Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33768 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. III, 19/12/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33768

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26744-2017 proposto da:

PROVINCIA VIBO VALENTIA, in persona del Presidente e legale

rappresentante pro tempore Dott. N.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA E.Q. VISCONTI, 55, presso lo studio

dell’avvocato MARIA GIUSEPPINA LO IUDICE, rappresentata e difesa

dall’avvocato DOMENICO COLACI;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE EUROPA SAS DI G.S. & C. in persona del

legale rappresentante p.t. S.G., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 107, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI GORI, rappresentata e difesa dall’avvocato

ROSJ SORIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 706/2017 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 12/04/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/10/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GIUSEPPE VESCUSO per delega.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 12/4/2017, la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in accoglimento della domanda proposta dalla Immobiliare Europa s.a.s. di S.G. & C., ha dichiarato la validità e l’efficacia del contratto di locazione a uso diverso da quello di abitazione stipulato dalla società ricorrente (in qualità di locatrice) con la Provincia di Vibo Valentia, con la condanna di quest’ultima all’esecuzione delle prestazioni promesse non eseguite.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha ribadito l’avvenuta conclusione del contratto di locazione in esame nel rispetto delle norme procedimentali e contabili previste dalla legge, essendo detto contratto adeguatamente sorretto dalla Delib. Giunta Provinciale n. 288 del 2007 corredata dai prescritti pareri ex art. 49 TUEL, contestualmente confermando l’insussistenza di alcuna causa di annullamento del contratto (con particolare riguardo al dolo denunciato dalla provincia convenuta), nè di alcun motivo di risoluzione del contratto, nè di vizi della cosa locata, escludendo infine che l’amministrazione provinciale fosse validamente receduta dal rapporto in sede di autotutela.

3. Avverso la sentenza d’appello, la Provincia di Vibo Valentia propone ricorso per cassazione sulla base di un unico articolato motivo d’impugnazione.

4. Immobiliare Europa s.a.s. di S.G. & C. resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo d’impugnazione proposto, la Provincia di Vibo Valentia censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, artt. 191 e 192 e dell’art. 2967 c.c., nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la nullità del contratto di locazione in esame per mancanza dell’atto di impegno contabile previsto dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 191 e per l’ulteriore mancanza della preventiva determinazione a contrattare ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 192 avendo i giudici di merito erroneamente affermato che il contratto di locazione fosse sorretto dalla Delib. giunta n. 288 del 2007 corredata dai prescritti pareri ex art. 49 TUEL, in contrasto con le risultanze di causa e le norme di legge nella specie applicabili.

2. Il motivo è fondato.

3. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (di recente ribadito da Cass., Sez. 1, 9 maggio 2018/11 marzo 2019, n. 6919), l’art. 191, comma 1 T.U.E.L. dispone che gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l’impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del bilancio di previsione e l’attestazione della copertura finanziaria, comunicati dal responsabile del servizio al terzo interessato che – ferma l’obbligazione a carico dell’amministratore, funzionario o dipendente dell’ente che abbia consentito la fornitura del bene o servizio in violazione della norma (comma 4) – ha facoltà, in mancanza della comunicazione suddetta, di non eseguire la prestazione.

Detta norma chiude un risalente percorso sviluppatosi a partire dal R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 284 e 288 (T.U. della Legge Comunale e Provinciale) e scandito dal D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23 (conv., con modif., dalla L. 24 aprile 1989, n. 144), inserito nel titolo IV dedicato al risanamento finanziario delle gestioni locali, e quindi dalla L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 55 (ordinamento delle autonomie locali), in attuazione del principio costituzionale di buon andamento dell’amministrazione di cui all’art. 97 Cost.

Tali previsioni – e, in particolare, l’art. 191 T.U.E.L., che ne riassume da ultimo la portata precettiva -, nell’imporre l’indicazione dell’ammontare delle spese e dei mezzi per farvi fronte, a pena di nullità delle relative deliberazioni adottate in violazione di legge (si v. al riguardo Sez. U, 10 giugno 2005, n. 12195, Sez. U, 28 giugno 2005, n. 13831 e successive conformi), tutelano, con tutta evidenza, il preminente interesse pubblico all’equilibrio economico-finanziario delle amministrazioni locali in un quadro di certezza della spesa secondo le previsioni di bilancio e di trasparenza dell’azione amministrativa (Cass., Sez. 1, 9 maggio 2018/11 marzo 2019, n. 6919, cit.).

4. Tali principi risultano ulteriormente ribaditi da Cass., Sez. 1, 13 giugno 2018, n. 15410, secondo cui costituisce principio saldamente invalso nella giurisprudenza di questa Corte (al pari di quello a cui si è fatto richiamo innanzi, maturato sul filo di una regola procedimentale che ha fonte nel R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 284 e 288 e si è poi perpetuata nel D.L. 2 marzo 1989, n. 66, art. 23 convertito in legge, con modificazioni dalla L. 24 aprile 1989, n. 144, art. 1, comma 1, nel D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, art. 35 e in ultimo, nel D.Lgs. n. 18 agosto 2000, n. 267, art. 191) che gli atti degli enti locali importanti un obbligo contrattuale in capo ai medesimi siano validi e vincolanti nei loro confronti a condizione che siano accompagnati dal relativo impegno di spesa, diversamente discendendone la nullità tanto della deliberazione che ne autorizza il compimento quanto del susseguente contratto stipulato in attuazione di essa (Cass., Sez. I, 18/11/2011, n. 24303; Cass., Sez. I, 28/12/2010, n. 26202; Cass., Sez. I, 26/05/2010, n. 12880).

5. Ciò posto, appare d’intuiva evidenza come un’ipotetica equipollenza tra l’art. 191 TUEL (nella parte in cui regola l’emissione dell’impegno di spesa) e il parere di regolarità contabile richiesto dall’art. 49 TUEL (nel testo applicabile nella specie ratione temporis, secondo cui “Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione”) debba ritenersi del tutto errata, essendo evidente la differenza tra un provvedimento (l’impegno di spesa di cui all’art. 191) funzionalmente destinato a incidere direttamente, vincolandolo, su un determinato capitolo di bilancio dell’ente locale e attestare la concreta sussistenza di una copertura finanziaria, e un provvedimento (il parere di cui all’art. 49) il cui profilo funzionale deve ritenersi limitato ad attestare la (mera) regolarità, sul piano contabile, della prospettata manifestazione della volontà degli organi politici dell’ente (consiglio-giunta).

6. D’altro canto, proprio detta differenza sembra poter giustificare l’introduzione (con il D.L. n. 174 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 7 dicembre 2012, n. 213) della possibilità per il Consiglio (o per la Giunta) di discostarsi motivatamente dal parere di regolarità contabile (art. 49, comma 4, vigente dal 8/12/2012: “Ove la Giunta o il Consiglio non intendano conformarsi ai pareri di cui al presente articolo, devono darne adeguata motivazione nel testo della deliberazione”): scostamento che non avrebbe alcuna ragion d’essere in relazione all’impegno di spesa di cui all’art. 191, la cui violazione vale a determinare la nullità della delibera e del contratto della p.a..

7. Allo stesso modo, proprio detta differenza vale a giustificare la ragione per cui (come sottolineato dallo stesso giudice a quo), la mancata acquisizione del parere di cui all’art. 49 non comporta alcuna illegittimità o nullità della deliberazione; evenienza del tutto impensabile in caso di mancata acquisizione dell’impegno di spesa, secondo quanto sin qui precisato.

8. Sulla base di tali premesse, rilevata la fondatezza della censura esaminata, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui è altresì rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui è altresì rimessa la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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