Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33746 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 03/07/2019, dep. 18/12/2019), n.33746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22130-2018 proposto da:

CONDOMINIO DI TRIESTE (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE FRACASSINI 4,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA D’ORSI, rappresentato e

difeso dall’avvocato CARMINE PULLANO;

– ricorrente –

contro

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

STEFANIA PISANI;

– controricorrente -c

avverso la sentenza n. 242/2018 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 25/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 3/7/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CARRATO

ALDO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Condominio di Trieste (OMISSIS) proponeva, con atto di citazione notificato il 26 ottobre 2016, impugnazione per revocazione – ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 – della sentenza n. 589/2016 della Corte di appello di Trieste, con la quale era stato accolto – in relazione ad una causa concernente il riconoscimento del compenso relativo allo svolgimento di un’opera professionale nell’interesse del predetto Condominio – l’appello dell’ing. V.M., con la condanna del medesimo Condominio al pagamento del compenso nella misura di Euro 16.051,11, oltre accessori di legge, e alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.

L’impugnazione per revocazione formulata dinanzi alla stessa Corte di appello di Trieste era fondata sull’asserito errore di fatto in cui si riteneva che fosse incorso il giudice di appello, consistito nell’aver detratto dal dovuto unicamente l’acconto di Euro 2.700,00, omettendo invece di considerare quello di Euro 13.100,00, pacificamente corrisposto e risultante dagli atti di causa, deducendosi, però, che lo stesso giudice non si era avveduto del fatto che la relazione tecnica aveva valutato in Euro 18.751,11 le competenze spettanti per l’intera attività professionale compiuta, con la conseguente richiesta della riduzione del compenso ancora dovuto in quello di Euro 2.951,11, con compensazione totale o parziale delle spese del giudizio.

Nella costituzione del resistente, la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 242/2018, dichiarava l’inammissibilità della domanda di revocazione, escludendo che, nella fattispecie, si fosse configurato propriamente un caso di errore di fatto.

Avverso l’indicata sentenza della Corte triestina ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, il menzionato Condominio di Vicolo delle rose, al quale ha resistito con controricorso il V.M..

Con la formulata censura il suddetto Condominio ha denunciato l’erroneità dell’impugnata decisione con la quale era stata esclusa la configurabilità come errore di fatto assoggettabile a revocazione quello dedotto – nei termini poc’anzi richiamati – dinanzi alla Corte di appello di Trieste.

Su proposta del relatore, il quale riteneva che il motivo potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio, in prossimità della quale di difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi del citato art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Rileva il collegio che il proposto motivo è – conformemente alla menzionata proposta – infondato e deve, perciò, essere respinto.

Per come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, la sentenza impugnata per revocazione non avrebbe potuto considerarsi affetta da un’omissione di computo riconducibile propriamente ad un errore di fatto, bensì aveva costituito il frutto di una valutazione – dipendente dall’apprezzamento delle risultanze processuali – relativa all’imputazione di un pagamento del compenso dovuto in favore dell’ing. V. in senso contrario a quello prospettato dal ricorrente Condominio, e ciò, in particolare, con riferimento al titolo del pagamento dell’importo di Euro 13.110,00, che il professionista aveva ritenuto come riconducibile ad un saldo per la prima fase dell’attività svolta, mentre il Condominio aveva sostenuto che esso andasse considerato come acconto per l’intera attività professionale svolta.

Pertanto, la Corte triestina ha giustamente escluso che ricorresse un’ipotesi di errore materiale quello da ricondursi propriamente al risultato di un percorso valutativo compiuto nell’impugnata sentenza, trattandosi, invero, di un apprezzamento di merito sulla base di determinati presupposti fattuali consapevolmente accertati sulla scorta delle acquisite emergenze processuali e compiuto, peraltro, relativamente ad un fatto che aveva costituito un punto controverso sul quale la sentenza stessa ebbe a pronunciare (e non, quindi, su un fatto rimasto incontroverso, come invece impone l’art. 395 c.p.c., n. 4).

E’, quindi, rispondente ai principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte la soluzione adottata nella sentenza qui impugnata, poichè l’errore di fatto denunciabile in sede di revocazione è quello che ricorre nel caso in cui la decisione sia frutto di un’erronea percezione della realtà, dando luogo al contrasto tra quanto rappresentato nella sentenza e le oggettive risultanze degli atti processuali; pertanto, tale rimedio non è ammissibile qualora si prospettino vizi del provvedimento decisorio che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico o – come nel caso trattato – su quello squisitamente valutativo relativo all’apprezzamento di merito delle risultanze probatorie (cfr., ad es., Cass. n. 14267/2007 e Cass. n. 7778/2017).

E’, inoltre, pacifico che, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto (che si asserisca essere) oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice. Alla stregua delle argomentazioni svolte il ricorso deve, quindi, essere respinto, con la conseguente condanna del Condominio ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo (v. Cass. n. 27094/2011 e, da ultimo, Cass. n. 9527/2019).

Sussistono, inoltre, le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 1 e 17, che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario al 15 % ed accessori nella misura e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte di cassazione, il 3 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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