Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3378 del 08/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 08/02/2017, (ud. 16/11/2016, dep.08/02/2017),  n. 3378

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11722-2014 proposto da:

V.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

AGRI 1, presso lo studio dell’avvocato PASQUALE NAPPI, rappresentato

e difeso dall’avvocato MARCO PICCHI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PAM PANORAMA S.P.A., P.I. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GRAZIANI,

che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati MAURIZIO

OLIVETTI, MARIO SCOPINICH, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1301/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/12/2013 R.G.N. 383/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO AMENDOLA;

udito l’Avvocato NAPPI MASSIMO per delega Avvocato PICCHI MARCO;

udito l’Avvocato GRAZIANI ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza del 30 dicembre 2013 la Corte di Appello di Firenze ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva respinto il ricorso proposto da V.R. volto all’accertamento dell’illegittimità del licenziamento disciplinare intimato allo stesso in data 5 ottobre 2010 dalla PAM Panorama Spa presso il cui esercizio commerciale di (OMISSIS) prestava servizio come addetto alla Cassa.

La Corte, accertato che il V., mentre era in malattia a causa di “una duplice frattura costale composta”, “aveva quasi quotidianamente e sempre per periodi di tempo non brevi (in alcune giornate per l’intera mattinata o addirittura per l’intero orario di apertura) prestato lavoro presso l’edicola di giornali del padre, sollevando e abbassando la saracinesca di chiusura della stessa, movimentando cassette di giochi e pacchi di giornali, salendo sulla tettoia dell’edicola per effettuare a braccia alte dei lavori di pulizia”, ha ritenuto dimostrata “la patente negligenza del dovere di collaborazione che incombe sul lavoratore subordinato al fine di riprendere il proprio servizio nel più breve termine possibile dopo un infortunio”.

2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso V.R. con 3 motivi. Ha resistito con controricorso GS Spa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.- Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

4.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 nonchè violazione del principio della immutabilità della contestazione disciplinare, assumendo che la Corte fiorentina, sulla falsariga di quanto già statuito dal Tribunale, avrebbe “ritenuto che la (non contestata) circostanza della presunta simulazione della malattia da parte del Sig. V. potesse costituire valido motivo per il recesso datoriale”.

La censura è priva di pregio perchè la Corte di Appello ha ritenuto legittimo il licenziamento non per la fraudolenta simulazione della malattia, ritenuta dal primo giudice, bensì sulla scorta della idoneità della condotta tenuta dal V. a pregiudicare il recupero delle normali energie plico-fisiche, circostanza pacificamente contestata al dipendente in sede disciplinare.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c. nonchè violazione del principio generale del favor lavoratoris. In particolare si evidenzia che il CTU non aveva saputo dare risposta al quesito se l’attività di “edicolante” avesse potuto aggravare o ritardare la guarigione, per cui la Corte non avrebbe dovuto esprimere un avviso tipico di una valutazione di pertinenza medico-legale.

Premesso che il giudice può anche discostarsi dalle conclusioni di una consulenza medico legale, il motivo non può trovare accoglimento perchè l’accertamento della idoneità della condotta a pregiudicare il rientro al lavoro, nonostante l’involucro formale della pretesa violazione di legge attribuito al motivo dal ricorrente, rientra nella sfera della quaestio fatti, non sindacabile nel vigore del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, al di fuori dei rigorosi limiti imposti da Cass. SS.UU. n. 8053 e 8054 del 2014.

Con il terzo motivo si denuncia violazione della L. 300 del 1970, art. 7 dei “principi di gradualità e proporzionalità nell’applicazione delle sanzioni disciplinari”, degli artt. 220 e 225 CCNL Terziario che non prevederebbero “alcuna ipotesi di applicazione del licenziamento disciplinare riconducibile alla fattispecie in esame”.

Il motivo, oltre ad essere inammissibile perchè non riporta il contenuto delle disposizioni contrattuali collettive di cui lamenta la violazione (cfr. tra le altre Cass. n. 4350 del 2015; Cass. n. 23177 del 2013; Cass. SS.UU. n. 20075 del 2010), è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’elencazione delle ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta nei contratti collettivi, al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo, ha valenza meramente esemplificativa e non esclude, perciò, la sussistenza della giusta causa per un grave inadempimento o per un grave comportamento del lavoratore contrario alle norme della comune etica o del comune vivere civile alla sola condizione che tale grave inadempimento, o tale grave comportamento, con apprezzamento di fatto del giudice di merito non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, abbia fatto venire meno il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore (tra molte: Cass. n. 2830 del 2016; Cass. n. 4060 del 2011; Cass. n. 5372 del 2004).

5.- Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.:

Occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori secondo legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

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