Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3375 del 13/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3375 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANNA ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 20259-2011 proposto da:
PALAZZI MARIA PLAMRA41A70F915M, elettivamente domiciliata in ROMA, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. BALDUCCI
CATALDO, giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE 80078750587
in persona del Direttore Centrale delle Pensioni elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,
rappresentato e difeso dagli avvocati LUIGI CALIULO, ANTONELLA PATTERI,

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Data pubblicazione: 13/02/2014

R.G. n. 20259/11
Ud. 14.11.13
Palazzi c. INPS

SERGIO PREDEN, GIUSEPPINA GIANNICO, LIDIA CARCAVALLO, giusta

– resistente avverso la sentenza n. 2875/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI del 17.5.2010,
depositata il 08/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/11/2013 dal
Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MANNA;
udito per il resistente l’Avvocato Sergio Preden che ha chiesto il rigetto del ricorso.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. GIANFRANCO SERVELLO
che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO e MOTIVI DELLA DECISIONE
I – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione
ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c.:
it

1- Con ricorso al Tribunale di Bari Maria Palazzi, operaia agricola a tempo determinato,
ritenendo che la pensione di cui era titolare gli fosse stata erroneamente quantificata, conveniva in
giudizio l’INPS affinché detto trattamento pensionistico gli venisse riliquidato sulla base del
salario convenzionale pubblicato nell’anno successivo a quello in cui il lavoro era stato prestato.
Il Tribunale di Bari accoglieva la domanda.
L ‘INPS proponeva appello: lamentava l’istituto un’erronea applicazione, da parte del giudice di
prime cure, degli artt. 5 e 28 d.P.R. 27.4.68 n. 488 circa il sistema di calcolo delle pensioni a
carico dell ‘A.G.O., essendo stata la retribuzione pensionabile determinata sulla base delle
retribuzioni medie annualmente vigenti.
Con sentenza n. 2875/2010 la Corte d’appello di Bari accoglieva il gravame, per l’effetto
rigettando la domanda della Palazzi.
2. — Costei propone ricorso per cassazione deducendo violazione degli artt. 5 e 28 d.P.R. n.
488/1968, dell’art. 3 legge n. 457/1972, dell’art. 45 co. 21 legge n. 144/99, dell’art. 14 legge n.
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procura in calce al ricorso notificato;

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Palazzi c. INPS

153/62, dell’art. 26 co. 3 legge n. 160/75, dell’art. 3 d.lgs. n. 503/92, dell’art. 3 commi 8, 9 e 10
legge n. 297/82, e chiede sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell ‘art. 2 co. 5 legge

2.1 — L ‘INPS non ha svolto attività difensiva.
3 — Il ricorso è manifestamente infondato.
Questa S.C., rimeditando il precedente orientamento espresso con sentenza n. 2377/2007, è ormai
più volte pervenuta alla conclusione che, in tema di pensione di vecchiaia degli operai agricoli a
tempo determinato, la retribuzione pensionabile per gli ultimi anni di lavoro va calcolata
applicando l’art. 28 d.P.R. 27.4.1968 n. 488 e, dunque, in forza della determinazione operata anno
per anno da apposito decreto ministeriale sulla media delle retribuzioni fissate dalla contrattazione
provinciale nell’anno precedente.
Ciò trova conferma – oltre che nell ‘impossibilità di rinvenire un diverso e più funzionale sistema
di calcolo, che non pregiudichi l’equilibrio stesso della gestione previdenziale di settore – anche
nella disposizione di cui all’art. 45 co. 21 legge n. 144/1999, che nell’interpretare autenticamente
l’art. 3 legge n. 457/1972 concernente le prestazioni temporanee in favore dei lavoratori agricoli,
ha inteso estendere ai lavoratori agricoli a tempo determinato l’applicazione della media della
retribuzione prevista dai contratti collettivi provinciali vigenti al 30 ottobre dell’anno precedente
prevista per i salariati fissi, così da ricondurre l’intero sistema ad uniformità, facendo operare, ai
fini del calcolo di tutte le prestazioni, le retribuzioni dell’anno precedente (v., e pluribus, Cass.
30.1.09 n. 2531, Cass. 23.2.09 n. 4355 e le successive pronunce di questa S. C., tutte conformi).
Deve ritenersi superato il dubbio che il richiamo all’interpretazione autentica data dal cit. art. 3
legge n. 144/99 non sia pertinente in quanto l’interpretazione stessa è testualmente riferita alla
“determinazione della retribuzione media da porre a base per la liquidazione delle prestazioni
temporanee per gli operai agricoli a tempo determinato” e non anche delle prestazioni
previdenziali: infatti, la legge 23.12. 2009 n. 191 ha reiterato l’interpretazione autentica
precisando che “la L. 8 agosto 1972, n. 457, art. 3, comma 3, si interpreta nel senso che il termine
ivi previsto del 30 ottobre per la rilevazione della media tra le retribuzioni per le diverse qualifiche
previste dai contratti collettivi provinciali di lavoro ai fini della determinazione della retribuzione
media convenzionale da porre a base per le prestazioni pensionistiche e per il calcolo della

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191/09 in riferimento agli artt. 3, 38 e 53 Cost.

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contribuzione degli operai agricoli a tempo indeterminato è il medesimo di quello previsto alla
citata L. n. 457 del 1972, art. 3, comma 2 per gli operai a tempo indeterminato”.

affermato dalla giurisprudenza di questa Corte.
Né sussistono margini per sollevare l ‘incidente di legittimità costituzionale dell ‘art. 2, comma 5,
di detta legge 23.12.2009 n. 191 sollecitato da parte ricorrente, atteso che con sentenza n.
257/2011 la Corte cost. si è già pronunciata a riguardo, dichiarando non fondata la relativa
questione proposta con riferimento agli artt. 3, 111, primo e secondo comma, 117, primo comma,
Cost., in relazione agli artt. 6 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
Né la questione può essere oggi riproposta in relazione agli ulteriori parametri degli artt. 3 e 24
Cost. (già in sostanza esaminati dalla cit. sentenza n. 257/2011) o dell’art. 38 Cost.
Infatti, I ‘art. 38 Cost. non vincola il legislatore ad un dato sistema di calcolo della retribuzione a
fini pensionistici.
Né potrebbe sollevarsi una questione che facesse leva su un contrasto con gli artt. 101, 102 e 104
Com. in quanto ostativi a una norma di interpretazione autentica tale da snaturare l’originario
portato precettivo da interpretare, attribuendogli un significato estraneo a quelli in origine
autorizzati dal testo normativo ed intervenendo su un tema scevro da incertezze ermeneutiche, con
conseguente violazione delle prerogative costituzionali del potere giudiziario.
Ebbene, la cit. sentenza n. 257/2011 della Corte cost si è già pronunciata a riguardo con il dire
che “I ‘opzione ermeneutica prescelta dal legislatore non ha affatto introdotto nella disposizione
interpretata un elemento ad essa del tutto estraneo, ma si è limitata ad assegnarle un significato
riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario. Il che è reso evidente dai
contrastanti orientamenti della giurisprudenza di legittimità, di cui la medesima ordinanza di
rimessione dà conto e che sono anteriori alla norma censurata”.
Il fatto, poi, che non esistesse contrasto interpretativo è smentito dal rilievo che la sopra
ricordata sentenza 30.1.09 n. 2531 di questa S. C., che era andata in contrario avviso rispetto al
precedente arrét costituito da Cass. n. 2377/07 (oltre che da Cass. n. 3212/07), è anteriore alla
norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 2, comma 5, di detta legge n. 191/2009.

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Tale ultimo intervento del legislatore rafforza ulteriormente il principio più recentemente

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Dunque, proprio a livello di legittimità esisteva una situazione di oggettiva incertezza del dato
normativo.

PROPONE
il rigetto del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 n. 5 c.p.c.”.
Il – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano del tutto condivisibili,
siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza
il presupposto dell’art. 375 n. 5 c.p.c. per la definizione camerale del processo.
III – Conseguentemente, il ricorso va rigettato.
IV — Non è dovuta pronuncia sulle spese, non avendo l’INPS svolto attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte
rigetta il ricorso. Nulla spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14.11.13.

4- Per tutto quanto sopra considerato, si

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