Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33685 del 31/12/2018

Cassazione civile sez. un., 31/12/2018, (ud. 20/11/2018, dep. 31/12/2018), n.33685

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6291-2017 proposto da:

ECOLOGIC GROUP S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, F.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso io studio dell’avvocato MARIO

CONTALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE GALLENCA;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE PARIOLI 180, presso lo

studio dell’avvocato MARIO SANINO, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati SERGIO VIALE ed ALESSANDRO SCIOLLA;

CITTA’ METROPOLITANA DI TORINO, già Provincia di Torino, in persona

del Sindaco Metropolitano pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 87, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO

COLARIZI, che la rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3618/2016 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

l’11/08/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/11/2018 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità, in

subordine rigetto del ricorso;

uditi gli avvocati Giuseppe Gallenca, Massimo Colarizi ed Alessandro

Sciolla.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con deliberazione n.107 del 20/2/2006, in attuazione dell’accordo del programma quadro per il restauro e la valorizzazione della Reggia di (OMISSIS), la Giunta provinciale di Torino approvava in via definitiva, con contestuale dichiarazione di pubblica utilità, il progetto per la nuova strada di circonvallazione tra (OMISSIS) e (OMISSIS); la procedura ablatoria coinvolgeva, tra gli altri, anche i terreni di proprietà della s.r.l. Ecologic Group e di F.A., da tempo interessati da una discarica abusiva di rifiuti, di talchè si rendevano necessari i lavori di bonifica ambientale nelle aree adiacenti al tracciato stradale, in forza della deliberazione della Giunta comunale di (OMISSIS) n.99 dell’11/5/2006(piano operativo di bonifica-POB), in esito alla conferenza dei servizi del 28/3/2006, che comportavano la dilazione dei tempi di esecuzione dell’opera stradale; con delibera n.1076 del 12/10/2010, la Giunta provinciale prorogava la dichiarazione di pubblica utilità al 20/2/2013 e con la successiva delibera n.77 del 12/2/2013, disponeva l’ulteriore proroga di due anni; con determinazione dirigenziale n.48-18245 del 4/6/2014, la Provincia deliberava la definitiva espropriazione dei terreni.

Avverso tutte le statuizioni del procedimento espropriativo ricorrevano al Tar Piemonte la Ecologic Group ed il F., con il ricorso n.224/2007 R.G., avente ad oggetto la deliberazione provinciale del 20/2/2006 di approvazione definitiva dell’opera, comportante la dichiarazione di pubblica utilità, e con motivi aggiunti, aventi ad oggetto determinazioni del procedimento espropriativo.

In corso di procedimento, con atto di citazione notificato il 7/7/2010, la Ecologic Group ed il F. agivano altresì avanti al Tribunale di Torino nei confronti della Provincia di Torino, per sentire dichiarare l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità individuata nella delibera di Giunta n.20 dell’11/5/2004 e conseguentemente ottenere la retrocessione dei beni ed il risarcimento dei danni; si opponeva la Provincia, che eccepiva il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario a favore del Tar, contestava nel merito la domanda ed in via di riconvenzione, chiedeva i danni.

Il Tribunale, con sentenza del 29/11/2011, n.7043, respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione, respingeva le domande principale ed incidentale; la Corte d’appello, con sentenza del 31/34/5/2015, n.820, ha respinto l’appello principale della Ecologic e del F. e l’incidentale della Provincia, ritenendo che solo la delibera del 20/2/2006 aveva comportato la dichiarazione di pubblica utilità e non già quella meramente preparatoria del 2004 (che in tesi degli attori, aveva dato origine alla procedura ablativa), per cui non si era determinata l’inefficacia della dichiarazione in oggetto per il decorso del quinquennio, da ciò conseguendo la reiezione della domanda di accertamento della proprietà in capo alla società ed al F. e della domanda di danni da illegittima occupazione; la Corte d’appello ha concluso per l’inammissibilità della riconvenzionale della Provincia, in quanto traente origine da un diverso rapporto giuridico e da un diverso titolo.

Quanto al giudizio amministrativo, il Tar, con sentenza n.597 del 16/4/2015, accoglieva le impugnative proposte solo per la parte in cui era stata denunciata la carenza di potere nel disporre la seconda proroga del termine in chiara violazione del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 13, comma 5, da cui la caducazione del provvedimento di esproprio, l’obbligo di restituzione degli immobili ed il risarcimento dei danni, ferma la facoltà per la P.A. di esercitare il potere di acquisizione sanante D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 42-bis.

Detta pronuncia veniva impugnata dalla Città metropolitana di Torino, quale successore della Provincia di Torino, nonchè dalla Ecologic Group e dal F., ed il Consiglio di Stato, con sentenza n.3618 del 31 marzo-11 agosto 2016, riuniti gli appelli, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata nel resto, ha rigettato integralmente il ricorso di primo grado con i motivi aggiunti, condannando i soccombenti alle spese dei due gradi di giudizio.

Nello specifico e per quanto ancora rileva, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il D.P.R. n. 327 del 2001, art. 13, comma 5, non vieta la reiterazione della proroga, ove sostenuta da una congrua motivazione sulla sussistenza di uno o più dei presupposti, entro il termine del biennio stimato dalla legge; che, nel caso specifico, la P.A. aveva dato idonea contezza dei detti presupposti, tra i quali lo stato dei terreni degli appellanti incidentali.

Ha quindi accolto l’appello principale della Città metropolitana e rigettati i motivi, oltre al quinto, aggiunti dal sesto al nono; ha respinto l’appello incidentale, in particolare, l’argomento critico verso la declinatoria di giurisdizione statuita dal Tar con riguardo alla valutazione a zero dei terreni ai fini dell’indennità di occupazione, rilevando che gli stessi ricorrenti erano ben consapevoli della giurisdizione del GO in tema di indennità di occupazione.

Hanno proposto ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1 e in ogni caso ex art. 362 c.p.c., comma 1, e art. 111 Cost., Ecologic Goup e il F., prospettando il conflitto positivo di giurisdizione tra la sentenza resa dal Consiglio di Stato e la sentenza della Corte d’appello di Torino n.820/2015 (impugnata avanti al S.C. col ricorso rgn. 249/2016), ed hanno chiesto che la Corte, previa riunione col ricorso 249/2016, risolva il conflitto dichiarando la giurisdizione dei Giudice ordinario, annulli conseguentemente la sentenza del Consiglio di Stato n.3618/2016, ed accolga il ricorso rgn.249/2016.

Si sono difesi con separati controricorsi la Città metropolitana di Torino e il Comune di (OMISSIS).

I ricorrenti e la Citta metropolitana hanno depositato memoria illustrativa; i ricorrenti, con separata istanza, hanno altresì chiesto la riunione, o quanto meno la trattazione congiunta, anche col ricorso recante il numero R.G. 19267/2018, proposto avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino, relativa alla determinazione dell’indennità di esproprio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorrenti prospettano il conflitto positivo di giurisdizione tra la sentenza del Consiglio di Stato n.3618/2016 e quella della Corte d’appello di Torino n. 820 del 2015, sostenendo che ambedue le pronunce attengono allo stesso procedimento espropriativo, con riferimento agli stessi beni e fra le stesse parti (nè incide a riguardo che la sentenza del Consiglio di Stato sia stata resa anche nei confronti del Comune di (OMISSIS), quale contraddittore nell’ impugnazione di previsione del P.R.G.C. e non in riferimento ai termini del procedimento espropriativo, a cui comunque è stato notificato il ricorso), con identico oggetto, dato che nei due giudizi è stata posta la questione dei termini di durata del procedimento di esproprio e delle conseguenze del mancato rispetto di detti termini, come risultante alla stregua dell’atto di citazione avanti al Tribunale e del ricorso per motivi aggiunti in data 6/4/2013 avanti al Tar Piemonte.

Quanto alla individuazione del Giudice fornito nella specie di giurisdizione, i ricorrenti deducono in fatto che l’opera pubblica di cui trattasi è stata inaugurata nel 2012 ben prima della emanazione del decreto di esproprio del 4/6/2014 e sostengono che in materia deve riconoscersi la giurisdizione del Giudice ordinario, trattandosi di situazioni estranee all’esercizio di un potere pubblicistico (richiamano a riguardo il principio di diritto reso dalle Sez.U. nella pronuncia 19/1/2015, n. 735).

Il ricorso è inammissibile.

Entrambe le pronunce che i ricorrenti assumono essere in conflitto positivo di giurisdizione sono state rese in giudizi promossi dalla stessa parte.

Come già sopra rilevato, infatti, la Ecologic Group ed il F. hanno adito sia il Giudice amministrativo che il Giudice ordinario, e, nello specifico e nel contempo, con la denuncia del conflitto positivo ex art. 362 c.p.c., comma 1, n. 1), hanno chiesto la declinatoria di giurisdizione del Giudice amministrativo.

Ora, come è noto, queste Sezioni unite, nella pronuncia 20/10/2016, n. 21260 hanno affermato che l’attore che abbia incardinato la causa dinanzi ad un giudice e sia rimasto soccombente nel merito non è legittimato ad interporre appello contro la sentenza per denunciare il difetto di giurisdizione del giudice da lui prescelto in quanto non soccombente su tale, autonomo capo della decisione (e conformi le successive pronunce Sez. U. 19/1/2017, n. 1309, 23/7/2018, n. 19522 e 24/9/2018, n. 22439).

Ed infatti, come da ultimo sintetizzato nella pronuncia 22439/2018, “di fronte ad una sentenza di rigetto della domanda non è ravvisabile una soccombenza dell’attore anche sulla questione di giurisdizione: rispetto al capo relativo alla giurisdizione egli va considerato a tutti gli effetti vincitore, avendo il giudice riconosciuto la sussistenza del proprio dovere di decidere il merito della causa, così come implicitamente o esplicitamente sostenuto dallo stesso attore, che a quel giudice si è rivolto, con l’atto introduttivo della controversia, per chiedere una risposta al suo bisogno individuale di tutela. L’attore non è pertanto legittimato a contestare il capo sulla giurisdizione e a sostenere che la potestas iudicandi spetta ad un giudice diverso, appartenente ad un altro plesso giurisdizionale: relativamente ad una tale pronuncia a contenuto processuale di segno positivo, non è configurabile, per l’attore, soccombenza, che del potere di impugnativa rappresenta l’antecedente necessario; la soccombenza nel merito non può essere trasferita sul (e utilizzata per censurare il) diverso capo costituito dalla definizione endoprocessuale della questione di giurisdizione, trattandosi di aspetto non destinato, per sua natura, a differenza di ciò che avviene con riguardo ad altre questioni pregiudiziali di rito, a condizionare l’efficacia e l’utilità stessa della decisione adottata”.

Il principio in oggetto, espresso in relazione a pronunce del Giudice amministrativo o contabile, oggetto di ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 1, deve ritenersi applicabile anche nel caso, che qui ricorre, del ricorso proposto ex art. 362 c.p.c., comma 2, n. 1), (norma che, nella parte che interessa così dispone:”Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione:

1) I conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari”).

Ora, la previsione della denunciabilità del conflitto “in ogni tempo” (che, come ritenuto, tra le ultime, nelle pronunce Sez.U. 14/11/2003, n. 17207, 23/3/2007, n. 7108 e 5/10/2009, n. 21196, vuol dire anche nel caso in cui una o entrambe le pronunce siano ancora impugnabili ovvero siano già state impugnate, dato che non si tratta di un mezzo di impugnazione in senso proprio), non è in alcun modo in contrasto con il principio limitativo della rilevabilità del difetto di giurisdizione da parte di chi abbia adito proprio quel plesso giurisdizionale, posto che anche nel caso che qui interessa la parte che solleva il conflitto è la stessa che ha agito davanti al Giudice, in tesi fornito di giurisdizione, e, vittorioso su detta questione, è rimasto soccombente nel merito.

E’ di chiara evidenza, infatti, come l’indicazione temporale costituisca un profilo diverso da quello dell’ammissibilità del mezzo, sul quale incide, e si pone quale presupposto, la soccombenza sulla questione di giurisdizione.

Deve pertanto ritenersi inammissibile la denuncia del conflitto positivo di giurisdizione, intesa a denegare la giurisdizione dello stesso Giudice adito dalla parte, che sia rimasta soccombente solo nel merito.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti in solido alle spese, liquidate in Euro 7000, oltre Euro 200,00 per esborsi, per ciascuna parte controricorrente; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 31 dicembre 2018

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