Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33762 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. III, 19/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 19/12/2019), n.33762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1529-2018 proposto da:

ISALPA SRL, in persona del legale rappresentante Ing. V.S.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. VICO 1, presso lo studio

dell’avvocato LORENZO PROSPERI MANGILI, rappresentata e difeso dagli

avvocati MASSIMO CARDARELLI, MARINO MARINELLI;

– ricorrente –

contro

ORGANIC BRAND SPA, in persona del l.r.p.t., B.G.,

B.W., BIO TOSCANA SRL in persona del l.r.p.t., domiciliati ex

lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO PERONGINI;

– controricorrenti –

e contro

GLOBAL FOODS SRL;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2330/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato LUCA CARDARELLI e MARINO MARINELLI;

udito l’Avvocato LUCA PERONGINI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società Isalpa s.r.l. (partecipata e controllata dalla Fratelli S. S.p.A., di seguito Isalpa) convenne davanti al Tribunale di Asti B.G., B.W., Bio Toscana s.r.l., Global Food s.r.l. e Organic Brand s.r.l. (di seguito rispettivamente Bio Toscana, Global Food e Organic Brand) per sentire accertare la sussistenza dei presupposti per l’opponibilità dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. e la declaratoria di non essere tenuta ad alcun pagamento nei confronti dei convenuti. A sostegno della domanda dedusse che i convenuti costituivano un unico gruppo imprenditoriale, genericamente denominato “Gruppo B.”; che, avendo essa Isalpa concluso con le due società Bio Toscana e Global Food dei contratti di somministrazione con versamento di consistenti acconti, contratti rimasti per lo più inadempiuti, aveva, d’un lato esercitato il diritto d’opzione di acquisto di tutti i marchi e know how trasferiti ad Organic Brand, rimanendo dunque obbligata al versamento nei confronti della stessa (“astratta e formale creditrice del prezzo di cessione dei marchi”) del relativo prezzo di acquisto e, dall’altro, attivato l’arbitrato contrattualmente previsto, chiedendo la risoluzione dei contratti di somministrazione per inadempimento di Bio Toscana e Global Food e la condanna delle stesse alla restituzione degli acconti versati; che il lodo aveva accolto la domanda e condannato Bio Toscana e Global Food al pagamento in suo favore della somma di Euro 1.093.959,28; che non era sua intenzione pagare quanto dovuto ad Organic Brand sino alla concorrenza di quanto ad essa esponente dovuto in conseguenza della risoluzione dei contratti di somministrazione.

Con sentenza n. 873/2015 il Tribunale di Asti accolse la domanda e per l’effetto accertò che legittimamente era stata opposta l’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c. in ragione dell’accertato collegamento negoziale tra tutti i contratti stipulati tra le parti, e che la società attrice non era tenuta ad alcun pagamento nei confronti dei convenuti sino alla concorrenza delle somme delle quali il lodo arbitrale l’aveva riconosciuta creditrice.

La Corte d’Appello di Torino con sentenza n. 2330 del 30/10/2017, per quel che ancora rileva in questa sede, ha accolto il secondo motivo di appello escludendo di poter ravvisare nella fattispecie un collegamento negoziale tra i contratti di somministrazione ed i complessi accordi commerciali che avevano portato all’acquisto da parte di Isalpa, tramite l’esercizio del diritto di opzione, dei marchi e relativi know how; ha dichiarato che Isalpa non è legittimata ad opporre ad Organic Brand e a W. o B.G. l’eccezione di inadempimento dei contratti di somministrazione, in quanto questi avevano ad oggetto la fornitura degli ingredienti necessari alla produzione di Isalpa mentre non c’era alcun collegamento negoziale con l’accordo quadro ed i successivi contratti di cessione di licenze e di esercizio del diritto di opzione, essendo collegati solo questi ultimi tra loro; nè c’era coincidenza tra i soggetti che avevano sottoscritto i contratti di somministrazione, da una parte, e gli altri contratti, dall’altra, nè erano ammissibili le istanze istruttorie articolate in appello perchè implicitamente rinunciate in prime cure.

Accolto parzialmente l’appello, la Corte territoriale ha compensato per la metà le spese del doppio grado per la difficoltà delle questioni ed ha posto a carico di Isalpa la restante metà.

Avverso la sentenza Isalpa propone ricorso per cassazione, affidato ad otto motivi, illustrati da memoria. Resistono Organic Brand, B.W., B.G. e Bio Toscana con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso la ricorrente censura la “nullità della sentenza o del procedimento” in relazione agli artt. 342 e 346 c.p.c. (e dunque con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere la sentenza erroneamente disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello per la mancanza di critiche specifiche.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “la nullità della sentenza in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2 in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., comma 2 (con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) o, in subordine, violazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio in ordine al rigetto dell’eccezione di inammissibilità dell’appello.” Si duole che la Corte d’Appello abbia liquidato in poche righe l’eccezione di inammissibilità dell’appello non consentendo all’appellata di comprendere le ragioni del rigetto.

1-2. I due motivi vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione e, in disparte profili di inammissibilità per difetto di autosufficienza, sono entrambi infondati. I motivi di appello contenevano censure del tutto compatibili con le prescrizioni di cui all’art. 342 c.p.c., sia con riguardo ai capi di sentenza impugnata, sia con riguardo ai motivi di diritto sui quali le censure erano formulate. Ciò vale in particolare per il secondo motivo di appello, accolto dal Giudice, relativo alla mancanza di un collegamento negoziale tra i vari contratti, rispetto al quale la preliminare valutazione di ammissibilità, sia pur sinteticamente affermata dal Giudice d’Appello con riguardo all’intero atto di appello, presuppone l’analisi di un motivo molto articolato nel quale sono indicati i singoli capi della sentenza impugnata ed i motivi di censura, con particolare riguardo alla violazione dell’onere della prova circa l’esistenza del collegamento negoziale, alla censurata irrilevanza del dato letterale, alla mancata valutazione della complessiva operazione. La Corte d’Appello ha, sul punto, argomentato che, dal contesto dell’atto di appello, potevano trarsi con sufficiente precisione le ragioni di censura sollevate e le parti della sentenza di primo grado impugnate. Tale statuizione è in continuità con la giurisprudenza consolidata di questa Corte secondo la quale “il nuovo art. 342 c.p.c. non richiede che le deduzioni di parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto ma impone al ricorrente in appello di individuare in modo esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonchè ai passaggi argomentativi che la sorreggono e formulando le ragioni di dissenso rispetto al primo giudice, sì da esplicitare l’idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass., 3, 5/5/2017n. 10916; Cass., S.U. n. 27199 del 16/11/2017).

3. Con il terzo motivo di ricorso censura la nullità della sentenza in relazione agli artt. 112,324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 342 e 346 c.p.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte d’Appello proceduto all’accertamento di questioni, come la sussistenza di un collegamento negoziale tra contratti di somministrazione ed esercizio del diritto di opzione, sulle quali era calato il giudicato sin dal primo grado del giudizio, per mancata contestazione delle relative deduzioni di Isalpa e mancata, idonea confutazione del positivo accertamento operato al riguardo dal giudice di prime cure.

3.1 Il motivo è palesemente infondato. La mancata contestazione dei negozi intercorsi tra le parti, del resto documentalmente provati, non implica affatto mancata contestazione del collegamento negoziale tra gli stessi, esistente almeno nei termini e con gli effetti predicati da Isalpa. Pur non essendoci contestazione sulla vicenda contrattuale, sull’inadempimento delle resistenti ai contratti di somministrazione e neppure sull’applicabilità, in astratto, dell’eccezione di inadempimento a contratti tra loro differenti se collegati da un vincolo funzionale e teleologico, non si è creato alcun giudicato interno sul punto centrale della causa, contestato fin dal primo grado e ribadito in appello con ampiezza di argomentazioni e cioè sul punto del collegamento negoziale. L’intera difesa delle attuali resistenti è basata, sin dal primo grado del giudizio, sull’inesistenza del collegamento negoziale tra l’accordo quadro, i contratti di cessione e di opzione, d’un lato, ed i contratti di somministrazione, dall’altro. Non solo l’appellante ha, sul punto, sottoposto a critica serrata l’impugnata sentenza con il secondo motivo di appello, ma ha svolto tutti gli argomenti possibili per censurare ciò che per il primo giudice poteva ritenersi incontestato ai sensi dell’art. 115 c.p.c.: la violazione delle regole sull’onere della prova, l’assenza di contesto soggettivo ed oggettivo per configurare il collegamento negoziale, la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale.

4. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 115 c.p.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nonchè degli artt. 1362 e 1363 c.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che la violazione delle regole di ermeneutica contrattuale si sarebbe tradotta in un vero e proprio errore di percezione, considerato che la Corte d’Appello non si sarebbe avveduta del fatto che la vigenza dei contratti di somministrazione fosse espressamente ed “indissolubilmente” connessa ai contratti di licenza e di opzione indicati in premessa. Benchè nell’accordo quadro e nei contratti di opzione non vi fosse un richiamo ai contratti di somministrazione, avrebbe valore indiziante del collegamento la circostanza che tutti erano stati sottoscritti lo stesso giorno da B.G., contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata che faceva riferimento alla sola sottoscrizione di B.W..

6. Con il sesto motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, assumendo che, erroneamente, la sentenza avrebbe escluso l’applicabilità dell’art. 1460 c.c. ai contratti collegati in ragione della irrilevante (a suo dire) mancata coincidenza tra i soggetti firmatari dei diversi contratti. In particolare assume che la sottoscrizione dei contratti di somministrazione da parte del solo B.G. e non anche di W., dovuta alla qualità di legale rappresentante delle due società in capo al primo, non influirebbe minimamente sull’applicabilità dell’art. 1460 c.c.

7. Con il settimo motivo la società ricorrente censura la sentenza ancora per violazione dell’art. 1460 c.c., per aver erroneamente ritenuto che per aversi “collegamento” tra i contratti di somministrazione e di opzione, almeno uno dovesse essere la causa giuridica dell’altro.

4/6/7. I motivi possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro parziale connessione, e sono, in disparte una preliminare valutazione della loro inammissibilità, comunque infondati.

Premesso che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di ritenere che l’accertamento della natura, entità, modalità e conseguenze del collegamento negoziale realizzato tra le parti di più negozi rientra nei compiti esclusivi del giudice del merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in cassazione se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass., 3, n. 14611 del 12/7/2005; Cass., 3, n. 7074 del 28/3/2006; Cass., L, n. 18585 del 22/9/2016), la circostanza che i contratti di somministrazione fossero ancillari rispetto alla complessiva operazione imprenditoriale realizzata tra le parti non implica che i crediti nascenti da quei contratti possano essere vantanti nei confronti delle parti di altri contratti. Del resto il lodo era stato chiesto ed ottenuto nei confronti delle sole controparti dei contratti di somministrazione, mentre Isalpa aveva, con il proprio comportamento, dimostrato di non ritenere esistente il collegamento negoziale se è vero, come è vero che, pur avendo chiesto e ottenuto la risoluzione dei contratti di somministrazione, e dunque la loro caducazione, ha poi esercitato i diritti di opzione previsti dall’accordo quadro, dimostrando di ritenere autonoma l’operazione commerciale, salvo tirar fuori strumentalmente il collegamento negoziale per non pagare. Quanto all’argomento, proposto con il sesto motivo, della violazione dell’art. 1460 c.c. per la non coincidenza tra le parti firmatarie dei vari contratti, e di quello proposto con il settimo motivo, relativo alla ritenuta erronea necessità del collegamento negoziale tramite la causa del negozio, restano assorbiti dal rigetto del quarto.

5. Con il quinto motivo la ricorrente censura la violazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., art. 329 c.p.c., comma 2, artt. 342 e 346 c.p.c., ed assume la nullità dell’impugnata sentenza per aver travisato il contenuto della sentenza di prime cure che avrebbe ritenuto, contrariamente al vero, che il collegamento negoziale fosse stato ravvisato esclusivamente in ragione della pretesa unicità del contesto soggettivo.

5.1 I motivo è infondato in quanto le critiche involgono aspetti del tutto marginali dell’iter argomentativo dell’impugnata sentenza e sono quindi assolutamente non decisive.

8. Con l’ottavo motivo – nullità della sentenza per violazione degli artt. 167,183,184,189,345 e 346 c.p.c. – la ricorrente censura il capo di pronuncia relativo alla decadenza di Isalpa dalle istanze istruttorie per non averle reiterate in sede di precisazione delle conclusioni, facendo valere che fosse mancato il rigetto di quelle istanze, mentre le pronunce in tema di rinuncia implicita erano relative a casi in cui era mancato un rigetto espresso e la richiesta non era stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni.

8.1 D motivo è infondato. La Corte d’Appello ha ravvisato la rinuncia nel fatto che, in occasione della precisazione delle conclusioni, erano state richiamate quelle di una memoria ex art. 183 c.p.c. che non conteneva alcuna istanza istruttoria. La sentenza è del tutto conforme al consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, nel caso in cui il giudice di primo grado non accolga alcune richieste istruttorie, la parte che le ha formulate ha l’onere di reiterarle al momento della precisazione delle conclusioni, poichè diversamente le stesse devono intendersi rinunciate e non possono essere riproposte in appello, neppure ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3 (Cass., 2, n. 15029 del 31/5/2019; Cass., 6-3, n. 3229 del 5/2/2019).

9. Conclusivamente il ricorso va rigettato. Non si dà luogo alla condanna al pagamento delle spese di lite perchè il controricorso di Organic Brand, B.G., B.W., Bio Toscana è tardivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Non si dà corso alla condanna alle spese per le ragioni indicate in motivazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, dopo trattazione in pubblica udienza, nella Camera di Consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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