Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3373 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. III, 12/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 12/02/2020), n.3373

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23034-2017 proposto da:

A.S.D. SCUOLA CALCIO PRIMAVERA, in persona del legale rappresentante

pro tempore D.M.R., elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

SICA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

PARROCCHIA SANTA MARIA A MARE, in persona del legale rappresentante

pro tempore DON G.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA SAN BERNARDO 101, presso lo studio dell’avvocato

STEFANIA TERRACCIANO, rappresentata e difesa dall’avvocato ROMANO

CICCONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2017 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 08/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale Dott. SGROI CARMELO, che ha chiesto

l’accoglimento per quanto di ragione e nei termini indicati sopra,

del ricorso in epigrafe.

Fatto

RILEVATO

che, con sentenza resa in data 8/3/2017, la Corte d’appello di Salerno, in accoglimento degli appelli principale e incidentale, rispettivamente proposti dall’Associazione Sportiva Dilettantistica Scuola Calcio Primavera e dalla Parrocchia di Santa Maria a mare, e in riforma della sentenza di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha rigettato la domanda proposta dalla Parrocchia di Santa Maria a mare diretta alla pronuncia della risoluzione del contratto di locazione intercorso tra le parti per inadempimento dell’Associazione sportiva conduttrice, contestualmente disattendendo la domanda proposta da detta associazione per la condanna della Parrocchia al pagamento di somme a titolo di indennità per i miglioramenti dell’immobile locato;

che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha evidenziato la mancata dimostrazione, da parte della parrocchia locatrice, della gravità (ai sensi dell’art. 1455 c.c.) degli inadempimenti contestati a carico dell’associazione conduttrice, contestualmente rilevando (fermo l’assorbente rilievo dell’improponibilità della domanda di pagamento dei miglioramenti alla cosa locata prima della cessazione del rapporto) la mancata dimostrazione, da parte della conduttrice, dell’effettiva entità dei miglioramenti pretesamente apportati all’immobile locato;

che, avverso la sentenza d’appello, l’Associazione Sportiva Dilettantistica Scuola Calcio Primavera propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione;

che il Procuratore Generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione;

che la Parrocchia di Santa Maria a mare resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il primo motivo, l’associazione ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 112,115,345 e 436 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente omesso di rilevare la tardiva sollevazione in appello, da parte della parrocchia locatrice, di eccezioni inammissibili, siccome nuove, in violazione dell’art. 345 c.p.c., con particolare riguardo alla tardiva contestazione degli importi spesi dall’associazione conduttrice per l’esecuzione dei miglioramenti del bene locato, con la conseguente violazione del disposto dell’art. 112 c.p.c. nella parte in cui limita il potere del giudice di decidere non oltre le domande e le eccezioni ritualmente proposte dalle parti;

che, con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1592,2697 e 2702 ss. c.c., nonchè degli artt. 112,115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale omesso di rilevare come la richiesta di riconoscimento dell’indennità per i miglioramenti era stata articolata, dall’associazione conduttrice, solo in via gradata rispetto all’eventuale accoglimento della domanda di risoluzione contrattuale proposta dalla locatrice, con la conseguenza che, una volta disattesa quest’ultima domanda, nessuna decisione avrebbe potuto assumere il giudice a quo sulla domanda diretta alla condanna della parrocchia locatrice al pagamento dell’indennità per i miglioramenti;

che, peraltro, il giudice d’appello avrebbe in ogni caso erroneamente valutato il complesso degli elementi di prova acquisiti al giudizio ai fini della dimostrazione dell’effettiva entità degli miglioramenti apportati dall’associazione conduttrice;

che entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono inammissibili per carenza di interesse;

che, al riguardo, osserva il Collegio come, attraverso le censure in esame, l’associazione ricorrente impugni la decisione d’appello in relazione al punto concernente il rigetto della domanda di accertamento dell’entità dell’indennità per i miglioramenti apportati dal conduttore all’immobile locato, e di condanna della parrocchia locatrice al relativo pagamento;

che, al riguardo, varrà evidenziare come la corte d’appello abbia espressamente rilevato (v. pag. 19 della sentenza impugnata) il carattere assorbente, rispetto alla rilevanza delle domande de quibus, della circostanza costituita dall’improponibilità della domanda diretta al pagamento dell’indennità per i miglioramenti apportati all’immobile locato, in ragione della mancata cessazione del rapporto, in conformità all’insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, in tema di locazione, l’azione del conduttore volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 1592 c.c., l’indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata, non può essere proposta prima dell’avvenuta riconsegna del bene locato al locatore (Sez. 3, Sentenza n. 2777 del 24/02/200, Rv. 560681 – 01; nel senso che la riconsegna della cosa da parte del conduttore non va intesa quale condizione di proponibilità della domanda di indennità per i miglioramenti, ma quale presupposto per una pronuncia nel merito, v. Sez. 3, Sentenza n. 17861 del 22/08/2007, Rv. 599453 – 01);

che, ciò posto, le successive considerazioni illustrate nella motivazione della sentenza impugnata in ordine alla mancata dimostrazione, da parte della conduttrice, dell’entità dei miglioramenti apportati alla cosa locata, devono ritenersi del tutto prive di rilevanza, e financo insuscettibili di assumere efficacia di cosa giudicata, dovendo ritenersi che, a seguito della ritenuta improponibilità della domanda (o dell’accertata insussistenza dei presupposti per una pronuncia nel merito sulla stessa), il giudice a quo si sia definitivamente spogliato della potestas iudicandi sul relativo merito;

che, al riguardo, è appena il caso di richiamare il principio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora il giudice che abbia ritenuto improponibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della potestas iudicandi sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo d’impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta ad abundantiam, su tale ultimo aspetto (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 30393 del 19/12/2017 Rv. 646988 – 01; Sez. U, Sentenza n. 24469 del 30/10/2013, Rv. 627991 – 01);

che, sulla base delle considerazioni che precedono, dev’essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, cui segue la condanna dell’associazione ricorrente al rimborso, in favore della parrocchia controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 4.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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