Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3377 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. III, 12/02/2010, (ud. 22/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3377

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29271/2005 proposto da:

Z.R. (OMISSIS), Z.S.

(OMISSIS), Z.E. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BENACO 5, presso lo studio

dell’avvocato MORABITO MARIA CHIARA, rappresentati e difesi

dall’avvocato BERTI GIAMPIERO con delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.A., B.L., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio dell’avvocato VALENSISE

carolina, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CARRERA ALESSANDRO con delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 158/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Terza Civile, emessa l’11/01/2005; depositata il 27/01/2005;

R.G.N. 3628/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/01/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato CAROLINA VALENSISE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con libello introduttivo del 7 luglio 1999 Za.Se.

conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Vigevano C. A. e B.L., chiedendo di riscattare, ex art. 38 della legge n. 392 del 1978, l’unità immobiliare dagli stessi acquistata.

Resistevano i convenuti, che negavano la dedotta coincidenza tra bene locato all’attore e bene compravenduto.

Con sentenza del 12 giugno 2003 il Tribunale di Vigevano rigettava la domanda.

Proponevano gravame R., S. ed Z.E., tutti eredi di Za.Se., ma la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 27 gennaio 2005, lo respingeva.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione R., S. ed Z.E., articolando due motivi.

Resistono con controricorso C.A. e B.L..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo gli impugnanti denunciano mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, con riferimento a un punto decisivo della controversia, per avere il giudice di merito fatto malgoverno delle risultanze probatorie acquisite, univocamente dimostrative del fatto che, mentre la vendita aveva riguardato un immobile costituito da quattro locali a uso ufficio, la locazione aveva ad oggetto tre locali più servizi, di guisa che il quarto, denominato negozio, altro non era se non che un vano dell’appartamento concesso in locazione a uso scuola guida.

Sostengono che la Corte territoriale si sarebbe limitata a qualificare il preteso negozio una unità inscindibile, rispetto alle altre, senza nulla dire in ordine ai requisiti di novità e diversità, rispetto all’immobile locato, che avrebbe dovuto avere il bene compravenduto perchè fosse ritenuto insussistente il diritto di prelazione del conduttore. Sotto altro, concorrente profilo segnalano poi che contraddittoriamente il giudice di merito aveva, da un lato, considerato inscindibili i tre vani locati e il quarto e, dall’altro, considerato gli stessi due beni distinti.

1.2 Col secondo mezzo i ricorrenti lamentano violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360 cod. proc. civ., n. 3.

Ricordano che la Suprema Corte, ferma nel ribadire la necessità, ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione al conduttore- imprenditore, che vi sia coincidenza tra bene compravenduto e bene locato, ha altresì segnalato che è indispensabile distinguere il caso della vendita in blocco, relativa cioè all’intero edificio, del quale faccia parte l’immobile locato, dalla vendita cumulativa, avente ad oggetto più beni, tra cui quello locato, ognuno dotato di propria autonomia. Sostengono quindi che nella fattispecie vi era piena coincidenza tra bene venduto e bene locato, o che al più, ove si fosse voluto considerare il box una bene autonomo, si verteva in ipotesi della vendita cumulativa, rispetto alla quale permane il diritto di prelazione del conduttore con riferimento al bene a lui locato.

2.1 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono destituite di ogni fondamento.

Costituisce affermazione giurisprudenziale praticamente costante che il diritto di prelazione o di riscatto, previsto dalla L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 38 e 39, a favore del conduttore di immobile non abitativo, presuppone l’identità dell’immobile locato con quello venduto e perciò non trova applicazione non soltanto nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale sia compresa l’unità immobiliare locata, ma anche nel caso di vendita di beni astrattamente suscettibili di alienazione separata e tuttavia considerati dalle parti del contratto di compravendita come un unico oggetto, dotato come tale di una propria identità funzionale e strutturale (confr. Cass. civ. 3, 9 febbraio 2008, n. 5502; Cass. civ. 3,12 luglio 2006, n. 15784; Cass. civ. 3, 29 ottobre 2001, n. 13420).

2.2 Venendo al caso di specie, la Corte territoriale ha motivato il suo convincimento attraverso il richiamo a una serie di elementi di fatto non controversi tra le parti, la cui valutazione, in chiave di unitarietà e inscindibilità del complesso immobiliare oggetto della compravendita nonchè di invincibile alterata dello stesso rispetto al bene locato, appare esente da aporie, conforme a criteri di comune buon senso e non inficiata da contrasti disarticolanti tra emergenze fattuali e conseguenze giuridiche adottate. Ha invero segnatamente evidenziato il giudice di merito che l’alienazione aveva riguardato una superficie sensibilmente superiore a quella locata all’attore, in quanto estesa anche a un box e a un locale denominato negozio.

Quest’ultimo, compreso nell’alienazione, ma estraneo alla locazione, era parte integrante e non separabile dagli immobili concessi in godimento al dante causa degli appellanti, essendo privo di servizi e comunque comunicante con quelli locati, di talchè giammai avrebbe potuto essere oggetto di una vendita separata. In tale contesto il cespite venduto andava considerato una unità non scindibile e non artificiosamente creata per inibire al conduttore il diritto di riscatto.

A fronte di tale apparato motivazionale, non giova agli impugnanti il richiamo alla vendita cumulativa, la quale sussiste in caso di alienazione a terzi di più unità immobiliari, ancorchè, per ipotesi, comprese nello stesso corpo di fabbrica, ma non strutturalmente omogenee nè funzionalmente coordinate (confr. Cass. civ., 3^, 17 settembre 2008, n. 23747). E’ sufficiente all’uopo evidenziare che il giudice di merito ha motivato il suo convincimento proprio sul collegamento funzionale tra le varie parti del bene alienato, collegamento idoneo a farne un complesso unitario, dotato di una propria, inconfondibile individualità e funzionalità economico-sociale, diversa da quella della unità locata.

In realtà le critiche del ricorrente, attraverso la surrettizia deduzione di violazioni di legge e di vizi motivazionali, mirano a sollecitare una rivalutazione dei fatti di causa, preclusa in sede di legittimità.

In tale contesto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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