Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3374 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. III, 12/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 12/02/2020), n.3374

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1832-2018 proposto da:

B.N., domiciliato ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato CRISTIANA SOLLAZZO;

– ricorrente –

contro

P.E., domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato FRANCESCO MARZULLO;

– controricorrente –

e contro

G.D. (DECEDUTO);

– intimato –

avverso la sentenza n. 4979/2017 del TRIBUNALE di BARI, depositata il

30/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/11/2019 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.N. ricorre per la cassazione della sentenza del Tribunale di Bari n. 4979 del 2017 che ha rigettato la sua domanda volta ad ottenere nei confronti di G.D., proprietario dell’appartamento sovrastante, il risarcimento del danno conseguente ad infiltrazioni d’acqua su due suoi terrazzi sottostanti. Il Tribunale, per quel che ancora qui di interesse, ha ritenuto che la domanda risarcitoria non potesse essere accolta per difetto di prova della titolarità del diritto in capo all’attore appellante, e cioè per difetto di prova della proprietà del bene quale elemento costitutivo della domanda risarcitoria. Ad avviso del giudice, per ottenere il risarcimento del danno relativo alle infiltrazioni su terrazzi di sua proprietà, trattandosi di terrazzi “aggettanti”, di proprietà dell’attore e dunque sottratti alla disciplina dell’art. 1125 c.c., l’attore avrebbe dovuto provare per l’appunto il diritto di proprietà sui beni danneggiati, essendo detto diritto di proprietà non quello vantato in giudizio ma un fatto costitutivo della domanda. Nè, ad avviso del giudice, poteva ritenersi che il convenuto, svolgendo le proprie difese sul merito delle questioni senza sollevare eccezioni in ordine alla titolarità del diritto fatto valere in giudizio, abbia in qualche modo omesso di contestare il presupposto della domanda con ciò consentendo la formazione di un giudicato interno, in quanto) sulla questione della titolarità del diritto azionato in giudizio, sulla base della giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte, deve ritenersi che essa non appartenga al potere dispositivo delle parti e che dunque sia soggetta alle preclusioni ex art. 167 c.p.c., ma che costituisca una mera difesa, dunque sollevabile in qualunque fase del giudizio e rilevabile d’ufficio dal Giudice. (Cass., U, n. 226 del 25/5/2001). Riformando la sentenza di primo grado che aveva, invece, accolto la domanda risarcitoria il Giudice d’Appello ha altresì pronunciato sull’obbligo dell’attore di restituire le somme indebitamente pagate, sorgendo detto obbligo restitutorio ex art. 336 c.p.c., quale effetto consequenziale della riforma della sentenza. Ha infine disposto la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

Avverso la sentenza B.N. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi. Resiste P.E., erede del defunto G.D., con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo denuncia la nullità della sentenza impugnata e del procedimento per violazione degli artt. 112,329,346 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ad avviso del ricorrente la sentenza sarebbe viziata da extrapetizione per aver omesso di rilevare l’avvenuta formazione del giudicato interno sulla questione della titolarità del diritto in capo all’attore. Rispetto alla originaria domanda risarcitoria il convenuto non avrebbe mai sollevato alcuna eccezione nè difesa, neppure implicita, mostrando di fare piena acquiescenza al capo di sentenza relativo alla titolarità del diritto azionato in capo all’originario attore. Il ricorrente afferma che la questione del difetto di titolarità sia sorta solo dopo 13 anni di giudizio quando la questione mai era stata sollevata con alcuna difesa. Ad avviso del ricorrente la titolarità del diritto azionato in giudizio avrebbe dovuto costituire oggetto di eccezione in senso stretto della parte interessata a sollevarla, soggetta alle preclusioni processuali di cui all’art. 167 c.p.c. e, non avendo la parte interessata sollevato alcuna impugnazione al riguardo, sarebbe decaduta dal diritto di sollevare la stessa questione in appello.

1.1 Il motivo è fondato nei sensi di cui in motivazione. Sebbene non possa aderirsi alla impostazione difensiva del ricorrente in ordine alla appartenenza della titolarità del diritto al potere dispositivo delle parti con la conseguente natura di eccezione in senso stretto della relativa questione, in quanto la giurisprudenza di questa Corte è ormai del tutto consolidata nel senso opposto a quello prospettato dal ricorrente, e cioè nel senso che la questione della titolarità del diritto, in quanto elemento costitutivo della domanda, deve sussistere senza ombra di dubbio sicchè sulla questione è possibile eccepire una mera difesa in ogni stato e grado del giudizio, in ogni caso il Giudice d’Appello ha omesso di considerare che, sul punto, si era formato un giudicato interno perchè il convenuto non aveva mai sollevato l’eccezione relativa alla titolarità del diritto, nè in primo grado nè in grado di appello dove avrebbe potuto contestare la titolarità del diritto in sede di appello incidentale. La giurisprudenza che sottrae al potere dispositivo delle parti la questione della titolarità del diritto, consentendo al Giudice di rilevare l’eventuale difetto in ogni stato e grado del giudizio, non prescinde, infatti, dall’eventuale formazione del giudicato. Si veda sul punto Cass., U, n. 2951 del 16/2/2016: “La titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, sicchè spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento, o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione, da parte del convenuto”.

2. Con il secondo motivo – violazione di legge per mancata o falsa applicazione degli artt. 112,115,167,329,345,346 c.p.c. e art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti in violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – insiste nella tesi già esposta nel precedente motivo declinandola specificamente con riguardo alla natura di mera eccezione della questione attinente alla titolarità del diritto quale elemento costitutivo del diritto azionato in giudizio. L’unico profilo in relazione al quale il motivo merita accoglimento, per le ragioni già esposte con riguardo al motivo precedente, è la violazione del principio di non contestazione da parte della Corte territoriale con riguardo a quanto dedotto nell’appello incidentale del G. che, essendosi limitato a discutere della sola percentuale del concorso colposo tra le parti nella produzione del danno, ha evidentemente prestato acquiescenza e riconoscimento implicito alla titolarità del diritto in capo al B..

3. Con il terzo motivo di ricorso – violazione e falsa applicazione dell’art. 1125 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – censura la sentenza nella parte in cui ha omesso di considerare che i terrazzi sui quali si sono verificate le infiltrazioni facevano parte integrante dell’immobile, essendo stata la veranda chiusa e condonata, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 1125 c.c.

4. Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 112,190,329 e 336 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 denunciando l’impugnata sentenza nella parte in cui ha disposto circa l’obbligo restitutorio delle somme nel frattempo indebitamente pagate al B. quale pronuncia consequenziale ai sensi dell’art. 336 c.p.c. in ragione della riforma della sentenza, in assenza di un’esplicita domanda in tal senso formulata da controparte.

3-4 Il terzo ed il quarto motivo restano assorbiti dall’accoglimento dei primi due.

5. Conclusivamente il ricorso va accolto con riguardo ai primi due motivi del ricorso, assorbiti il terzo ed il quarto, la sentenza cassata in relazione e la causa rinviata per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, al Tribunale di Bari in persona di diverso magistrato.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti il terzo ed il quarto, cassa l’impugnata sentenza in relazione e rinvia la causa al Tribunale di Bari, in persona di diverso magistrato, per nuovo esame ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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