Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3376 del 05/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 05/02/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 05/02/2019), n.3376

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9763-2017 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SUSA N 1,

presso lo studio dell’avvocato VITO CALABRESE, che lo rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANA ROMEO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato LUCIA PUGLISI;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 2319/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 18/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 3-18 ottobre 2016 numero 2319 la Corte d’Appello di Bari riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva accolto la domanda proposta da B.A., dipendente dell’INAIL, nei confronti del datore di lavoro per il pagamento delle prestazioni derivanti dall’infortunio in itinere subito in data 1 giugno 2005 mentre raggiugeva con la propria autovettura, partendo dalla abitazione in (OMISSIS), il luogo di lavoro in (OMISSIS); per l’effetto rigettava la domanda;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che ai sensi del D.L. n. 38 del 2000, art. 12, era indennizzabile l’infortunio occorso durante il “normale” percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate.

Per normale percorso si intendeva quello più breve e diretto nonchè delimitato entro un ragionevole arco temporale.

Dalla consulenza d’ufficio espletata nel grado di appello risultava che il percorso seguito dal B. non trovava ragionevole spiegazione sotto due distinti aspetti.

In primo luogo, esso non era il più breve; dalla comparazione tra il tragitto seguito e quello indicato dall’INAIL risultava che quest’ultimo avrebbe comportato un risparmio in termini di tempo pari a 12 minuti e di distanza tra l’abitazione e la sede lavorativa di 11 chilometri. Il rischio di tornanti – (che interessava un tratto di due soli chilometri del percorso più breve ed, alla stregua della documentazione fotografica, non risultava particolarmente allarmante) – non era tale da giustificare il diverso tragitto percorso, in assenza di indicazioni più specifiche (ad esempio, circa il tasso di incidenti in quel tratto o la natura della strada).

In secondo luogo era emerso che il B. in occasione del sinistro pur trovandosi sulla strada statale (OMISSIS) in direzione di (OMISSIS)(aveva effettuato irragionevolmente una deviazione all’altezza dello svincolo per (OMISSIS), immettendosi sulla strada provinciale (OMISSIS) in direzione di tale Comune. Ivi giunto, aveva poi proseguito lungo il (OMISSIS), fino a raggiungere la rotonda dove era avvenuto l’incidente.

La deviazione non era dipesa da una causa di forza maggiore, da esigenze improrogabili o dall’attuazione dì una direttiva del datore di lavoro.

Vi era, dunque, un’ipotesi di rischio elettivo, causato dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l’evento subito.

che avverso la sentenza ha proposto ricorso B.A., articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese l’INAIL con controricorso;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti -unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo. Ha assunto che il ragionamento della Corte territoriale – secondo cui il percorso più breve e diretto era quello indicato dall’INAIL – era fuorviante ed illogico. La scelta del percorso non era stata arbitraria ed ingiustificata: egli aveva preferito una strada più agevole e priva di tornanti, il che comportava un aggravio di tempo di poco più di dieci minuti. Alla luce della minima differenza con i percorsi alternativi non si poteva ritenere un aumento del rischio nè una deviazione arbitraria ed animata da finalità personali; più semplicemente, il percorso era stato scelto perchè ritenuto più congeniale per distanza, tempo e traffico del momento;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare la inammissibilità del ricorso;

che, invero, l’accertamento del giudice del merito della esistenza di una ipotesi “di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate” – escludente la copertura assicurativa a tenore del D.Lgs n. 38 del 2000, art. 12, applicabile ratione temporis – in ragione dell’apprezzamento del percorso “normale” e delle cause della deviazione da esso, costituisce accertamento di fatto censurabile in questa sede di legittimità nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione. Parte ricorrente, pur articolando il ricorso in termini di violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, non allega alcun fatto storico, oggetto di discussione tra le parti e di rilievo decisivo, non esaminato nella sentenza impugnata ma si limita a contestare la decisione assunta contrapponendo al giudizio espresso dal Collegio d’appello, in ordine alla sussistenza di una ipotesi di rischio elettivo, una diversa valutazione delle ragioni della deviazione dal percorso normale e della loro apprezzabilità e rilevanza. In tal modo sollecita questo giudice di legittimità ad un non-consentito riesame del merito;

che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere definito con ordinanza di inammissibilità in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.;

che le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, all’art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 2.500 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2019

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