Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33709 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/12/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 18/12/2019), n.33709

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26819-2017 proposto da:

L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CHIANA

48, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO PILEGGI, che lo

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

ERICSSON TELECOMUNICAZIONI S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DI RIPETTA 22, presso lo studio LEGALE VESCI GERARDO & PARTNERS,

rappresentata e difesa dagli avvocati LEONARDO VESCI e GERARDO

VESCI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

ASTRIM S.P.A. (già ASTRIM SERVICE S.R.L.), FEMAC S.R.L. (già

PROGEMA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE);

– intimate –

avverso la sentenza n. 2542/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 27/06/2017 r.g.n. 1069/2014.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con la sentenza n. 7820/2013, la Corte di Cassazione, in accoglimento del secondo motivo di ricorso proposto da L.D., ha annullato la sentenza della Corte di Appello di Roma n. 4428/2005, rinviando alla stessa Corte, in diversa composizione per un nuovo esame “circa la configurabilità della violazione della L. n. 1369 del 1960, art. 1, in ordine alla utilizzazione da parte della società Progema (e poi dell’Astrim) dei lavoratori collocati in mobilità dalla soc. Ericsson”, sulla base di “criteri coerenti con le indicazioni del legislatore e con la relativa elaborazione giurisprudenziale”;

che il L. ha riassunto il giudizio con ricorso ex art. 392 c.p.c., notificato alla Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ed alla Astrim S.p.A., mentre non risulta completato il processo notificatorio nei confronti della Progema S.r.l. in liquidazione, in difetto di produzione degli avvisi di ricevimento ai sensi dell’art. 149 c.p.c., al liquidatore ed ai soci della Progema S.r.l. in liquidazione;

che il L. ha depositato il ricorso in riassunzione il 28.3.2014 e la Corte di merito ha fissato l’udienza di discussione il 16.6.2015, onerando il ricorrente di notificare il ricorso ed il decreto entro il 30.6.2014;

che la notifica non è avvenuta nel termine concesso e che neppure il ricorrente ha presenziato all’udienza del 16.5.2015;

che la Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 27.6.2017, ha dichiarato improcedibile il ricorso in riassunzione, ritenendo che il termine concesso per la notifica dovesse considerarsi perentorio ai sensi degli artt. 137 e segg. c.p.c.;

che per la cassazione della sentenza ricorre il L. articolando un motivo ulteriormente illustrato da memoria;

che la Ericsson Telecomunicazioni S.p.A. ha resistito con controricorso;

che la Astrim S.p.A. e la Progema S.r.l. in liquidazione non hanno svolto attività difensiva;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il ricorso, si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 435 c.p.c., commi 2 e 3, artt. 291 e 156 c.p.c., commi 2 e 3, artt. 159,160 e 162 c.p.c., art. 421 c.p.c., comma 1, art. 164 c.p.c., commi 2 e 3, applicabile anche al giudizio di appello in virtù del rinvio contenuto nell’art. 359 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e si lamenta che la Corte di Appello abbia accolto l’eccezione di improcedibilità del ricorso in riassunzione ai sensi dell’art. 392 del codice di rito, sollevata dalla Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., basata sul mancato rispetto del termine per la notifica, concesso fino al 30.6.2014, indicato nel decreto che fissava l’udienza per il giorno 16.6.2015, reputando che il decreto di fissazione dell’udienza di discussione stabilisca un termine perentorio, in quanto fissato dal giudice; con la conseguenza che il termine perentorio per notificare il detto ricorso deve ritenersi definitivamente spirato quantomeno alla data del 16.6.2015, essendo irrilevante la rimessione in termini, comunque concessa ai ricorrente dalla Corte di Appello; al riguardo, il ricorrente censura il fatto che la Corte di merito abbia considerato come inesistente una notifica che era invece solo tardiva, perchè effettuata il 29.5.2015 e che, pur avendo rinviato l’udienza al 11.7.2015, autorizzando una nuova notifica entro sessanta giorni, avendo preso atto della mera tardività della prima notifica, “sia poi ritornata sui propri passi”, dichiarando improcedibile il ricorso in riassunzione, nonostante la seconda notifica fosse stata effettuata nel termine previsto, ponendosi così in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte nella materia, alla stregua del quale “Nel rito del lavoro, l’inosservanza, in sede di ricorso in appello, del termine dilatorio a comparire non è configurabile come vizio di forma e di contenuto dell’atto introduttivo, atteso che, a differenza di quanto avviene nel rito ordinario, essa si verifica quando l’impugnazione è stata già proposta mediante il deposito del ricorso in cancelleria, mentre nel procedimento ordinario di cognizione, il giorno dell’udienza di comparizione è fissato dalla parte, considerato altresì che tale giorno è fissato, nel rito del lavoro, dal giudice con il suo provvedimento. Pertanto, tale inosservanza non comporta la nullità dello stesso atto di appello, bensì quello della sua notificazione, sanabile ex tunc per effetto di spontanea costituzione dell’appellato o di rinnovazione, disposta dal giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c., costituendo questa norma espressione di un principio generale dell’ordinamento, riferibile ad ogni atto che introduce il rapporto processuale e lo ricostituisce in una nuova fase giudiziale, per cui sono sanabili ex tunc, con effetto retroattivo, a seguito della rinnovazione disposta dal giudice, non solo le nullità contemplate dall’art. 160 c.p.c., ma tutte le nullità in genere della notificazione, derivanti da vizi che non consentono all’atto di raggiungere lo scopo cui è destinato, ossia la regolare costituzione del rapporto processuale, senza che rilevi che tali nullità trovino la loro origine in una causa imputabile all’ufficiale giudiziario o alla parte istante” (Cass. nn. 20335/2016; 25684/2015);

che il motivo è fondato; ed invero, le argomentazioni poste dal ricorrente a sostegno dei propri assunti sono del tutto condivisibili ed in linea coni costanti arresti giurisprudenziali di legittimità, dai quali non vi è ragione di discostarsi, peraltro, seguiti, in un primo momento, anche dalla Corte di merito che, constatato che la prima notifica fosse tardiva, aveva rinviato l’udienza, concedendo correttamente un nuovo termine per la notifica del ricorso in riassunzione, rispettato dalla parte ricorrente. E ciò, in quanto il termine assegnato dalla Corte di Appello non rientra nei casi in cui lo stesso deve considerarsi perentorio, trattandosi, invece di un termine ordinatorio, il mancato rispetto del quale “impone al giudice, che rilevi la nullità della notifica, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, u.c., e del successivo art. 307 c.p.c., comma 3″(così Cass., S.U., n. 802/2016);

che, pertanto, una volta che la notifica sia stata effettuata, anche se fuori termine, anteriormente alla prima udienza – come è avvenuto nella fattispecie -, diventa irrilevante la circostanza della mancata comparizione delle parti alla stessa udienza, causata da un disguido, quale, ad esempio l’anticipazione dell’ora di udienza di cui le stesse non siano venute a conoscenza per mera svista; al proposito, questa Suprema Corte ha ancora ribadito che “Il gravame non può essere dichiarato improcedibile per inesistenza della notificazione, dovendo il giudice valutare l’incidenza del comportamento dell’appellante alla luce del principio di ragionevole durata del processo, tenuto conto dell’avvenuto rispetto dei termini con riferimento all’udienza successivamente l’issata e della rituale costituzione della parte appellata” (cfr., ex pluritnis, Cass., ord. n. 16517/2016; Cass. n. 5238/2011); e ciò, anche perchè la nozione di inesistenza della notificazione va definita in termini rigorosi (v. Cass., S.U., nn. 14917/2016; 10817/2008; 22641/2007; Cass. nn. 12478/2013) per le conseguenze definitive che comporta e, all’evidenza, è estranea al caso di specie, nel quale la nullità della notifica tardiva avrebbe dovuto essere sanata, come rilevato, con la concessione di un nuovo termine da parte della Corte di Appello;

che, pertanto, la sentenza va cassata con rinvio, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la quale dovrà attenersi ai principi consolidati nella materia, innanzi ribaditi.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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