Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33719 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. VI, 18/12/2019, (ud. 25/09/2019, dep. 18/12/2019), n.33719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28813-2017 proposto da:

MATIL SRL” in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE FIORESTA;

– ricorrente –

contro

S.C.P., S.D.C.G.,

S.D.C.N., S.D.C.M., S.D.C.L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA TESSALONICA 47, presso lo

studio dell’avvocato CLAUDIO GUALTIERI, rappresentati e difesi

dall’avvocato PIERNICOLA SICILIANI DE CUMIS;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 128/2012 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 06/02/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/09/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 1994 Piernicola Siciliani De Cumis, D.C.L.S., S.D.C.M. e S.D.C.G. (cui in corso di causa si assocerà, intervenendo volontariamente, S.D.C.N.) convennero dinanzi al Tribunale di Catanzaro la società Matil s.r.l., esponendo che:

-) alla società convenuta erano stati concessi in locazione due immobili, di proprietà pro indiviso degli attori;

-) la Matil, cui era stata intimato lo sfratto per finita locazione, non aveva rilasciato gli immobili;

-) la Matil aveva danneggiato gli immobili alterandone lo stato originario e trascurando di eseguire l’ordinaria manutenzione. Conclusero chiedendo la condanna della convenuta al risarcimento del danno da ritardata restituzione dell’immobile locato e degli altri danni sopra indicati.

2. La Matil si costituì invocando il diritto di ritenzione, per non avere gli attori mai pagato l’indennità di perdita dell’avviamento dovuta alla conduttrice; eccependo la prescrizione del diritto, e comunque negando l’esistenza dei danni.

3. Ti Tribunale di Catanzaro con sentenza 30.1.2009 accolse la domanda attorca.

La sentenza venne appellata dalla Matil.

La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza 6.2.2012 n. 128, accolse parzialmente il gravame.

Per quanto in questa sede ancora rilevaila Corte d’appello:

-) accertò che la Matil fosse in mora nel pagamento del canone dal

1994;

-) accertò il canone dovuto fosse pari ad Euro 902,85;

-) ritenne che il danno da ritardata restituzione andasse liquidato moltiplicando il canone di cui sopra per il numero di mesi intercorsi tra la mora (1.8.1994) e la “pubblicazione della presente sentenza” (6.2.2012), e dunque per 17 anni e mezzo.

Dopo avere affermato tali principi, la Corte d’appello liquidò il danno moltiplicando il canone mensile per “87”, oltre “rivalutazione monetaria secondo indici Istat dal mese di ottobre 1994 fin al 1.12.2011 ed interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata”.

4. I germani S.D.C. impugnarono per cassazione la suddetta sentenza dolendosi, tra l’altro, anche della liquidazione del danno, sostenendo che la Corte d’appello aveva liquidato il danno erroneamente moltiplicando il canone mensile per “87”, invece che per “208”, vale a dire il numero di mesi intercorsi tra il 1.8.1994 e il 6.2.2012.

Questa Corte con sentenza 22.11.2016 n. 23704 dichiarò inammissibile in parte qua il ricorso, ravvisando nella sentenza impugnata un mero errore di calcolo.

5. I germani S.D.C. proposero allora istanza di correzione di materiale alla Corte d’appello di Catanzaro, che la accolse con provvedimento del 14.10.2017.

Con tale provvedimento la Corte d’appello corresse la propria sentenza n. 128/12, stabilendo che là dove era indicato il numero di “87” mesi, quale moltiplicatore del canone, lo si sostituisse con la cifra “208”, e aggiornando il risultato della liquidazione.

6. La società Matil ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza corretta, fondato su un motivo illustrato da memoria.

I germani S.D.C. hanno resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il motivo unico di ricorso.

1.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso la Matil lamenta,

invocando l’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del giudicato interno. Sostiene che la Corte d’appello, anzichè accordare al creditore la rivalutazione e gli interessi con decorrenza dalla data di scadenza dei singoli canoni, ha calcolato la rivalutazione e gli interessi applicandoli sul coacervo di tutti i canoni dovuti dal conduttore al locatore a titolo di equo indennizzo per effetto della ritardata restituzione, facendo decorrere l’una e gli altri dal 1994.

Sostiene che, così giudicando, la Corte d’appello aveva modificato il criterio di calcolo della mora, quale doveva desumersi “in via interpretativa” dalla sentenza d’appello nel testo anteriore alla correzione, e lo aveva fatto in senso sfavorevole alla odierna ricorrente, costretta a pagare interessi e rivalutazione decorrenti da data anteriore a quella del maturare dei singoli canoni successivi al primo.

1.2. Il ricorso è inammissibile.

Esso investe infatti una statuizione che non è contenuta nella parte corretta della sentenza, ma era contenuta nel testo originario della sentenza, non toccato dalla correzione, e che pertanto è ormai coperto dal giudicato.

Il provvedimento di correzione infatti non ha modificato le parti della sentenza d’appello concernenti la mora debendi, ma si è limitato ad elevare da 87 a 208 il numero delle mensilità da porre a base del calcolo del danno da ritardata restituzione dell’immobile.

Nè può giovare alla ricorrente il principio secondo cui, nelle obbligazioni di valore quale è quella di cui all’art. 1591 c.c., capitale ed interessi (compensativi) formano un unicum inscindibile, sicchè l’impugnazione dell’uno rimette in discussione anche gli altri e viceversa (Sez. 3, Sentenza n. 2873 del 02/04/1997, Rv. 503459 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 12839 del 01/12/1992, Rv. 479836 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1112 del 21/03/1977, Rv. 384762 – 01).

Tale principio non viene in rilievo nel caso di specie perchè nel presente giudizio non si tratta di stabilire se l’impugnazione rivolta contro la liquidazione del capitale consentisse al giudice di riformare il computo degli interessi (e quindi quale fosse l’effetto espansivo della impugnazione), ma si tratta di stabilire quale sia la “parte corretta” della sentenza, unica parte ancora impugnabile.

E la “parte corretta” della sentenza è stata solo la determinazione del capitale, o base di calcolo degli interessi che dir si voglia.

Pertanto la regola dell’effetto espansivo della impugnazione (per cui l’impugnazione del capo di sentenza relativo alla liquidazione del capitale rimette in discussione gli interessi) non può trovare applicazione con riferimento alla correzione della sentenza, poichè il provvedimento di correzione, di natura amministrativa, non produce gli effetti di cui all’art. 336 c.p.c..

In ogni caso, nella specie non sussisteva alcuna dipendenza tra la parte corretta della sentenza, e la parte impugnata per cassazione: la correzione del moltiplicatore del calcolo del capitale infatti ha inciso sulla misura degli accessori, ma non sul criterio di calcolo di essi.

2. Le spese.

2.1. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico della ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

2.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, L. 24 dicembre 2012, n. 228).

P.Q.M.

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna Matil s.r.l. alla rifusione in favore di P.S.D.C., S.D.C.L., S.D.C.M., S.D.C.G. e S.D.C.N., in solido, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. n. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte di Matil s.r.l. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 25 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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