Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33706 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/12/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 18/12/2019), n.33706

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20673-2014 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIEGI 35/B,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA BANDINI, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUIGI SALERNO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

R.M.V.I., M.D.,

M.A., elettivamente domiciliati in ROMA, 3733 VIA LAURA MANTEGAZZA

24, presso il DOTT. MARCO GARDIN, rappresentati e difesi dagli

avvocati VINCENZO SAVINO, DONATELLO GENOVESE, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 409/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 19/06/2014 R.G.N. 850/2013.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte di Appello di Potenza, con sentenza depositata in data 19.6.2014, in accoglimento del gravame interposto da R.M.I.V., M.D. e M.A., in qualità di eredi di M.F., e M. Supermercati di M.D. & C. S.a.s., nei confronti di M.M., avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda di quest’ultimo – il quale, premesso di avere lavorato alle dipendenze di M.F., titolare del bar-pasticceria sito in (OMISSIS), data del decesso del titolare, come impiegato di IV livello, osservando un orario di lavoro pari ad otto ore al giorno, chiedeva che gli venisse corrisposta la somma di Euro 551.229,34 per differenze retributive, ferie ed indennità di fine rapporto -, ha respinto l’originaria domanda del lavoratore;

che i giudici di secondo grado, per quel che ancora in questa sede rileva, hanno osservato che, nella fattispecie, “dopo il decesso di M.F., la sua azienda, bar pasticceria sita in (OMISSIS), ha proseguito l’attività con gli eredi, i quali, successivamente, l’hanno conferita nella s.n.c., quindi, nell’anno precedente la costituzione della società, risultando dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente e dal quadro probatorio raccolto in primo grado che il bar-pasticceria non era stato chiuso ma aveva proseguito la sua attività senza soluzione di continuità, non può ritenersi che ci sia stata una comunione incidentale di godimento ma esercizio di impresa collettiva nella forma della società di fatto poi regolarizzata con la costituzione della s.n.c. M…… La domanda di prima grado, quindi, depositata in data 23.2.2009, andava azionata non nei confronti degli eredi pro quota di M.F., ma nei confronti della società M. s.n.c. di M.V.D. & C., costituita il 7.4.2008 tra gli eredi di M.F. e M.D., nipote di F.”;

che per la cassazione della sentenza ricorre M.M. articolando due motivi, cui resistono con controricorso R.M.I.V., M.D. ed M.A.;

che sono state comunicate memorie nell’interesse di entrambe le parti (quella di M.M. depositata fuori termine);

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c. e si lamenta che la Corte di merito abbia respinto la domanda del lavoratore senza considerare che, dopo il decesso di M.F., il rapporto di M.M. era proseguito, pur con qualche interruzione, con gli eredi del primo; pertanto, a parere del ricorrente, nel caso di specie, deve escludersi la configurabilità di un mera amministrazione di beni ereditari in regime di comunione incidentale di godimento, ma si è in presenza dell’esercizio di attività imprenditoriale da parte di una società di fatto, con l’ulteriore conseguenza che, in ordine alla responsabilità dei beni contratti nell’esercizio di tale attività, restano prive di rilievo la qualità successoria delle persone anzidette e le eventuali limitazioni di responsabilità ad esse correlate; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 752 c.c., art. 754 c.c., comma 1, art. 2112 c.c., comma 2, art. 2560 c.c., comma 1 e art. 2740 c.c. e si censura il fatto che la Corte distrettuale ritiene gli eredi di M.F. privi di legittimazione passiva rispetto alle domande proposte dal lavoratore sulla base della circostanza che “dopo il decesso del M. la sua azienda ha proseguito l’attività con gli eredi, i quali, successivamente, l’hanno conferita nella s.n.c.”, senza considerare che, in tal modo, gli eredi non rispondono dei debiti contratti dal de cuius; peraltro, l’impresa individuale non costituisce un centri di imputazione di rapporti giuridici distinto e diverso dal suo titolare, sicchè i debiti contratti nell’esercizio dell’impresa stessa costituiscono, alla morte del soggetto che svolgeva quell’attività, debiti della massa, di cui rispondono, ai sensi degli artt. 752 e 754 c.c., gli eredi, con la conseguente loro legittimazione processuale;

che i motivi, da trattare congiuntamente per ragioni di connessione, non sono fondati; va, innanzitutto, osservato che la Corte di merito ha messo in evidenza che risultava per tabulas che M.F. avesse espresso, nelle disposizioni testamentarie, la chiara volontà che il Bar M. fosse gestito dai suoi eredi e dai nipoti in forma associata: ed infatti, ciò è avvenuto, posto che, il 7.4.2008, è stata costituita una società in nome collettivo tra la moglie ed i figli del medesimo e M.V.D., fratello di M.M., diretta alla gestione del predetto bar; nella sentenza oggetto del presente giudizio, si evidenzia, altresì, che, subito dopo la morte di M.F., dal 12.4.2007, sino al 7.4.2008, il bar è stato gestito dagli eredi e dai legatari a titolo di società di fatto. Orbene, il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato da M.M. in data 23.2.2009 (v. pag. 10 della sentenza impugnata): al proposito, deve osservarsi che, poichè l’attività del Bar M. è stata proseguita dagli eredi, “i quali, successivamente, l’hanno conferita nella s.n.c.”, ma nell’anno precedente la costituzione della società, secondo quanto risulta dalle dichiarazioni dello stesso ricorrente, riportate in sentenza, nonchè dal quadro probatorio raccolto in primo grado, il bar non era stato chiuso, ed anzi, l’attività ad esso inerente era proseguita senza soluzione di continuità, deve escludersi che, nel caso di cui si tratta, possa configurarsi una comunione incidentale di godimento, dovendosi invece reputare, come correttamente argomentato dai giudici di secondo grado, che si sia in presenza dell’esercizio di una impresa collettiva nella forma della società di fatto, dopo poco tempo regolarizzata con la costituzione della M. s.n.c. (cfr., tra le altre, Cass. n. 3028/2009). Per la qual cosa, la domanda di M.M. doveva essere azionata nei confronti di tale società, la M. s.n.c. di M.V.D. & C., costituita, come si è detto innanzi, il 7.4.2008 tra gli eredi di M.F. e M.V.D., nipote di M.F., e non nei confronti degli eredi pro quota di M.F.. In tal senso, anche la recente giurisprudenza di questa Corte di legittimità, secondo la quale “A seguito del decesso dell’imprenditore individuale, la gestione dell’azienda è soggetta alle regole della comunione ereditaria fino a quando non viene manifestata dagli eredi, in modo espresso o tacito, la volontà di proseguire l’attività imprenditoriale facente capo al de cuius, eventualmente nelle forme societarie” (v. Cass. n. 9464/2018);

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

che, per la peculiarità e complessità della vicenda, nonchè per le alterne conclusioni delle decisioni di merito, va disposta la integrale compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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