Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33761 del 12/11/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/11/2021, (ud. 22/04/2021, dep. 12/11/2021), n.33761

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. VECCHIO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21888/2017 proposto da:

COMUNE DI BOFFALORA, con sede in (OMISSIS), alla (OMISSIS)

(C.F./P.Iva: (OMISSIS)), in persona del Sindaco p.t., rappresentato

e difeso, giusta procura in calce al ricorso rilasciata su Delib. di

Giunta 17 luglio 2017, n. 70, dall’Avv. Christian Califano (C.F.:

CLP CRS 72D20 P205F), ed elettivamente domiciliata presso lo studio

dell’Avv. Laura Rosa (C.F.: RSO TRA 65R69 II501B), in Roma, alla Via

Denza n. 20;

– ricorrente –

contro

TRE EMME S.R.L., con sede in (OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS) e P.Iva:

(OMISSIS)), in persona dell’amministratore unico M.A.,

rappresentata e difesa dall’Avv. Roberto Vellata, del Foro di Novara

(C.F.: VLLRRT62R20D872H) e dall’Avv. Stefano Fiore del Foro di Roma

(C.F. FRISIN54TO3H501V), e presso quest’ultimo domiciliata in Roma,

alla Via Giovanili Nicorera n. 29, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 2545/17/2017 emessa dalla CTR Lombardia in

data 08/06/2017 e notificata il 22/06/2017;

udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Andrea

Penta.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

La CTP di Milano, con sentenza n. 10397/2015, accoglieva parzialmente il ricorso della Tre Emme s.r.l., confermando l’avviso di accertamento limitatamente a mq. 251,20, con annullamento nel resto e con spese compensate, sul presupposto che mq. 4.390,71 per rifiuti in carta, pur se assimilati agli urbani con regolamento del Comune di Boffalora, venivano smaltiti in proprio dalla contribuente.

Avverso tale sentenza proponeva appello il Comune di Boffalora, precisando che, tenuto conto dello smaltimento, in proprio, dei rifiuti assimilati agli urbani effettuato dalla contribuente, a fronte dell’insediamento per una superficie di mq. 8.258,34, aveva effettuato una riduzione del 50%, tassando solo un’area di mq. 4.139,51.

Precisava che i rifiuti in carta – quali quelli della contribuente – erano stati espressamente assimilati agli urbani dal comune, con conseguente obbligo di pagare il tributo. Con memoria depositata il 4.5.2017, l’ente pubblico, ad ulteriore supporto della propria tesi, depositava sentenza n. 24886 del 6.12.16 della Corte di Cassazione che aveva ritenuto interamente tassabili le aree anche se il contribuente produceva rifiuti speciali smaltiti in proprio, mentre esso Comune aveva effettuato una riduzione del 50%, e sentenza n. 2194/17 resa dalla CTP di Milano, tra le medesime parti e per gli anni 2014 e 2015, che aveva respinto il ricorso proposto dalla Tre Emme.

Si costituiva l’appellata e precisava che i criteri di classificazione dei rifiuti erano previsti dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 184, ove, alla lett. g), veniva precisato che l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani era effettuata secondo i criteri di cui all’art. 195, comma 2, lett. e).

Deduceva che la Cassazione, con sentenza n. 9631 del 13.6.12, aveva chiarito che il regolamento comunale e/o la delibera di assimilazione doveva stabilire un limite quantitativo dei rifiuti, superato il quale il contribuente non poteva avvalersi del servizio pubblico di raccolta e smaltimento, e che, in mancanza di tale indicazione, il regolamento comunale e/o la delibera di assimilazione dovevano essere disapplicati. Sosteneva che il Regolamento del Comune di Boffalora era illegittimo poiché, mentre al comma 2 veniva indicato il limite quantitativo massimo di assimilazione, il successivo comma 3 precisava che erano comunque assimilati agli urbani i rifiuti che superavano il limite quantitativo di cui al comma precedente, per il che non veniva posto alcun limite al quantitativo degli stessi.

Con sentenza dell’8.6.2017, la CTR Lombardia rigettava l’appello, sulla base delle seguenti considerazioni:

1) premesso che la giurisdizione tributaria ha attribuito al giudice tributario il potere di disapplicare tutti gli atti amministrativi illegittimi costituenti il presupposto per l’imposizione, in tema di tassazione per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, la dichiarazione di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, prevista dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 21, comma 2, lett. g), impone la concreta individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei rifiuti speciali, poiché il materiale di scarto, in ragione del suo impatto ambientale, può essere valutato tenendo conto anche della sua quantità;

2) nel caso di specie, il Regolamento del Comune di Boffalora, all’art. 10, comma 3, precisava che “sono comunque assimilali agli urbani i rifiuti che superano il limite quantitativo di cui al comma precedente”, per il che tutti i rifiuti assimilati agli urbani erano assoggettati al tributo senza alcuna specificazione del quantitativo, così come invece richiesto dalla specifica normativa;

3) di conseguenza, il suddetto regolamento attuativo doveva essere ritenuto illegittimo e, per l’effetto, disapplicato, con la caducazione degli atti emanati in ragione di esso.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso il Comune di Boffalora, sulla basé di due motivi.

La Tre Emme s.r.l. ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’adunanza il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 649, (in materia di Tari) e del D.L. n. 201 del 2011, art. 14, comma 10 (in materia di Tares), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR riconosciuto la detassazione Tari in caso di smaltimento di rifiuti recuperati e non prodotti in proprio.

1.1. Il motivo è inammissibile.

Invero, non essendovene cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente avrebbe dovuto indicare con precisione in quale fase e con quale atto processuale avesse tempestivamente sollevato la questione.

In particolare, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (fra le tante, Sez. 2, Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019, Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019 e Sez. 2, Ordinanza n. 2193 del 30/01/2020).

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 158 del 1999, art. 3, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR riconosciuto la totale esenzione dal tributo, ivi compresa la quota fissa destinata al finanziamento dei servizi e dei costi indivisibili.

2.1. Il motivo è fondato.

La tariffa di igiene ambientale (TIA), cui è subentrata, per il solo 2013, la Tares e poi, dal 2014, la Tari, è composta di una quota fissa e di una variabile e, poiché la quota fissa è destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse dell’intera collettività, essa è sempre dovuta per intero sul mero presupposto del possesso o della detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità dei rifiuti concretamente prodotti dal singolo o al servizio effettivamente erogato in suo favore può incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa (Sez. 5, Ordinanza n. 14038 del 23/05/2019).

Secondo i criteri di commisurazione del prelievo, di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 4, la TIA è suddivisa in una parte fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio – ivi compreso quello dello spazzamento delle strade -, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti) ed in una parte variabile (rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all’entità dei costi di gestione).

I criteri di determinazione di tali due parti della TIA sono contenuti nel citato D.P.R. n. 158 del 1999, che prevede indici costruiti, tra l’altro, sulla quantità totale dei rifiuti prodotti nel Comune, sulla superficie delle utenze, sul numero dei componenti il nucleo familiare delle utenze domestiche, su coefficienti di potenziale produzione di rifiuti secondo le varie attività esercitate nell’ambito delle utenze non domestiche.

Ai sensi del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, comma 14, l’autonomo avviamento a recupero dei rifiuti, da parte del produttore di essi, non comporta l’esclusione dal pagamento dell’imposta, ma determina una riduzione proporzionale della sola parte variabile di tale tariffa, con una disposizione analoga al D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 67, comma 2, in tema di TARSU.

Come evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 238 del 2009, la TIA, a differenza della TARSU, ha la funzione di coprire il costo dei servizi di smaltimento concernenti i rifiuti non solo “interni”; cioè prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo che può avvalersi del servizio, ma anche “esterni”, quali i “rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico”, e quindi di coprire anche le pubbliche spese afferenti ad un servizio indivisibile, reso a favore della collettività e non riconducibile a un rapporto sinallagmatico con il singolo utente.

Tale differenza si ripercuote anche sull’entità del prelievo: mentre per la TARSU il gettito deve corrispondere ad un ammontare compreso tra l’intero costo del servizio ed un minimo costituito da una percentuale di tale costo, determinata in funzione della situazione finanziaria del Comune (D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 61, comma 1), per la TIA il gettito deve, invece, assicurare sempre l’integrale copertura del costo dei servizi.

3. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata con riferimento al motivo accolto, con rinvio, anche ai fini del governo delle spese del presente grado di giudizio, alla CTR Lombardia in diversa composizione, la quale si atterrà al principio secondo cui la quota fissa della TIA è dovuta sempre per intero, sul mero presupposto del possesso o detenzione di superfici nel territorio comunale astrattamente idonee alla produzione di rifiuti, in quanto destinata a finanziare i costi essenziali del servizio nell’interesse dell’intera collettività, mentre ogni valutazione in ordine alla quantità di rifiuti concretamente prodotti dal singolo, ed al servizio effettivamente erogato in suo favore, può incidere solo ed esclusivamente sulla parte variabile della tariffa.

PQM

La Corte:

– accoglie il secondo motivo, dichiara inammissibile il primo;

– cassa la sentenza impugnata con riferimento al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, tenutasi con modalità da -remoto, il 22 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 novembre 2021

 

 

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