Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33761 del 19/12/2019

Cassazione civile sez. III, 19/12/2019, (ud. 11/09/2019, dep. 19/12/2019), n.33761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 328-2018 proposto da:

P.A., Procuratore Speciale di COOPERATIVA AGRICOLA OTTO

MARZO SRL in persona del Legale Rappresentante e Presidente del

Consiglio di Amministrazione PO.LU., nonchè Procuratore

Speciale di VIN & ORGANIC PRODUCTS SRL in persona del legale

rappresentante e Presidente del Consiglio di Amministrazione

L.A., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIANA

PATTARO e ALBERTO PATTARO;

– ricorrenti –

contro

P.A., Procuratore Speciale di COOPERATIVA AGRICOLA OTTO

MARZO SRL in persona del Legale Rappresentante e Presidente del

Consiglio di Amministrazione PO.LU., nonchè Procuratore

Speciale di VIN & ORGANIC PRODUCTS SRL in persona del legale

rappresentante e Presidente del Consiglio di Amministrazione

L.A., domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato LUCIANA

PATTARO;

AVIVA ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore Delegato pro tempore

G.V., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

MONTEVERDE 162 presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ADRIANA MORELLI;

M.F. in proprio e quale titolare della ditta individuale

M. SUGHERI DI F.M., domiciliati ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCA AZZARITI;

– controricorrenti –

e contro

M. SUGHERI DI F.M. DITTA INDIVIDUALE;

– intimati –

Nonchè da:

M.F. in proprio e quale titolare della ditta individuale

M. SUGHERI DI F.M., domiciliati ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LUCA AZZARITI;

– ricorrente incidentale –

contro

AVIVA ITALIA SPA, in persona dell’Amministratore Delegato pro tempore

VITTORIO GIUSTI, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

MONTEVERDE 162 presso lo studio dell’avvocato GIORGIO MARCELLI che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ADRIANA MORELLI;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

VIN & ORGANIC PRODUCTS SRL, COOPERATIVA AGRICOLA OTTO MARZO SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2589/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/09/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

in subordine rigetto;

udito l’Avvocato ALBERTO PATTARO;

udito l’Avvocato GIORGIO MARCELLI;

udito l’Avvocato LUCA AZZARITI;

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 20/9/2004 la Società Cooperativa Otto marzo r.l. e la società Vin & Organic Products r.l. convennero, dinanzi al Tribunale di Verona, M.F., in proprio e nella qualità di titolare della ditta individuale M. Sugheri, perchè venisse accertata la responsabilità esclusiva e comunque solidale del convenuto per i fenomeni di ammaloramento di una partita di vino Valpolicella Doc Classico Superiore, verificatasi a fine novembre 2001, da ascriversi alla cattiva qualità dei tappi venduti, chiedendo la condanna a titolo di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale. M. si costituì in giudizio, resistendo alla domanda e formulando domanda riconvenzionale. Chiese ed ottenne di chiamare in causa la compagnia Aviva S.p.A. per essere manlevato in caso di soccombenza.

Il Tribunale di Verona, con sentenza n. 1301/2013, riconosciuto il difetto di legittimazione attiva di Vin Organic Products, qualificò la fattispecie quale contratto di vendita, rigettando la tesi attorea dell’esistenza di un contratto di somministrazione; dichiarò maturata la prescrizione della garanzia ex empto, ai sensi dell’art. 1495 c.c., comma 3, ritenendo insussistente il riconoscimento dei vizi da parte del convenuto; rigettò tutte le domande risarcitorie, sia di natura contrattuale sia aquiliana.

La Corte d’Appello di Venezia, adita dalle società soccombenti, con sentenza n. 2589/2016, per quel che ancora rileva in questa sede, ha confermato la prescrizione del diritto fatto valere dalla cooperativa, previa conferma della qualificazione del contratto quale vendita; ha ritenuto che il termine di prescrizione non fosse stato interrotto dalla missiva del 26/9/2001, proveniente da un soggetto non legittimato a disporre perchè privo di potere rappresentativo del M., nè da successivi atti, e che, tra l’ultima richiesta di risarcimento e la notifica dell’atto di citazione, fosse decorso più di un anno; ha ritenuto inesistente il riconoscimento dei vizi da parte del convenuto ma espressione di mera volontà conciliativa ed infondata la tesi che la domanda riconvenzionale del M. potesse, in forza del principio temporalia ad agendum perpetua ad eccipiendum, far recuperare il termine di prescrizione, valendo detto principio solo nel caso in cui si subisca l’azione; ha confermato la sentenza di primo grado in punto di carenza di prova del nesso eziologico tra i fenomeni di ammaloramento lamentati ed i sugheri forniti, ai fini di escludere la responsabilità extracontrattuale; ha ritenuto esaustive le conclusioni del CTU circa la mancanza di prova dell’imputabilità del danno al difetto originario dei tappi, peraltro non più reperibili; ha ritenuto infondata la doglianza relativa al difetto di legittimazione attiva di Vin Organic Products s.r.l.; ha conclusivamente rigettato l’appello e condannato le appellanti alle spese, anche in relazione ad Aviva S.p.A, rigettando, al riguardo, l’eccezione di inoperatività della polizza.

Avverso la sentenza la Società Cooperativa 8 marzo s.r.l. e Vin Organic Products s.r.l. propongono ricorso per cassazione, affidato a nove motivi. Resistono con distinti controricorsi M.F., che presenta anche ricorso incidentale condizionato, ed Aviva S.p.A.; le ricorrenti principali ed Aviva S.p.A. resistono al ricorso incidentale condizionato di M.F., con distinti controricorsi; M.F. propone ulteriore controricorso. Aviva Italia S.p.A. e la Società Agricola 8 marzo depositano anche memoria ex art. 378 c.p.c.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Sul ricorso principale di Cooperativa Agricola 8 marzo e Vin & Organic Products.

1.Con il primo motivo le ricorrenti censurano il mancato rilievo di un giudicato interno che si sarebbe formato su statuizioni della sentenza di primo grado escludenti l’imputabilità dei vizi a cause diverse dalla qualità dei tappi in sughero.

2. Con il secondo motivo censurano la sentenza per non aver rilevato la nullità della sentenza di primo grado per contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione, sempre con riguardo alle cause della colatura.

1/2 I motivi possono essere trattati congiuntamente perchè connessi e sono palesemente infondati. Non si è creato alcun giudicato interno sull’esclusione delle cause della colatura, diverse dal vizio originario dei tappi, in quanto l’interpretazione dell’affermazione secondo cui tra le varie, possibili cause di trafilamento, solo il vizio dei sugheri importerebbe la responsabilità del M., non implica certo il riconoscimento della sussistenza dei pretesi vizi e del nesso eziologico. Il Tribunale ha considerato dette cause estranee perchè, pure astrattamente ipotizzabili, non erano riconducibili al M. e non potevano assumere alcuna rilevanza ai fini del decidere in merito alla responsabilità di quest’ultimo: altra lettura delle suddette statuizioni volta a far valere un preteso giudicato interno è del tutto distorta e strumentale. Palesemente infondato è altresì il rilievo della pretesa contraddittorietà tra dispositivo e motivazione, avendo il giudice di primo grado logicamente argomentato sulla astratta configurabilità di altre concause diverse dal vizio dei sugheri ma sulla irrilevanza delle medesime ai fini del decidere in merito alla responsabilità del M..

3. Con il terzo motivo le ricorrenti lamentano la violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3 dell’art. 306 c.p.c., commi 1 e 3, dell’art. 36 c.p.c in relazione all’art. 1559 c.c. ed eventualmente in relazione all’art. 1495 c.c., comma 3. Sostengono che entrambi i giudici di merito abbiano errato nel ritenere che la domanda riconvenzionale, rispetto alla quale esse ricorrenti erano convenute, fosse stata rinunciata, dal momento che la rinuncia non era stata seguita dall’accettazione ex art. 306 c.p.c., commi 1 e 3 ed era dunque inefficace. In ogni caso esse ricorrenti, in quanto originariamente convenute in via riconvenzionale, assumono di poter esercitare il diritto alla garanzia ex empto senza limiti di tempo ai sensi dell’art. 1495 c.c., comma 3.

3. Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato. Inammissibile (ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1, n. 1) in quanto confonde la rinuncia al diritto soggettivo, atto giuridico adbicativo per la cui validità ed efficacia non si richiede alcuna accettazione ad opera delle controparti processuali ma la sola capacità giuridica del titolare del diritto azionato, con la rinuncia agli atti del giudizio per la quale si richiede accettazione (Cass., 12/10/2011 n. 23749, confermando un indirizzo consolidato, statuisce: “La rinuncia alla domanda, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’adozione di forme particolari, non necessita di accettazione della controparte ed estingue l’azione.”). Il motivo è, invece infondato, quanto alla violazione dell’art. 1495 c.p.c., comma 3, in quanto le società ricorrenti, pur convenute in via riconvenzionale per il pagamento di una fattura residua di tappi venduti, erano attrici nel giudizio risarcitorio, ed il principio temporalia ad agendum perpetua ad eccepiendum poteva paralizzare la domanda riconvenzionale ma non consentire alle società di ovviare all’intervenuta prescrizione dell’azione di risarcimento del danno, fermo restando che, nella compravendita, l’azione del compratore contro il venditore per far valere la garanzia ex art. 1495 c.c. si prescrive nel termine di un anno dalla consegna del bene compravenduto, indipendentemente dalla scoperta del vizio (Cass., 2, n. 11037 del 5/5/2017).

4. Con il quarto motivo lamentano la violazione dell’art. 112 c.p.c. in riferimento alla esclusa configurazione del contratto di somministrazione di cui all’art. 1559 c.c. nonchè in riferimento alla esclusa riconducibilità di Vi.Cl. e F.C., agenti e consulenti di M., alla sfera giuridica del medesimo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 ed alla pretesa nullità della sentenza d’appello ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

5. Con il quinto motivo le ricorrenti lamentano la mancata ammissione delle prove per interpello e testi volte a dimostrare l’avvenuta interruzione del termine di prescrizione per riconoscimento del diritto, con riguardo all’art. 2937 c.c., comma 3 all’art. 2944 c.c. all’art. 2731 c.c. in tema di confessione, artt. 1218 e 2697 c.c., artt. 61 e 62 c.p.c., artt. 112 e 115 c.p.c., 132 c.p.c., comma 2, art. 111Cost., comma 6 e art. 24 Cost., falsa applicazione dell’art. 1495 c.c., comma 3, nullità della sentenza di appello e mancata ammissione di mezzi istruttori volti a dimostrare il quantum debeatur.

4/5 I motivi sono inammissibili per plurimi e concorrenti profili. Innanzitutto perchè privi di specificità, in violazione dell’art. 366 c.p.c., nn. 3 e 6; in secondo luogo perchè attinenti, pur formulati nei termini di violazione di legge, alla motivazione su questioni coperte dalla cd. “doppia conforme”, quale ad esempio quella dell’esclusione del potere rappresentativo dei consulenti/agenti, censura preclusa dall’art. 348 ter c.c., u.c.. Sono altresì inammissibili perchè carenti di interesse in relazione alla mancata qualificazione del contratto quale somministrazione, in ragione del rinvio previsto dall’art. 1570 c.c. alle norme sulla vendita in tema di vizi e dunque in ragione dell’applicabilità, in ogni caso, dell’art. 1495 c.c., fermo restando che, in base alla giurisprudenza di questa Corte, l’accertamento compiuto dal giudice di merito circa l’esistenza di un contratto avente ad oggetto una pluralità di prestazioni ad un cliente da parte di un fornitore non può essere condizione sufficiente per configurare un contratto di somministrazione ove non sia individuata la connessione tra le prestazioni stesse, trattandosi di un contratto ad esecuzione continuata che si caratterizza come negozio unitario pur nel ripetersi degli atti di esecuzione (Cass., 2, n. 15189 dell’11/7/2011). I motivi sono altresì inammissibili perchè non correlati alla ratio decidendi, in relazione, ad esempio, alla mancata ammissione dei mezzi istruttori. Peraltro il giudizio dei Giudici di merito di inconferenza delle prove orali non è irragionevole a sol considerare che esse vertono sostanzialmente sulla circostanza che il convenuto avrebbe offerto, per chiudere la vertenza, una somma compresa tra Euro 35.000 ed Euro 40.000, laddove la Corte d’Appello, valutato il quadro probatorio complessivo, ha escluso che ci fosse riconoscimento del diritto ma la mera volontà di chiudere la vertenza. Peraltro la non riferibilità al convenuto delle proposte transattive relative alle somme di Euro 35.000/40.000 sembra confermata dalla circostanza che, in sede giudiziale, come rilevato dalle stesse ricorrenti, il M. offrì la ben diversa somma di Euro 10.000.

6. Con il sesto motivo la Società Agricola 8 marzo s.r.l. lamenta la violazione dell’art. 1218 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., art. 132 c.p.c., art. 111 Cost., comma 6 e art. 24 Cost. per avere l’impugnata sentenza invertito l’onere probatorio sulla sussistenza dei vizi lamentati, ponendo il relativo onere sulle società attrici in contrasto con le regole probatorie sulla responsabilità contrattuale.

6.1 Il motivo è inammissibile perchè non correlato alla ratio decidendi. Premesso che l’azione volta a far valere la responsabilità contrattuale è stata dichiarata prescritta, sicchè tale statuizione assorbe qualunque censura, neppure può essere fondatamente denunziata l’inversione dell’onere della prova perchè essa contrasta con la consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di garanzie per i vizi della cosa venduta, l’onere della prova dei difetti, delle conseguenze dannose e del nesso causale tra gli uni e le altre fa carico al compratore, mentre la prova liberatoria, incombente sul venditore, rileva solo quando la controparte abbia preventivamente dimostrato la denunciata inadempienza (Cass., 2, n. 18125 del 26/7/2013; Cass., 3, 31/7/2017n. 18947). Quanto all’assunto che il M. non avrebbe fornito la prova di aver venduto tappi di qualità super, è inammissibile perchè la questione, introdotta solo in appello, era nuova.

7. Con il settimo motivo le ricorrenti lamentano l’omesso esame di fatti decisivi ex art. 360 c.p.c., n. 5 oggetto di discussione tra le parti, consistenti nell’avere il CTU ritenuto condivisibili le osservazioni del CTP relative all’insufficienza del peso specifico del sughero e le conseguenze che detta insufficienza ha prodotto sul vino imbottigliato.

La sentenza sarebbe viziata per non avere il Giudice d’Appello esaminato tali profili tecnici ovvero per averli rigettati senza adeguata motivazione.

7.1 Il motivo è inammissibile perchè, nel perimetro della censura di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, rientra il solo omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio e non anche accertamenti e valutazioni tecniche. Premesso che il CTU ha aderito solo parzialmente all’ATP ed ha comunque fatto proprie le conclusioni del medesimo in ordine all’assenza di prova della riconducibilità del fenomeno della colatura a difetto originario dei tappi, la sentenza ha fatto proprie le conclusioni del CTU secondo le quali non era mai stato presente e mai analizzato un campione integro rientrante nella fornitura oggetto di indagine. Dunque non c’è stata alcuna pretermissione di un fatto decisivo ma la valutazione del materiale probatorio acquisito agli atti sicchè la censura si risolve nella richiesta di riesame nel merito della valutazione degli elementi probatori, preclusa a questa Corte.

8. Con l’ottavo motivo le ricorrenti lamentano la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., art. 132 c.c., comma 2, punto 4, artt. 112 e 115 c.p.c. per mancata formazione della prova critica con riferimento a pretesi elementi indiziari presenti in giudizio con riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e, sempre con riguardo allo stesso profilo di censura, la violazione degli artt. 132,112,115 e 116 c.p.c. con riguardo alla statuizione implicita di rigetto dei capitoli di prova volti a dimostrare la quantificazione dei danni ed il riconoscimento dei medesimi da parte del M..

Le ricorrenti lamentano che il Giudice avrebbe omesso di valutare plurimi elementi indiziari acquisiti al processo quali la proposta stragiudiziale di risarcimento dei danni redatta da persona priva del potere di rappresentare il M., la proposta dello stesso M. di pagare Euro 10.000, la rottura di 8 tappi su 18 durante le operazioni peritali di stappatura ed altri.

8.1 Il motivo è inammissibile sotto tutti i profili denunciati in quanto implica un riesame nel merito del materiale probatorio acquisito in giudizio non censurabile in questa sede. Premesso che i fatti descritti certamente non assurgevano al rango di elementi indiziari tali da consentire un ragionamento presuntivo basato su presunzioni gravi precise e concordanti, il Giudice ha correttamente escluso che i presunti riconoscimenti del vizio effettuati da agenti e consulenti potessero assumere tale valenza, non solo perchè non provenienti dal soggetto legittimato ma perchè svolti chiaramente nel tentativo di preservare i rapporti commerciali tra le parti. Ciò anche alla luce del fatto che le proposte di composizione bonaria della lite furono formulate dopo l’accertamento tecnico preventivo che aveva comunque escluso la prova dell’esistenza di vizi nei turaccioli, attribuendo la causa del fenomeno di trafilamento ad errori di imbottigliamento.

Quanto alla mancata rilevanza delle trattative circa l’effetto interruttivo della prescrizione, la sentenza è conforme alla consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, affinchè le trattative di amichevole composizione possano determinare l’interruzione della prescrizione ex art. 2944 c.c. deve desumersi con chiarezza il riconoscimento del contrapposto diritto di credito, non potendosi altrimenti attribuire a dette trattative l’efficacia interruttiva del termine (Cass., 3, n. 6034 del 6/3/2008; Cass., 3, n. 19872 del 29/9/2011 e Cass., 3, n. 18879 del 24/9/2015).

Nè si può tacere che le ricorrenti non svolgano censure sotto il profilo del vizio di motivazione, ma prospettino vizi di violazione di legge del tutto inammissibili perchè relativi ad un errore sul fatto: la giurisprudenza di questa Corte è del tutto consolidata nell’affermare che, in tema di valutazione delle prove, il principio del libero convincimento del giudice, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c. opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole deve avvenire attraverso il corretto paradigma normativo del vizio di motivazione nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv. dalla L. n. 134 del 2012 (Cass., 3, 12/10/2017n. 23940). Ed è altresì consolidata nel senso di ritenere insindacabile, se non sotto il profilo della motivazione, la scelta che il giudice del merito faccia in ordine all’individuazione delle fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere e bilanciare, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essa sottesi (Cass., 3, 26/6/2015n. 13203; Cass., 3, 18/6/2015 n. 1261; Cass., L, 23/2/2015 n. 3535, Cass., 8/5/2017 n. 11176).

9. Con il nono ed ultimo motivo di censura Vin & Organic Products s.r.l. lamenta la violazione dell’art. 183 c.p.c. in riferimento all’esclusione della propria carenza di legittimazione attiva, nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 100 c.p.c., art. 163 c.p.c., comma 3, punto n. 3, artt. 2907 e 2043 c.c., art. 112 c.p.c., artt. 111 e 24 Cost., art. 132 c.p.c.

La ricorrente lamenta che il Tribunale prima e la Corte d’Appello dopo abbiano sancito il proprio difetto di legittimazione attiva basandosi su un rigo delle conclusioni in cui sarebbe stato erroneamente indicato, per mero lapsus calami, il nome di Società Agricola Cooperativa 8 marzo al posto della corretta denominazione sociale. I giudici di merito avrebbero errato nel non considerare che, con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 5, la correzione era stata apportata.

9.1 Il motivo, in disparte profili di inammissibilità afferenti all’interpretazione della domanda giudiziale quale operazione riservata al giudice del merito e non censurabile da questa Corte se non sotto il profilo della motivazione, è comunque infondato.

La Corte d’Appello ha correttamente rilevato che la dedotta inversione della denominazione sociale non poteva ritenersi mero errore materiale, in ragione della circostanza che, nonostante l’eccezione fosse stata sollevata dalla M. Sugheri nella comparsa di costituzione e risposta, le attrici non avevano operato alcuna rettifica alla prima udienza, sicchè doveva escludersi che la sostituzione soggettiva nell’esercizio della pretesa azionata, quale effettuata con la prima memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6 potesse integrare una mera emendatio libelli.

Sul ricorso incidentale condizionato di M.F..

10. M.F. propone motivi di ricorso incidentale condizionato volti a far valere le domande e le eccezioni ritenute assorbite dalla impugnata decisione, in ordine:

1) alla propria domanda nei confronti della compagnia Aviva Italia S.p.A. volta a manlevarlo in caso di accoglimento della domanda proposta nei propri confronti;

2) alla eccezione di decadenza dell’acquirente dall’azione contrattuale per tardiva denuncia dei vizi della cosa acquistata;

3) all’eccezione di novità della domanda svolta dagli attori al fine di dimostrare che i tappi forniti appartenessero a diversa categoria merceologica;

4) all’eccezione di applicabilità comunque dei termini di prescrizione e decadenza della vendita anche in caso di qualificazione del contratto in termini di somministrazione;

5) all’inoperatività del principio temporalia ad agendum, perpetua ad eccipiendum;

6) all’eccezione di mancanza di prova e insussistenza dei lamentati danni;

7) alla sussistenza dell’obbligo di manleva a carico di Aviva, non solo in caso di responsabilità extracontrattuale di M. (come sembrerebbe ipotizzare la Corte d’Appello) ma anche in caso di responsabilità contrattuale.

10.1 Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse, in quanto volto a proporre censure che non sono dirette contro una statuizione della sentenza di merito ma a questioni sulle quali il giudice di appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che, in relazione a tali questioni, manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio in caso di annullamento della sentenza (Cass., 5, n. 22095 del 22/9/2017); l’ultimo motivo si appunta poi contro una pronuncia non decisiva, oltre che assolutamente oscura, posto che la condanna dei soccombenti a rifondere anche le spese di Aviva è corretta, alla luce del principio di causalità.

Sul cd. controricorso incidentale di Cooperativa e di Vin Products.

Il controricorso non costituisce un controricorso incidentale, certamente inammissibile, ma un controricorso al ricorso incidentale al quale non si deve pertanto replicare.

11. Conclusivamente il ricorso principale va rigettato, l’incidentale dichiarato inammissibile, le ricorrenti principali condannate in solido a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, in favore di M.F. e di Aviva S.p.A. Si dà atto dell’esistenza dei presupposti per il cd. “raddoppio” del contributo unificato a carico delle ricorrenti principali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale condizionato, condanna le ricorrenti principali in solido a pagare in favore di M.F. e di Aviva S.p.A. per ciascuno la somma di Euro 8.000 (oltre Euro 200 per esborsi), più accessori di legge e spese generali al 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, a seguito di udienza pubblica, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 19 dicembre 2019

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