Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33705 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/12/2019, (ud. 06/11/2018, dep. 18/12/2019), n.33705

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20497/2014 proposto da:

OASI DI G.G. & C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI PIETRO SANNA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.D.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 32/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 24/01/2014, r.g.n. 402/2013.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Genova, con sentenza depositata in data 24.1.2014, accogliendo parzialmente il gravame interposto da Oasi di G.G. & C. s.n.c., nei confronti di C.D., avverso la sentenza del Tribunale di Savona che aveva accolto la domanda della lavoratrice, diretta ad ottenere il riconoscimento della inefficacia del licenziamento orale intimatole dalla società il 31.8.2010 ed il pagamento delle retribuzioni dal 13.10.2010, data di spedizione della raccomandata contenente l’offerta della propria prestazione lavorativa, nonchè le differenze retributive per ferie, permessi, straordinario e TFR, maturate a seguito del lavoro svolto, in qualità di cameriera, presso la gelateria gestita dalla resistente, a partire dall’1.4.2010, condannava l’appellante a corrispondere alla C. la retribuzione dalla data della notifica del ricorso in primo grado; che per la cassazione della sentenza ricorre la società sulla base di due motivi;

che la C. è rimasta intimata;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso, si censura: 1) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115, 132 e, comunque, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 132 c.p.c., per nullità della sentenza e/o del procedimento per mancato rispetto dei termini liberi a comparire, nonchè comunque violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alle spese di primo grado, e si lamenta che la Corte di merito sia incorsa nell’errore di non avere dichiarato la nullità della sentenza di primo grado e, dunque, di non avere preso atto della nullità degli atti di quel giudizio e di avere rinnovato l’istruttoria orale, ma di essere andata ultra petita, anche perchè non ha provveduto alla rinnovazione della c.t.u. in primo grado, così pregiudicando la società, a carico della quale, senza giustificazione, sono state poste le spese di primo grado; 2) in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 6, perchè la Corte di merito non ha considerato che l’impugnazione del licenziamento era da considerarsi inefficace, perchè il ricorso introduttivo del giudizio è stato depositato senza essere stato preceduto dalla impugnativa stragiudiziale ed in ogni caso oltre 180 giorni dalla medesima del 7.10.2010 che, benchè non pervenuta alla Oasi, costituisce in ogni caso prova della conoscenza del licenziamento da parte della lavoratrice;

che il primo motivo non è fondato; ed invero, la Corte di merito ha accolto l’eccezione sollevata dalla società in merito al fatto che, nel caso di specie, non è stato rispettato il termine di trenta giorni previsto dall’art. 415, comma 5, del codice di rito, visto che la notifica è successiva al 4.1.2012, data di spedizione dell’atto e l’udienza fissata dal giudice è quella del 2.2.2012; pertanto, ha correttamente disposto la rinnovazione dell’istruttoria nel contraddittorio della parte appellante, non costituitasi in primo grado, nel pieno rispetto delle regole del contraddittorio stesso e del diritto di difesa delle parti. Al riguardo, è peraltro da osservare che non si ravvisa la violazione dell’art. 112 c.p.c., per la deduzione della quale, in sede di legittimità, sotto il profilo della mancata corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato, deve prospettarsi, in concreto, la pronunzia su una domanda non proposta; la qual cosa non si palesa nel caso di specie, in cui, nella sostanza, viene in considerazione l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda; attività, quest’ultima, che integra un accertamento in fatto, tipicamente rimesso al giudice di merito, insindacabile in Cassazione, se non sotto il profilo della correttezza della motivazione della decisione impugnata sul punto (cfr., tra le molte, Cass. nn. 7932/2012; 20373/2008);

che, per quanto attiene alla doglianza inerente alla mancata rinnovazione della c.t.u. espletata in primo grado, la parte ricorrente non specifica sotto quale profilo ne sarebbe rimasta pregiudicata, in spregio alla prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr., tra le molte, Cass., Sez. VI, ord. nn. 187/2014; 635/2015; Cass. nn. 19959/2014; 18421/2009); per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità della denunzia svolta dalla ricorrente;

che, per quanto attiene alla censura relativa alle spese, si osserva che, motivatamente e condivisibilmente, la Corte distrettuale ha compensato per un terzo le spese, in considerazione dell’accoglimento della eccezione preliminare, ponendo a carico della società la restante parte, in quanto la stessa è rimasta soccombente in relazione a tutte le altre domande, ben più rilevanti dal punto di vista economico;

che neppure il secondo motivo può essere accolto, in quanto la Corte di Appello ha messo correttamente in evidenza, conformemente agli arresti giurisprudenziali consolidati della Corte di legittimità che “in relazione ad imprese assoggettate alla disciplina sui licenziamenti individuali di cui alla L. n. 604 del 1966 e L.n. 108 del 1990, il licenziamento intimato oralmente deve ritenersi giuridicamente inesistente e, come tale, da un lato, non richiede impugnazione del termine di decadenza di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6 e, dall’altro, non incide sulla continuità del rapporto di lavoro e, quindi, sul diritto del lavoratore alla retribuzione sino alla riammissione in servizio”;

che per le considerazioni svolte in precedenza, il ricorso va respinto;

che nulla va disposto in ordine alle spese del presente giudizio, poichè C.D. non ha svolto attività difensiva; che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 6 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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