Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33735 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 05/11/2019, dep. 18/12/2019), n.33735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRUCITTI Roberta – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24866/2015 R.G., proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e

difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici, in

Roma, in via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

G.M., rappresentato e difeso dall’Avv. Francesco Tagliabue

(in sostituzione del precedente difensore Dante Venco, che ha

rinunciato al mandato), che dichiara di voler ricevere le

notificazioni e comunicazioni relative al procedimento all’indirizzo

P.e.c. francesc.tagliabue.como.pecavvocati.it, presso il cui studio,

in Como, in piazzale Gerbetto n. 6, è domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3194/2014 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 16 giugno del 2014 e

notificata il 4 luglio dello stesso anno.

Udita la relazione, svolta nella Camera di Consiglio del 5 novembre

2019 dal Consigliere Andreina Giudicepietro.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con tre motivi di ricorso, avverso la sentenza n. 3194/2014 della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia (di seguito C.T.R.), depositata il 16 giugno 2014 e notificata il 4 luglio 2014, che, in controversia relativa alla impugnazione degli avvisi di accertamento, notificati dall’Agenzia delle Entrate di (OMISSIS) per Irpef e altro per agli anni di imposta 2004, 2005, 2006 e 2007, in relazione alla detenzione in Svizzera di disponibilità finanziarie, costituite attraverso la complessa operazione indicata nella sentenza, accoglieva l’appello del contribuente, riformando la sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Como;

2. la C.T.R., con la sentenza impugnata, sosteneva che: gli atti relativi all’anno di imposta 2008 fossero stati annullati dall’Ufficio in autotutela e, quindi, questo periodo di imposta non era più oggetto del contenzioso; fossero fondati i primi due motivi dell’appello, con cui la parte appellante aveva contestato l’inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite e dedotto che l’Ufficio non avesse provato quanto riportato negli avvisi di accertamento, in relazione all’esistenza di un deposito in Svizzera di attività economiche riferibili al Sig. G.; comunque, il D.L. n. 78 del 1999, art. 12, non potesse essere applicato ai fatti di causa precedenti alla sua entrata in vigore;

3. a seguito del ricorso, il Sig. G.M. resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 5 novembre 2019, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.1. preliminarmente, deve rilevarsi l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità del ricorso;

secondo il controricorrente, l’Agenzia delle Entrate non avrebbe impugnato la ratio decidendi relativa all’insufficienza del quadro indiziario a sostegno della pretesa impositiva;

quindi, l’eventuale accoglimento del ricorso, con riferimento ai motivi proposti, non inciderebbe sulla ratio decidendi non censurata, per cui l’impugnata sentenza resterebbe pur sempre fondata, del tutto legittimamente, su di essa;

deve, però, rilevarsi che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia si duole proprio della mancata considerazione dell’insieme degli elementi indiziari, ai fini della valutazione della prova presuntiva della fondatezza della pretesa tributaria;

inoltre, il controricorrente deduce che l’Agenzia delle Entrate avrebbe omesso di fornire completa e specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda il ricorso, in particolare dei documenti allegati al processo verbale di contestazione del 24.11.2012, ma anche sul tale punto il ricorso appare sufficientemente specifico ed autosufficiente, contenendo specifica menzione di tutti gli atti sui quali l’impugnazione risulta fondata;

infine, il controricorrente mette in evidenza che non vi sarebbe prova dell’incarico difensivo all’Avvocatura dello Stato da parte dell’Agenzia ricorrente;

anche tale eccezione è infondata, perchè, come rilevato da questa Corte “in tema di contenzioso tributario, l’Avvocatura dello Stato, per proporre ricorso per cassazione in rappresentanza dell’Agenzia delle entrate, deve avere ricevuto da quest’ultima il relativo incarico, del quale, però, non deve farsi specifica menzione nel ricorso atteso che l’art. 366 c.p.c., n. 5, inserendo tra i contenuti necessari del ricorso “l’indicazione della procura, se conferita con atto separato”, fa riferimento esclusivamente alla procura intesa come negozio processuale attributivo dello ius postulandi (peraltro, non necessario quando il patrocinio dell’Agenzia delle entrate sia assunto dall’Avvocatura dello Stato) e non invece al negozio sostanziale attributivo dell’incarico professionale al difensore” (Sez. 5, Sentenza n. 22434 del 04/11/2016);

1.2. passando ai motivi di ricorso, appare logicamente prioritario l’esame del terzo motivo, con cui la ricorrente censura la violazione del D.L. n. 78 del 2009, art. 12, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo l’Agenzia delle Entrate, i Giudici di secondo grado avrebbero errato nel sostenere la natura sostanziale dell’art. 12, in esame, escludendone un’applicazione retroattiva;

l’articolo in questione ha stabilito che le attività finanziarie, detenute nei Paesi inseriti nelle c.d. black list, si presumono, salvo prova contraria, costituite con redditi precedentemente sottratti a tassazione in Italia;

la questione che si pone nel caso specifico consiste nello stabilire se tale presunzione possa applicarsi a fatti e, dunque, anche a periodi di imposta antecedenti all’entrata in vigore del decreto-legge;

1.3. il motivo è infondato e va rigettato;

1.4. secondo il costante orientamento di questa Corte, “la presunzione di evasione sancita, con riferimento agli investimenti ed alle attività di natura finanziaria negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, conv., con modif., dalla L. n. 102 del 2009, in vigore dal 1 luglio 2009, non ha efficacia retroattiva, in quanto non può attribuirsi alla stessa natura processuale, essendo le norme in tema di presunzioni collocate, tra quelle sostanziali, nel codice civile, ed inoltre perchè una differente interpretazione potrebbe -in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., – pregiudicare l’effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione” (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 2662 del 02/02/2018);

pertanto, al caso in esame non può applicarsi la presunzione di cui all’art. 12 predetto, trattandosi di fattispecie riferite ad annualità di imposta precedenti all’entrata in vigore della norma;

tuttavia la circostanza che la presunzione legale di evasione stabilita dal D.L. n. 78 del 2009, art. 12, comma 2, non sia suscettibile di applicazione retroattiva agli anni di imposta antecedenti alla sua entrata in vigore, non preclude all’Ufficio di provare l’esistenza di redditi non dichiarati dal contribuente, detenuti occultamente in paesi a fiscalità privilegiata, anche sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 2, con riguardo alla rettifica del reddito delle persone fisiche), anche non facendo ricorso alla presunzione legale in oggetto (cfr. sent. n. 29633/19 in motivazione, che evidenzia anche come, “secondo la giurisprudenza di legittimità, civile e tributaria, in tema di presunzioni semplici, gli elementi assunti a fonte di prova non debbono essere necessariamente più d’uno, ben potendo il giudice fondare il proprio convincimento su uno solo di essi, purchè grave e preciso, dovendo il requisito della “concordanza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale, ma non necessario, concorso di più elementi presuntivi -Sez. 1 -, Ordinanza n. 23153 del 26/09/2018″);

2.1. passando, quindi, al primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate censura la violazione o falsa applicazione dell’art. 2700 c.c., e la falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

2.2. il motivo è fondato e va accolto;

2.3. in particolare, la ricorrente deduce che gli accertamenti impugnati si fondavano sull’assunto che il contribuente, attraverso delle operazioni fittizie poste in essere con l’assistenza dell’Avvocato svizzero P., avesse costituito delle disponibilità finanziarie in Svizzera, amministrate per suo conto dal suddetto Avvocato, tramite un conto aperto presso la Credit Suisse da una società da esso gestita;

su questo conto sarebbero confluiti i pagamenti effettuati dalla società Perouse, di diritto Portoghese con sede a (OMISSIS), alla società statunitense Dexter, il cui reale beneficiario sarebbe stato G. stesso;

nello specifico, sulla base di quanto sostenuto dall’Ufficio, la Dexter emetteva fatture nei confronti della Perouse, a titolo di corrispettivo, e gli importi incassati dalla prima società venivano fatti confluire alla Reviconsult e messi a disposizione del Sig. G.;

inoltre, la provvista di Perouse, sarebbe derivata dalle attività elusive o evasive, condotte da imprese italiane, riferibili al G., oggetto di separate verifiche fiscali;

di quanto appena affermato, veniva dato conto nel P.V.C. formato dal G.d.f. di (OMISSIS), riportato dallo stesso Ufficio nel ricorso;

l’Agenzia ricorrente evidenzia come la C.T.R., nel ritenere che l’assunto dell’amministrazione finanziaria non trovasse sufficienti elementi di riscontro, abbia escluso dalla propria valutazione la totalità degli elementi in fatto risultanti dall’hard disk del computer sequestrato all’avv. P., limitandosi ad affermare la non concludenza probatoria considerando solo alcuni elementi indiziari;

invero, la trasmissione dei file contenuti nell’hard disk del pc dell’avvocato P. era avvenuta nell’ambito di un’indagine fiscale del Nucleo di Polizia Tributaria di (OMISSIS), che aveva estratto i documenti, li aveva duplicati in formato pdf e li aveva trasmessi in copia ai reparti territorialmente competenti;

la provenienza dei documenti, attestata nel p.v.c. della compagnia territoriale, è assistita da fede privilegiata e deve essere contestata con apposita querela di falso;

ne consegue che la sentenza della C.T.R. ha violato l’art. 2700 c.c., nel ritenere non provate le circostanze attestate nel p.v.c. della G.d.F. di (OMISSIS), in assenza di previo positivo esperimento della querela di falso;

inoltre, nel caso di specie, come rilevato dall’Amministrazione, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, comma 6, è stato impropriamente evocato dal giudice di appello, perchè i dati erano stati acquisiti, nell’ambito di un procedimento penale con il rispetto delle formalità di garanzia difensiva prescritte, nel corso di indagini previamente autorizzate dal P.M. competente, mentre il del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 52, prescrive, al comma 6, la formazione di un processo verbale solo in caso di accesso presso i locali di pertinenza del contribuente, nell’ipotesi in cui sia stata avviata una verifica fiscale nei suoi confronti;

comunque, la giurisprudenza univoca di questa Corte, con specifico riguardo alla diversa ipotesi dei dati risultanti dalla “(OMISSIS)”, ha stabilito che, in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 8605 del 28/04/2015; conformi Sez.6-5 n. 8606/ 2015; Sez.6-5 17183/2015; Sez.6-5 16950/2015);

3.1. con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia censura la violazione o la falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

3.2. il motivo è fondato e va accolto;

3.3. invero, la ricorrente evidenzia come la C.T.R. non si sia soffermata sul valore probatorio dei documenti estratti dall’hard disk dell’Avv. P., sostenendo l’inefficacia probatoria del mandato conferito dal G. al P., in quanto privo di sottoscrizione;

ciò posto, secondo l’Agenzia delle Entrate, il giudice di appello avrebbe errato nel non considerare che un documento non sottoscritto può assumere la funzione di elemento indiziario, in quanto la sua sola esistenza costituisce un fatto, da valutare insieme agli altri, ai fini della prova presuntiva;

nel caso di specie, era un “fatto” che nel computer dell’Avv. P. si trovassero una serie di files con contenuto riconducibile al contribuente ed alla società Perouse;

l’errore, quindi, nel quale è incorsa la C.T.R., consiste nell’aver escluso una qualsiasi rilevanza probatoria ai documenti privi di sottoscrizione, rinvenuti nell’hard disk del personal computer dell’avv. P., anche ai soli fini di una valenza meramente indiziaria, da porre eventualmente a fondamento di una prova presuntiva, con una considerazione d’insieme dei vari elementi indiziari, in ciò violando l’art. 2729 c.c.;

in conclusione, atteso l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, rigettato il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla C.T.R. della Lombardia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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