Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33739 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 18/12/2019), n.33739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 13252/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

I.F.A. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

rappresentato e difeso, per procura speciale in atti, dal Prof. Avv.

Giuseppe Tinelli, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via di Villa Severini, n. 54;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia – sezione staccata di Siracusa, n. 345/16/11, depositata in

data 29 novembre 2011;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 5 novembre

2019 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

Fatto

RILEVATO

che:

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia – sezione staccata di Siracusa, n. 345/16/11, depositata in data 29 novembre 2011, che ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Siracusa, che aveva accolto il ricorso della contribuente I.F.A. s.r.l. contro la cartella di pagamento portante l’iscrizione, a titolo definitivo, dell’importo di cui all’atto di recupero, per insussistenza dei necessari requisiti e presupposti, del credito d’imposta conseguente all’agevolazione prevista dalla L. n. 388 del 2000, art. 8, per i nuovi investimenti in aree svantaggiate, eseguiti nei periodi d’imposta dal 2002 al 2005 e nel 2007.

2. La sentenza impugnata ha così motivato il rigetto dell’appello dell’Ufficio: “Nella fattispecie in esame, ai sensi del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e ter, convertito dalla L. n. 156 del 2005, il termine entro il quale il concessionario alla riscossione avrebbe dovuto notificare alla società contribuente la cartella di pagamento, in riferimento all’anno 2002, era spirato il 31.12.2006. Tardiva è pertanto la notifica dell’atto di recupero eseguita dall’ufficio una prima volta il 16 e 19 maggio 2008 ed una seconda volta il 10 luglio 2008.”.

3. La società contribuente si è costituita con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente Agenzia denuncia la “violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e ter, convertito dalla L. n. 156 del 2005, del combinato disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421 e 422, del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 16, convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25”.

Nella sostanza, la ricorrente lamenta che il giudice a quo avrebbe errato nell’applicare alla fattispecie sub iudice i termini, entro i quali deve essere notificata, a pena di decadenza, la cartella di pagamento, dettati dal D.L. 17 giugno 2005, n. 10, art. 1, commi 5-bis e 5-ter, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, che così dispone:

“5-bis. Al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, la notifica delle relative cartelle di pagamento è effettuata, a pena di decadenza:

a) entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate a decorrere dal 1 gennaio 2004;

b) entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate negli anni 2002 e 2003;

c) entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, con riferimento alle dichiarazioni presentate fino al 31 dicembre 2001.

5-ter. In conseguenza di quanto previsto dal comma 5-bis e al fine di conseguire, altresì, la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi e dell’imposta sul valore aggiunto:

a) al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) l’art. 17 è abrogato;

2) all’art. 25, comma 1, le parole da: “l’ultimo giorno del dodicesimo mese” fino a: “straordinario” sono sostituite dalle seguenti: “il 31 dicembre:

a) del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis;

b) del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-ter;

c) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio”;”.

Assume infatti la ricorrente che le disposizioni appena citate si riferiscono esclusivamente alla notifica delle cartelle di pagamento riproduttive di iscrizioni a ruolo conseguenti alla liquidazione della dichiarazione del contribuente, D.P.R. n. 600 del 1973 ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972 ex art. 54-bis.

Viceversa, al caso di specie, secondo la ricorrente, dovrebbe applicarsi la L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 421 e 422, che così dispone:

“421. Ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 31 e seguenti e successive modificazioni, nonchè quelli previsti dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 51 e seguenti e successive modificazioni, per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60. La disposizione del primo periodo non si applica alle attività di recupero delle somme di cui al D.L. 20 marzo 2002, n. 36, art. 1, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 maggio 2002, n. 96, e al D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, art. 1, comma 2, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2003, n. 27. 422. In caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.”.

Il richiamato D.P.R. n. 602 del 1973, a sua volta, all’art. 25, comma 1, lett. c), prevede che:

“1. Il concessionario notifica la cartella di pagamento ai debitore iscritto a ruolo o al coobbligato nei confronti dei quali procede, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre:

c) del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.”

Inoltre, rileva la ricorrente il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 16, convertito dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2, stabilisce che:

“16. Salvi i più ampi termini previsti dalla legge in caso di violazione che comporta l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p. per il reato previsto dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-quater, l’atto di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 421, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.”.

Il complesso di tali disposizioni, secondo la ricorrente, le attribuiva innanzitutto il potere di emanare l’atto di recupero per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati e di notificarlo alla contribuente a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.

Pertanto, poichè i crediti d’imposta in questione erano stati indebitamente utilizzati a partire dal 2002, la notifica del relativo atto di recupero, avvenuta il 10 luglio 2008, aveva impedito che maturassero i termini decadenziali (“entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo”) di cui al citato D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 27, comma 16.

Inoltre, atteso che l’atto di recupero non era stato impugnato, la conseguente cartella di pagamento doveva essere notificata alla contribuente entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento era divenuto definitivo.

Pertanto, la notifica della cartella de qua, avvenuta l’11 giugno 2009, aveva evitato la decadenza conseguente al mancato rispetto del termine di cui all’art. 25, comma 1, lett. c).

Tutto ciò premesso, avrebbe quindi errato la sentenza impugnata, laddove afferma, in contrasto con la predetta ricostruzione normativa, che: ” nella fattispecie in esame, ai sensi del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5 bis e ter, convertito dalla L. n. 156 del 2005, il termine entro il quale il concessionario alla riscossione avrebbe dovuto notificare alla società contribuente la cartella di pagamento, in riferimento all’anno 2002, era spirato il 31.12.2006. Tardiva è pertanto la notifica dell’atto di recupero eseguita dall’ufficio una prima volta il 16 e 19 maggio 2008 ed una seconda volta il 10 luglio 2008.”.

1.1. Il motivo, al contrario di quanto eccepito dalla controricorrente, è autosufficiente ed ammissibile, poichè l’esposizione sommaria dei fatti di causa contenuta nel ricorso, pur omettendo circostanze rilevanti emerse nel contenzioso di merito, appare tuttavia sufficiente ai fini dell’individuazione del vizio denunciato e della verifica della sua sussistenza, quanto meno nei limiti che subito si esporranno. Infatti, già la sola lettura della trascritta motivazione della sentenza impugnata evidenzia un palese ed ingiustificato non sequitur logico-giuridico, atteso che, nell’accertare, a seguito di eccezione della contribuente, la decadenza dell’Amministrazione in conseguenza dell’asserito mancato rispetto del termine dettato dal D.L. 17 giugno 2005, n. 10, art. 1, commi 5-bis e 5-ter, convertito dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, entro il quale doveva essere notificata, a pena di decadenza, la cartella di pagamento, prende invece in considerazione la data (o meglio, una serie di date, comunque tutte collocate nell’anno 2008) di notifica dell’atto di recupero, che, come emerge nella stessa sentenza impugnata, nel caso di specie era l’atto presupposto sul quale si fondava la predetta cartella.

Così operando, pertanto, la C.T.R., al fine di decidere in ordine al verificarsi o meno della decadenza, ha confuso atti, l’avviso di recupero e la cartella di pagamento che ad esso è conseguita, e quindi termini decadenziali (dal potere di accertamento e dal potere di riscossione) che, nella sequenza procedimentale del caso sub iudice, erano oggettivamente distinti, come del resto risulta dalla stessa parte espositiva della sentenza impugnata.

Nè, peraltro, la rilevata incongruenza trova giustificazione in una qualificazione giuridica, da parte del giudice a quo, dell’atto di recupero del credito di imposta, concesso ai sensi della L. n. 388 del 2000, art. 8, diversa da quella affermata già da questa Corte, che ha ritenuto la sostanziale equiparazione tra tale atto accertativo della pretesa tributaria, con natura impositiva, e l’avviso di accertamento (cfr. Cass. n. 15634 del 2014 e n. 19561 del 2014), con la conseguenza che anche il potere di recupero del credito di imposta, come il potere di accertamento fiscale, è sottoposto ad un proprio termine di decadenza, il cui dies a quo deve essere individuato nel tempo dell’effettivo utilizzo del credito d’imposta (Cass., 22/07/2016, n. 15186, anche in motivazione). Ed invero, anche con riferimento a tale ultimo aspetto, la sentenza impugnata neppure giustifica, in diritto, le ragioni per cui la rilevazione della decadenza, estesa ad una cartella esattoriale che nella stessa decisione si dice relativa a crediti d’imposta per diverse annualità (2002, 2003, 2004, 2005 e 2007), sia stata invece parametrata solo all’anno 2002.

La rilevazione dell’incongrua correlazione, posta a base della decisione impugnata, tra violazione dei termini decadenziali per la notifica della cartella di pagamento e tempo di notifica dell’atto di recupero da quest’ultima presupposto, assorbe ogni altro aspetto della medesima questione (compreso quello relativo alla rilevanza dell’impugnazione dell’atto di recupero) e della controversia.

Pertanto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rimessa al giudice a quo affinchè, nel rispetto dei principi indicati, proceda a nuova decisione, previo ogni accertamento in fatto necessario, in ordine ad ogni questione rimasta assorbita.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia-sezione staccata di Siracusa, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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