Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33770 del 12/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2021, (ud. 31/05/2021, dep. 12/11/2021), n.33770

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26962-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

LA TERNA RETE ELETTRICA NAZIONALE SPA, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA SCROFA 57, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE

RUSSO CORVACE, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

MARCO EMMA e LAURA TRIMARCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 891/2018 della COMM. TRIB. REG. LAZIO,

depositata il 13/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

31/05/2021 dal Consigliere Dott. ANTONIO MONDINI.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. L’Agenzia delle entrate ricorre, con un motivo, per la cassazione della sentenza in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha confermato la decisione della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso proposti da Terna-Rete Elettrica Nazionale S.p.A. contro l’avviso con il quale essa ricorrente aveva liquidato imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione all’atto, definito come contratto di affitto, relativo ad un terreno di proprietà di Terna – Rete Elettrica Nazionale S.p.A. e destinato alla costruzione, da parte Rete Rinnovabile, di un impianto fotovoltaico, riqualificato dall’Ufficio come contratto di concessione di diritto reale di superficie. La CTR ha affermato che “la fattispecie in questione non si presta ad essere inquadrata puramente e semplicemente nello schema del diritto reale di superficie”. Ha spiegato tale affermazione sulla base dell’esame del complesso delle clasuole contrattuali (v. capoverso 1 e capoverso 2, ultima pagina della sentenza impugnata) e dopo aver negato (paragrafo 3) la condivisibilità delle argomentazioni dell’ufficio secondo cui alcune clausole sarebbero state coerenti solo con una interpretazione del contratto in termini di contratto costitutivo del diritto reale di superficie. Ha poi aggiunto che il contratto in questione presentava “a livello sostanziale profili di commistione causale e di trasversalità regolativa che non possono essere esauriti né dallo schema tipico locativo né da quello tipico del diritto di superficie. Non può dirsi quindi che la forma data dalle parti sia senz’altro distonica rispetto agli effetti e agli assetti patrimoniali concretamente perseguiti né per converso che sia certamente appropriata la forma alternativa attribuita dall’Agenzia. Ma questa situazione di incertezza o ambivalenza induce a privilegiare la scelta formale delle parti anche in omaggio al principio dell’autonomia contrattuale, assistito da un fondamento costituzionale”;

2. la contribuente ha depositato controricorso. Ha poi presentato memoria alla quale ha allegato pronunce definitive della CTR del Lazio tutte nel senso favorevole alla qualificazione in termini di affitto o locazione di contratti che essa contribuente dice essere identici a quello ad oggetto dell’atto impositivo di cui si tratta in questo processo. Invoca l’effetto di giudicato di tali pronunce.

Diritto

CONSIDERATO

che:

3. l’Agenzia delle entrate ha depositato memoria;

Considerato che:

1. l’Agenzia delle entrate sotto la rubrica, di “violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, nonché degli artt. 952,953,1571,1576,1587,1590 e 1615 c.c.”, denuncia la contradditorietà della motivazione della sentenza e sostiene che la CTR ha errato nell’avallare la qualificazione data all’atto negoziale de quo dalle parti come contratto di affitto laddove la CTR avrebbe dovuto valorizzare gli elementi indicati da essa Agenzia e quindi qualificare l’atto in termini di contratto costitutivo del diritto di superficie;

2. va preliminarmente evidenziato che l’eccezione di giudicato sollevata dalla contribuente è priva di base. Il giudicato (art. 2909 c.c.) si forma su fatti e non su qualificazioni giuridiche di fatti o di contratti. Resta assorbito il rilievo che l’identità tra i contratti a cui si riferiscono le sentenze passate in giudicato e il contratto oggetto dall’atto impositivo di cui si tratta in questo processo è solo un asserto della contribuente, indimostrato;

3. il motivo di ricorso proposta dall’Agenzia è infondato. In primo luogo, quanto alla denuncia di difetto di motivazione, si osserva che il discorso motivazionale della sentenza impugnata muove dall’esame delle clausole del contratto, dà conto della prevalenza di elementi coerenti con la qualificazione del diritto della contribuente come diritto personale di godimento, conclude per tale qualificazione. In nessun modo può dunque dirsi che la motivazione non integri quel minimo solo al di sotto del quale, a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, il vizio di motivazione è sindacabile in sede di legittimità (Cass. SU n. 8053/2014).

Ciò detto, quanto alle prospette violazioni di legge, si osserva quanto segue.

Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, rubricato “interpretazione degli atti”, stabilisce che “L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi”.

Ai sensi dell’art. 952 c.c., comma 1, “il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruizione a favore di altri, che ne acquista la proprietà”. Il diritto di realizzare la costruzione si qualifica come diritto reale di godimento.

Niente esclude che il diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui venga creato come diritto (non reale ma) personale di godimento, mediante un contratto ad effetti obbligatori.

L’art. 934 c.c., che detta il principio dell’accessione, prevede infatti deroghe risultanti dalla legge o dal “titolo” (v., in proposito, tra altre, Cass., n. 3721 del 19/11/1974; Cass. 9 novembre 1964, n. 2706).

La CTR, come già evidenziato, ha preso in esame l’insieme delle clausole del contratto e ne ha coerentemente ricavato elementi che fanno propendere per la qualificazione del contratto stesso come affitto/locazione.

Per il profilo ora in esame il motivo si riduce alla ripropoposizione di una interpretazione diversa di alcune della clausole contrattuali già prese in esame e dichiarate dalla CTR non conducenti rispetto alla tesi dell’Ufficio.

L’Agenzia non specifica sotto quale profilo i canoni interpretativi di cui all’art. 20, sarebbero stato violati dalla CTR.

E’ stato tuttavia affermato che “L’interpretazione del contratto può essere sindacata in sede di legittimità solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale, la quale non può dirsi esistente sul semplice rilievo che il giudice di merito abbia scelto una piuttosto che un’altra tra le molteplici interpretazioni del testo negoziale, sicché, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra” (Cass. n. 11254/2018).

Ed è stato affermato altresì che “L’interpretazione della volontà delle parti in relazione al contenuto di un contratto o di una qualsiasi clausola contrattuale importa indagini e valutazioni di fatto affidate al potere discrezionale del giudice di merito, non sindacabili in sede di legittimità ove non risultino violati i canoni normativi di ermeneutica contrattuale e non sussista un vizio nell’attività svolta dal giudice di merito, tale da influire sulla logicità, congruità e completezza della motivazione” (Cass. 2560/2007).

Ancora, è stato precisato che “La parte che, con il ricorso per cassazione, intenda denunciare un errore di diritto o un vizio di ragionamento nell’interpretazione di una clausola contrattuale ha l’onere di specificare i canoni che in concreto assuma violati e il punto e i modo in cui il giudice del merito si sia dagli stessi discostato” (Cass. 15 novembre 2013, n. 25728);

6. il ricorso va rigettato;

7. le spese devono essere compensate in ragione della specicificità della fattispecie.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, svolta con modalità da remoto, il 31 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

 

 

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