Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33767 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. III, 19/12/2019, (ud. 02/10/2019, dep. 19/12/2019), n.33767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25137-2017 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, P.ZA DELLA

LIBERTA’ 10, presso lo studio dell’avvocato GIAMPAOLO BALAS, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.G., BA.GH.MA., M.S., quest’ultima

nella qualità di erede di M.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA B.BUOZZI 82, presso lo studio dell’avvocato

LUCA VINCENZO ORSINI, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MAURIZIO MARCHISIO;

– controrlcorrenti –

avverso la sentenza n. 4774/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/10/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO, che ha concluso per la rimessione alle S.U. in

subordine accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BALAS GIAMPAOLO;

udito l’Avvocato ORSINI LUCA VINCENZO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 17/7/2017, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento dell’appello proposto da M.A., Ba.Gh.Ma. e P.G., e in riforma della decisione di primo grado, ha accertato il mancato perfezionamento, tra il Condominio di (OMISSIS) e B.G., di un contratto di locazione avente ad oggetto i locali ex cabina idriche dell’edificio condominiale.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato come dalla deliberazione dell’assemblea condominiale del 23/5/1999 dedotta in giudizio, non fosse emersa alcuna inequivoca manifestazione di volontà contrattuale dell’assemblea condominiale e dello stesso B., essendosi piuttosto manifestata la volontà delle parti di puntualizzare un mero accordo preliminare.

3. Peraltro, secondo il giudice d’appello, l’eventuale accordo delle parti avrebbe dovuto ritenersi in ogni caso nullo, non avendone le parti definito taluni elementi essenziali quali, ad esempio, la causa contrattuale (abitativa o meno) della locazione, ovvero l’entità del canone destinato ad essere corrisposto dal B., a tacere del totale difetto della forma scritta imposta dalla legge, nella specie non surrogata dalla sottoscrizione della deliberazione, da parte del B., avendo quest’ultimo firmato il verbale assembleare nella sua qualità di amministratore del condominio e non anche in qualità di conduttore contraente.

4 Da ultimo, la corte d’appello ha disatteso la domanda proposta in via subordinata dal B. (destinata all’accertamento del diritto reale e/o personale di godimento acquistato dal ricorrente in relazione alle ex cabine idriche per la durata di nove anni rinnovabili), avendo lo stesso B. omesso di riproporre detta domanda in sede di precisazione delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado.

g. Avverso la sentenza d’appello, B.G. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro, articolati, motivi d’impugnazione.

6. P.G., Ba.Gh.Ma. e M.S. (quest’ultima in qualità di erede di M.A., nelle more deceduto) resistono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli art. 1325,1326 e 1350 c.c., nonchè della L. n. 431 del 1998, art. 1, comma 4, (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto che la deliberazione condominiale del 23/5/1999 difettasse dei requisiti richiesti dalla legge per la valida conclusione del contratto di locazione, avendo entrambe le parti manifestato in modo pienamente riconoscibile la volontà di concludere l’accordo contrattuale avente a oggetto la locazione, a scopo di abitazione dei locali individuati in detto verbale, dietro pagamento di un canone oggettivamente determinabile e nel rispetto della forma scritta imposta dalla legge.

2. Con il secondo, articolato, motivo d’impugnazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1346,1363 e 1418 c.c., nonchè per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente affermato l’eventuale nullità del contratto in esame per indeterminatezza dell’oggetto, a dispetto dei contenuti del verbale assembleare puntualmente indicati in ricorso, e per aver omesso di esaminare il verbale di assemblea del 23/5/99 nella parte in cui l’organo condominiale aveva operato, al fine di determinare il corrispettivo del godimento, un espresso riferimento al canone stabilito per la locazione di immobili urbani ad uso abitativo, ai sensi della L. n. 392 del 1978.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1362 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale omesso di valutare la reale intenzione delle parti espressa nel verbale di assemblea oggetto d’esame, limitandosi all’analisi di singoli elementi letterali, senza neppure considerare l’avvenuta esecuzione del contratto secondo gli accordi conclusi tra le parti.

4. Tutti e tre i motivi – congiuntamente esaminabili in ragione dell’intima connessione delle questioni dedotte – sono inammissibili.

5. Osserva al riguardo il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, l’interpretazione degli atti negoziali debba ritenersi indefettibilmente riservata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità unicamente nei limiti consentiti dal testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ovvero nei casi di violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3.

6. In tale ultimo caso, peraltro, la violazione denunciata chiede d’essere necessariamente dedotta con la specifica indicazione, nel ricorso per cassazione, del modo in cui il ragionamento del giudice di merito si sia discostato dai suddetti canoni, traducendosi altrimenti, la ricostruzione del contenuto della volontà delle parti, in una mera proposta reinterpretativa in dissenso rispetto all’interpretazione censurata; operazione, come tale, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 17427 del 18/11/2003, Rv. 568253).

7. Nel caso di specie, l’odierno ricorrente si è limitato ad affermare, in modo inammissibilmente apodittico, il preteso tradimento, da parte del giudice d’appello, della comune intenzione delle parti (ai sensi dell’art. 1362 c.c.), nonchè la scorrettezza dell’interpretazione complessiva attribuita ai termini dell’atto negoziale (ex art. 1363 c.c.), orientando l’argomentazione critica rivolta nei confronti dell’interpretazione della corte territoriale, non già attraverso la prospettazione di un’obiettiva e inaccettabile contrarietà, a quello comune, del senso attribuito ai testi e ai comportamenti negoziali interpretati, o della macroscopica irrazionalità o intima contraddittorietà dell’interpretazione complessiva dell’atto, bensì attraverso l’indicazione degli aspetti della ritenuta non condivisibilità della lettura interpretativa criticata, rispetto a quella ritenuta preferibile, in tal modo travalicando i limiti propri del vizio della violazione di legge (ex art. 360 c.p.c., n. 3) attraverso la sollecitazione della corte di legittimità alla rinnovazione di una non consentita valutazione di merito.

8. Sul punto, è appena il caso di rilevare come la corte territoriale abbia proceduto alla lettura e all’interpretazione dei testi sottoposti al proprio esame nel pieno rispetto dei canoni di ermeneutica fissati dal legislatore, non ricorrendo ad alcuna attribuzione di significati estranei al comune contenuto semantico delle parole, nè spingendosi a una ricostruzione del significato complessivo della deliberazione condominiale dedotta o del comportamento del parti in termini di palese irrazionalità o intima contraddittorietà, per tale via giungendo alla ricognizione di un contenuto negoziale sufficientemente congruo, rispetto al testo interpretato, e del tutto scevro da residue incertezze, sì da sfuggire integralmente alle odierne censure avanzate dalla ricorrente in questa sede di legittimità.

9. Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente disatteso la domanda proposta in via subordinata dal B. (destinata all’accertamento del diritto reale e/o personale di godimento acquistato dal ricorrente in relazione alle ex cabine idriche per la durata di nove anni rinnovabili), sulla base del criterio, nella specie non decisivo, della mancata riproposizione di detta domanda in sede di precisazione delle conclusioni nel corso del giudizio di primo grado.

10. Il motivo è fondato.

11. Osserva il Collegio come, secondo il più recente, consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (da ultimo ulteriormente confermato dalle Sezioni Unite di questa Corte), tanto nel vigore del previgente testo, quanto in quello dell’attuale art. 189 c.p.c. (come modificato dalla L. n. 353 del 1990), affinchè una domanda possa ritenersi abbandonata, non è sufficiente che essa non venga riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, dovendosi avere riguardo alla condotta processuale complessiva della parte antecedente a tale momento, senza che assuma invece rilevanza il contenuto delle comparse conclusionali (Sez. U -, Sentenza n. 1785 del 24/01/2018, Rv. 647010 – 01).

In particolare, al fine di ritenere il ricorso di un effettivo abbandono della domanda, non è sufficiente che la stessa non venga riproposta nella precisazione delle conclusioni, costituendo tale omissione una mera presunzione di abbandono, dovendosi, invece, necessariamente accertare se, dalla valutazione complessiva della condotta processuale della parte, o dalla stretta connessione della domanda non riproposta con quelle esplicitamente reiterate, emerga una volontà inequivoca di insistere sulla domanda pretermessa (Sez. 2, Sentenza n. 17582 del 14/07/2017, Rv. 644854 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 17875 del 10/09/2015, Rv. 636379 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 15860 del 10/07/2014, Rv. 632116 – 01).

12. Tale tradizionale lettura del sistema processuale vigente – a dispetto delle isolate e non condivise pronunce di segno contrario (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16840 del 05/07/2013, Rv. 627060 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 2093 del 29/01/2013, Rv. 624999 – 01), informate a un rigore sin troppo irriducibile, a fronte di situazioni di pur agevole ricostruibilità dell’effettiva volontà processuale della parte – appare a questo Collegio ancora condivisibile e meritevole di conferma (al fine di assicurarne continuità), pur dovendo raccomandarsi all’interprete l’accortezza di procedere alla ricostruzione della volontà processuale delle parti tenendo ferma la concorrente esigenza di salvaguardare la tutela del ragionevole affidamento riposto dall’una parte sul valore convenientemente significativo del contegno processuale dell’altra, con la conseguente intuitiva esigenza, che, nel procedere alla ridetta interpretazione, un particolare e determinante valore euristico sia attribuito agli atti processuali tipicamente destinati a raccogliere i contenuti di detta volontà della parte (quali l’atto di citazione, il ricorso, la comparsa di risposta, le memorie ex art. 183 c.p.c., etc.), fatta sempre salva la rinuncia o la revoca, espressamente dichiarate, delle domande già proposte.

13. Sulla base di tali premesse, rilevata l’inammissibilità dei primi tre motivi e la fondatezza del quarto, dev’essere disposta la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con il conseguente rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo; dichiara inammissibili i primi tre; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, cui è altresì rimesso di provvedere alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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