2017) sussiste quando il giudice attribuisca, o neghi, ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno virtualmente, nella domanda, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda; tale violazione, invece, non ricorre quando il giudice non interferisca nel potere dispositivo delle parti e non alteri nessuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (Cass. n. 906 del 2018); inoltre, in tema di ricorso per cassazione, viola il “minimo costituzionale” richiesto per la motivazione la decisione che affermi la legittimità della sentenza sulla base di asserzioni acritiche e apodittiche, che non consentano di apprezzare la effettività della motivazione (Cass. 17 ottobre 2018, n. 26018), dal momento che in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (Cass. 12 ottobre 2017, n. 23940);

considerato che nel caso di specie la CTR ha offerto delle motivazioni, sia pur stringate, atte a giustificare le conclusioni relative alla deducibilità dei costi nella misura del 30%, (“considerate… le presumibili spese per l’acquisto dei beni da rivendere, i consumi elettrici e per gli apparati utilizzati per le vendite telematiche, le commissioni da corrispondere al portale di vendita”) e che pertanto non può dirsi violato l’art. 112 c.p.c. dal momento che la sentenza della CTR risponde quanto alla doglianza relativa alle ragioni sottese alla determinazione dei costi nella misura forfettaria del 30% dei ricavi;

ritenuto che il primo e il secondo motivo, pur formalmente e teoricamente distinti, hanno dei significativi profili di interferenza in quanto vertono sostanzialmente entrambi su quale soggetto debba essere gravato dell’onere probatorio e quindi possono essere trattati congiuntamente;

considerato che, secondo questa Corte, in tema di imposte sui redditi, l’Amministrazione finanziaria deve riconoscere una deduzione in misura percentuale forfettaria dei costi di produzione soltanto in caso di accertamento induttivo “puro” D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, mentre in caso di accertamento analitico o analitico presuntivo (come nel caso di indagini bancarie) è il contribuente ad avere l’onere di provare l’esistenza di costi deducibili, afferenti ai maggiori ricavi o compensi, senza che l’Ufficio possa, o debba, procedere al loro riconoscimento forfettario;

ritenuto che la sentenza della CTR è censurabile laddove di fronte ad una giurisprudenza che individua un profondo discrimen quanto all’onere della prova tra accertamento induttivo “puro” e accertamento analitico o analitico presuntivo – non ha spiegato nel caso di specie in quale delle due ipotesi si verta, tanto più perchè da un lato il ricorrente sostiene trattarsi di accertamento analitico e dall’altro tale tipologia di accertamento sembra più confacente a quanto descritto in punto di fatto dalla CTR (mancata contabilizzazione di corrispettivi per vendite effettuate tramite il canale web (OMISSIS) per 78.712,86 Euro, mancata annotazione di fatture per 6.340,75 Euro ed IVA per 1.086,15 Euro);

ritenuto pertanto che mentre il terzo motivo è infondato, il primo e il secondo motivo di impugnazione sono invece fondati e quindi il ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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