Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3370 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. III, 12/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3370

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Gracchi

n. 189, presso lo studio dell’avv. Teofili Mario, che lo rappresenta

e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FONDIARIA – SAI ASSICURAZIONI s.p.a., in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Leonida

Bisoslati n. 76, presso lo studio dell’avv. Spinelli Giordano

Tommaso, che lo rappresenta e difende per delega in atti;

– controricorrente e contro –

A.F., domiciliato in Roma, Via di Generosa n. 102;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 3567/04 in data

4 febbraio 2004, pubblicata il 31 agosto 2004;

Udita la relazione del Consigliere dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Mario Teofili;

udito il P.M. in persona del Cons. SGROI Carmelo che ha concluso per

il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 27 e 28 novembre 1997 P. C. esponeva che il (OMISSIS), verso le ore 2,05, mentre era trasportato a bordo della moto BMW Enduro 650 tg. (OMISSIS), condotta dal proprietario A.F., in località (OMISSIS) l’ A., nell’effettuare un sorpasso, aveva colliso frontalmente con l’autovettura Fiat Tipo tg. (OMISSIS) condotta dal proprietario R.P., che, provenendo dall’opposta direzione, non manteneva rigorosamente la destra; che, a seguito del sinistro, aveva riportato lesioni personali.

Tutto ciò esposto, l’attore conveniva in giudizio l’ A., il R., La Fondiaria Assicurazioni s.p.a, compagnia assicuratrice della moto, e l’Alleanz Subalpina Assicurazioni s.p.a., compagnia assicuratrice dell’autovettura, per la loro condanna, in solido, al risarcimento dei danni subiti.

I convenuti A. e R. restavano contumaci, mentre la s.p.a.

La Fondiaria Assicurazioni e la Alleanz Subalpina s.p.a., contestavano la responsabilità dei rispettivi assicurati e chiedevano, quindi, il rigetto della domanda attrice.

In esito alla consulenza tecnica medico-legale ed alla prova testimoniale, il Tribunale di Roma con sentenza pubblicata il 20 giugno 2000 dichiarava A.F. responsabile del sinistro e lo condannava, in solido con la Fondiaria Assicurazioni s.p.a., al pagamento, in favore dell’attore, della somma di L. 192.000.000, con gli interessi legali.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 31 agosto 2004, in parziale riforma della sentenza di primo grado, condannava l’ A. e La Fondiaria Assicurazioni al pagamento in favore del P. dell’ulteriore importo di Euro 15.120; compensava quindi le spese del grado.

Propone ricorso per cassazione P.C. con quattro motivi.

Resiste con controricorso La Fonsiaria – SAI s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla richiesta di valutare l’incidenza del danno biologico sulla capacità lavorativa specifica (il danneggiato è titolare di una delegazione ACI che si occupa di pratiche automobilistiche); tale danno è stato riconosciuto dalla sentenza impugnata nei limiti di quanto la parte offesa fu chiamata a corrispondere al fratello, per essersi fatta sostituire durante il periodo di invalidità assoluta, per complessive L. 17.859.000.

Nessuna prova, invece, secondo la sentenza impugnata, risulta acquisita in relazione alla pretesa diminuzione del reddito nel periodo successivo al sinistro, in conseguenza dello stesso. La liquidazione del danno patrimoniale appare pertanto conforme alle risultanze processuali ed ai criteri seguiti dalla giurisprudenza.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione ed erronea applicazione di legge in relazione agli artt. 115 e 169 c.p.c., artt. 74, 77 e 87 disp. att. c.p.c. in quanto la Corte d’Appello aveva omesso di prendere in esame un documento ritualmente prodotto nel fascicolo di parte, riguardante la natura post-traumatica di una ernia inguinale bilaterale; con il terzo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sulla genesi della predetta patologia di ernia inguinale bilaterale. I due motivi debbono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi tra loro.

La sentenza impugnata ha correttamente ritenuto che il mancato apprezzamento della certificazione relativa alla eziologia dell’ernia inguinale è conseguente al negligente comportamento dello stesso appellante, il quale avrebbe dovuto farsi carico di verificare che al momento della decisione della causa il fascicolo di parte fosse completo di tutti i documenti e che eventuali mancanze fossero involontarie, ovvero dipendessero da smarrimento o sottrazione (in tal senso: Cass. 3 luglio 2008 n. 18237). In ogni caso, la stessa relazione del C.T.U. esaminò la questione, pervenendo alla conclusione della assenza di nesso causale tra ernia inguinale e sinistro. Tale valutazione della sentenza impugnata appare quindi corretta e conforme ai principi della logica e dalla esatta applicazione delle norme processuali e sostanziali, sottraendosi, in tal modo, ad ogni censura sul piano del presente giudizio di legittimità.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione di legge (artt. 2043, 2056 e 1226 c.c.) e la carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 in relazione alla quantificazione del danno biologico e del danno morale: la sentenza impugnata aveva richiamato i criteri previsti dalla tabelle in uso presso parecchi tribunali, senza peraltro preoccuparsi di adeguare gli stessi al caso specifico, tenendo conto della lunga degenza anche in rianimazione, dei tre interventi chirurgici subiti, dei rilevanti postumi a livello epatico e psicologico.

Si osserva che la censura si limita a sollecitare una diversa valutazione degli elementi probatori raccolti nel corso del giudizio di merito, ma non vengono poste in luce carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi. Si deve rilevare che il ricorso per cassazione non può essere inteso a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non vi si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti. Tali aspetti del giudizio, infatti, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento. Diversamente il motivo di ricorso per cassazione si risolverebbe in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e quindi di nuova pronunzia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio di legittimità (Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087).

In concreto, la parte ricorrente, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, si limita – in buona sostanza – a sollecitare una diversa lettura delle risultanze di causa, preclusa in questa sede di legittimità.

Il ricorso merita quindi il rigetto: segue la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SEZIONE CIVILE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700 dei quali Euro 1.500 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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