Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33724 del 18/12/2019
Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 18/12/2019), n.33724
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13868-2018 proposto da:
F.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEGIA
SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell’avvocato ALESSIO PETRETTI, che
la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANLUIGI CERUTI,
ANTONELLA BASSO;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COMO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA PARIGI 11, presso lo studio dell’avvocato
GIANCARLO MARINIELLO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1095/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO,
depositata il 28/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO
PORRECA.
Fatto
CONSIDERATO
che:
F.C. conveniva in giudizio il Comune di Como deducendo di aver subito danni alla persona, di cui chiedeva il ristoro, cadendo a causa del dissesto della strada del centro cittadino da lei percorsa e di proprietà del Comune evocato in lite;
il Tribunale, davanti al quale si difendeva l’ente locale, rigettava la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di appello secondo cui non era stata raggiunta la prova che l’incidente si fosse verificato nel preciso luogo d’incidenza delle condizioni della pavimentazione e, comunque, poichè, stante la naturale irregolarità del porfido che costituiva il manto pedonale, e dato che la caduta era occorsa in pieno giorno, l’uso del bene comunale fatto dalla danneggiata senza la normale ed esigibile diligenza, aveva interrotto il nesso causale;
avverso questa decisione ricorre per cassazione F.C. articolando quattro motivi e depositando memoria;
resiste con controricorso il Comune di Como.
Diritto
RILEVATO
che:
con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051,1227 e 2043 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare la natura oggettiva della responsabilità discendente dal rapporto di custodia sussistente tra l’ente locale e la strada, e non esclusa dalla mera disattenzione della vittima della cui condotta non era stata accertata la natura anomala o imprevedibile;
con il secondo motivo si prospetta la violazione degli artt. 2,14, C.d.S., perchè la Corte di appello avrebbe errato mancando di considerare che la responsabilità del Comune discendeva dall’obbligo di tenere in efficienza le strade di proprietà, laddove era risultato l’enorme dissesto di quella che aveva costituito luogo del sinistro;
con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051,2043 e 2697 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe errato finendo per addossare alla deducente l’onere di provare la presenza di un’insidia in deroga ai principi di responsabilità oggettiva custodiale che richiedevano, a carico del soggetto danneggiato, la sola dimostrazione dell’ordinario nesso causale;
con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2051 e 2043 c.c., poichè la Corte di appello avrebbe mancato di esporre se non in modo apparente il ragionamento decisorio seguito, in particolare ritenendo sussistente il fortuito senza tener conto delle allegazioni attoree e delle risultanze istruttorie che avevano addotto e fatto emergere una situazione di pericolo occulto;
Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;
Rilevato che: i motivi, da esaminare congiuntamente per connessione, sono in parte inammissibili anche ex art. 360 bis c.p.c., n. 1;
secondo la giurisprudenza di questa Corte in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche officiosa -dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicchè, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass., 01/02/2018, n. 2480);
in questa generale cornice ricostruttiva, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo, fino a concretizzare la soluzione del nesso in parola (Cass., 03/04/2019, n. 9315, in fattispecie analoga);
nel caso, la Corte territoriale ha fatto buon governo di questi consolidati principi perchè ha accertato, dandone conto nella motivazione tutt’altro che apparente, l’interruzione del nesso causale in ragione, dirimente, dell’utile prevedibilità dell’irregolarità della pavimentazione in porfido, in particolare in una camminata effettuata con piena visibilità diurna, affatto esclusa dalla residenza in altra città della danneggiata che, peraltro, deduce la circostanza in questa sede senza dimostrare idoneamente, come sarebbe stato necessario, di averne fatto allegazione nelle fasi di merito;
questa verifica fattuale -tale confermata anche dai riferimenti alle risultanze istruttorie evocate nella memoria di parte ricorrente- non è qui sindacabile se non sotto il profilo motivazionale, non specificatamente dedotto e comunque inammissibile ex art. 348 bis c.p.c., comma 5;
a quanto sopra osservato deve aggiungersi che, al contempo, le censure in scrutinio neppure intaccano la contestuale “ratio decidendi” della Corte territoriale secondo cui correttamente il Tribunale aveva ritenuto non raggiunta la prova che il sinistro si fosse verificato esattamente nel luogo d’incidenza, il che impedisce a dette censure di svolgere la funzione di idonea critica alla sentenza impugnata;
spese secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali del controricorrente liquidate in Euro 2.300,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Spese distratte in favore dell’avvocato Giancarlo Mariniello.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019