Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3367 del 12/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3367 Anno 2013
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 10209-2007 proposto da:
OLIVIERO CIRO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI
GIAMMARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
GRAZIANO GIUSEPPE giusta delega a margine;
– ricorrente 2012
2508

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

Data pubblicazione: 12/02/2013

- resistente con atto di costituzione
avverso

la sentenza n. 26/2006 della COMM.TRIB.REG.

di NAPOLI, depositata il 23/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

CARACCIOLO;

Svolgimento del processo
i. Gli atti del giudizio di legittimità.

Le parti intimate non hanno dispiegato attività difensiva.
La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 13.12.2012, in cui il PG ha
concluso per il rigetto del ricorso.
2. I fatti di causa.
Con il predetto atto di contestazione e irrogazione sanzioni l’Agenzia aveva irrogato
all’Oliviero sanzione per omessa istituzione delle scritture contabili relative ad
attività di lavoro autonomo e ciò per effetto della verifica generale operata dalla GdF
di Napoli, in occasione della quale era stata reperita documentazione da cui emergeva
che il medesimo Olivier° esercitava un’attività di “gestione di taluni fabbricati in
condominio”. L’impugnazione di detto provvedimento è stata accolta dalla CTP di
Napoli , in considerazione del fatto che l’Oliviero risultava risiedere nei locali in cui
si era svolta la verifica, in principalità adibiti a sua abitazione, sicché la verifica
medesima appariva viziata per difetto della preventiva autorizzazione del Procuratore
della Repubblica, ex art.52 comma I del DPR n.633/1972. L’appello proposto
dall’Agenzia delle Entrate avverso la predetta pronuncia è stato poi accolto dalla
CTR di Napoli.
3. La motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata, nel senso
pvc si poteva chiaramente evincere che gli ispettori erano entrati nella casa di
abitazione del contribuente per accedere in un vano adibito ad ufficio nel quale erano
state reperite diverse attrezzature e macchine d’ufficio, oltre alla contabilità di
numerosi condomini. Non essendo i militari entrati in altri ambienti, essi non
avevano violato la normativa vigente. D’altronde nessuna obiezione era stata
formulata dal contribuente, che anzi aveva condotto gli ispettori nel vano adibito ad
ufficio ed aveva spontaneamente fornito i documenti che poi non erano stati
“asportati”. Gli elementi rinvenuti a carico del contribuente erano stati, dunque,
legittimamente acquisiti e d’altronde, l’eventuale irrituale acquisizione non avrebbe
comportato rinutilizzabilità degli stessi, in difetto di una specifica previsione in tal
senso.

Il 28.03.2007 è stato notificato al Ministero dell’Economia delle Finanze nonché
all’Agenzia delle Entrate un ricorso di Olivier° Ciro per la cassazione della sentenza
della CTR di Napoli descritta in epigrafe (depositata il 23.02.2006), che ha accolto
l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli
n.127/19/2003 che aveva accolto il ricorso del contribuente contro atto di
contestazione sanzioni relative ad IRPEF per l’anno 1994.

4. Il ricorso per cassazione
Il ricorso per cassazione è sostenuto con quattro motivi d’impugnazione e -previa
indicazione del valore della lite in somma pari ad C 1.200,00- si conclude con la
richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia in
ordine alle spese di lite.
Motivi della decisione

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto contro il
Ministero delle Finanze.
Quest’ultimo non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il I gennaio
2001 -data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali- dal solo Ufficio locale
dell’Agenzia) sicché non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente
grado.
6. Il primo motivo d’impugnazione.
Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 n.3 e 5 cpc, in relazione agli art.2909
c.c e 324 cpc e per motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su un punto
decisivo della controversia”.
Nel contesto di un unico motivo di impugnazione intestato a due differenti tipologie
di vizi, la parte ricorrente si duole —in definitiva- dell’omessa considerazione fatta da
parte del giudice di appello delle due pronunce della CTP di Napoli e delle due
pronunce della CTR di Napoli (tutte prodotte nel giudizio di secondo grado, in una
alle controdeduzioni e tutte “attinenti, correlate e consequenziali alla verifica generale
del maggio 1995”, ma concernenti anni d’imposta diversi da quello qui in esame,,
nonché tutte passate in cosa giudicata) con le quali era stata accertata —da parte delle
adite Commissioni- la violazione da parte della GdF del dettato dell’art.52 comma
del DPR n.633 del 1972, appunto per difetto della preventiva autorizzazione
all’accesso da parte del Procuratore della Repubblica.
La res judicata si era formata quindi sulla circostanza —comune a tutte le vicende
accertate nelle pronunce prodotte in appello ed anche alla vicenda qui sub _judice- che
l’Oliviero avesse espletato l’attività in premessa indicata nella propria abitazione,
donde poi la necessità di autorizzazione per l’accesso, rispetto alla quale non poteva
avere effetto “sanante” il consenso prestato dall’Oliviero medesimo.
L’omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla questione oggetto di tale
giudicato esterno viziava perciò la sentenza qui impugnata.

5. Questione preliminare

Non risulta, invero, dalla impugnata pronuncia che siano state prodotte in giudizio le
pronunce menzionate dalla parte ricorrente e neppure che quest’ultima abbia proposto
negli atti di causa tempestiva ed idonea eccezione di giudicato esterno. Sarebbe
spettato perciò alla parte ricorrente (che si è limitata a dare per pacifica la avvenuta
produzione in giudizio delle sentenze), nell’osservanza del predetto canone,
specificare ove come e quando siano stati prodotti i predetti giudicati e ove come e
quando sia stata proposta la menzionata eccezione, così come le sarebbe spettato pure
di determinare con modalità adeguatamente autosufficienti in che cosa consistano
davvero gli accertamenti contenuti nelle predette pronunce.
In difetto di tutto ciò, non è possibile apprezzare da parte di questa Corte se
effettivamente da parte del giudice di appello sia stata omessa la pronuncia sulla
questione (ove mai ritualmente proposta) dell’esistenza del giudicato esterno, sempre
che poi siffatta “omissione” (della quale non è possibile valutare la giuridica
rilevanza, nel difetto degli adempimenti che incombevano alla parte ricorrente) possa
essere effettivamente censurata alla luce delle sole norme indicate dalla parte
ricorrente medesima.
7. Il secondo motivo d’impugnazione.
Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione
e falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 n.3 e 5 cpc, in relazione agli
art.2909 c.c e 324 cpc ed in relazione al principio della rilevabilità d’ufficio delle
eccezioni”.
Con il predetto motivo di impugnazione la parte ricorrente lamenta che il giudice di
secondo grado non abbia “rilevato d’ufficio” l’esistenza di un giudicato esterno, così
come delineato nel motivo che precede.
Valgono anche per il presente motivo di impugnazione i rilievi di non autosuflicienza
esplicati nel precedente motivo, con riferimento alla omessa specificazione su ove
come e quando siano stati prodotti i predetti giudicati con riferimento al preciso
contenuto degli accertamenti giudiziali in tal modo valorizzati.
Anche il presente motivo risulta perciò inammissibilmente proposto.
8. Il terzo motivo d’impugnazione.
Il terzo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 n.3 e 5 cpc, in relazione agli art.52
DPR n.633/1972, all’art.2697 cc., all’art.115 cpc ai principi generali in materia di

Il motivo di impugnazione è inammissibile per violazione del canone di
autosufficienza.

prova; all’art.132 cpc e per motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su un
punto decisivo della controversia”.

Dal pvc del maggio 1995 emergeva per contro inconfutabilmente che l’Oliviero non
era affatto un professionista ma un semplice dipendente di categoria operaia, il quale
solo da qualche tempo “aveva iniziato a amministrare qualche condominio quale
attività suppletiva nei tempi residuali del lavoro primario”; che il medesimo non
aveva studio professionale ma espletava l’attività presso la propria abitazione, senza
avere alcuna organizzazione; che non tutto il carteggio era in quel luogo ma parte
dello stesso era stato “successivamente depositato dall’Oliviero presso il Nucleo GdF
il successivo 22 maggio”; che —differentemente da quanto aveva ritenuto il giudice di
appello- tutta la documentazione esaminata in sede ispettiva era stata “custodita a
cura dei verbalizzanti”.
Perciò il giudice del gravarne, disconoscendo le menzionate risultanze, aveva violato
gli art.2697 c.c. e 115 c.p.c. oltre che i principi generali in materia di prova e di prova
documentale ed aveva del tutto travisato le circostanze fattuali emergenti dagli atti di
causa.
11 motivo è inammissibilmente formulato.
Ed invero la carenza del provvedimento di autorizzazione all’accesso nell’abitazione
dell’Oliviero (a mente della disciplina del menzionato art.52) di cui il ricorrente si
duole, è atto preliminare della complessa procedura di accertamento all’esito della
quale sono stati individuati e determinati i redditi che si assume siano stati evasi
all’imposizione da parte dell’Oliviero medesimo.
Affinché detta carenza sia dunque rilevante ai fini della declaratoria di nullità del
provvedimento di accertamento medesimo (a maggior ragione per la prolungata
parentesi logica che tra i due atti amministrativi intercorre) sarebbe stato oltremodo
necessario che fosse messo in chiara evidenza dalla parte ricorrente (in ossequio al
canone di autosufficienza del ricorso per cassazione) quale concreta rilevanza detta
carenza abbia avuto ai fini dell’adozione dei provvedimenti assunti
dall’Amministrazione finanziaria, solo così potendosi intendere se —in difetto dei
documenti che sono stati acquisiti con le indagini espletate in assenza di tale
autorizzazione- il provvedimento di accertamento avrebbe comunque retto al vaglio
di legittimità.
E ciò tanto piu’ perché nella sentenza impugnata si dà anche atto della circostanza del
“mancato asporto dei documenti comprovanti l’attività di amministratore” e delle
“dichiarazioni spontanee del contribuente” circa la mancata istituzioni dei libri

La parte ricorrente si duole —in concreto- del fatto che la decisione del giudice di
secondo grado sia fondata su un percorso motivazionale “manifestamente errato,
illogico, incongruo, conflittuale e conflagrante con le risultanze processuali”

2.SENIT
_

Ne deriva che sarebbe stato onere precipuo dei contribuente qui ricorrente allegare e
giustificare con le necessarie specifiche modalità che senza la menzionata
documentazione l’avviso di accertamento non avrebbe potuto trovare il suo
fondamento dimostrativo, mentre il ricorrente si è limitato ad una vana censura
contenuta al mero difetto dell’autorizzazione necessaria all’accesso, difetto che di per
sé nulla induce in ordine alla illegittimità del provvedimento qui in esame. Ed
insomma, in difetto della chiara illustrazione del nesso di consequenzialità che
vincola il provvedimento di accertamento all’autorizzazione giudiziaria all’eccesso
nel luogo di abitazione dell’Oliviero, non può che concludersi nel senso che anche il
secondo motivo di ricorso deve essere considerato inammissibile.
9. Il quarto motivo d’impugnazione.
motivo di impugnazione (improntato alla violazione del medesimo
Quanto al
ari. 52 ogg tto del motivo che precede, oltre che al vizio di motivazione, ma
concretamente centrato sul solo secondo dei predetti vizi), esso pure si presenta
inammissibilmente formulato atteso che il ricorrente si limita a dolersi di un
argomento che il giudice del merito ha adoperato ad abundantiam ed in termini
ridondanti nel motivare la decisione e cioè il fatto che l’Oliviero non si fosse opposto
all’ispezione, sia pure in difetto della necessaria autorizzazione, ed avesse anzi messo
a disposizione la documentazione richiesta dal personale ispettivo.
Si tratta, come si è detto, di un argomento senza del quale la pronuncia di appello non
sarebbe meno giustificata e degna di non essere cassata, sicché non vi è interesse
alcuno da parte del contribuente al motivo cli impugnazione.
Non resta che concludere per l’integrale rigetto del ricorso per cassazione.
Nulla in ordine alle spese di lite, perché la parte intimata e vittoriosa non si è
costituita in giudizio.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero. Rigetta il
ricorso contro l’Agenzia. Nulla sulle spese di lite.
Così lr
e iso in Roma, nella camera di consiglio del 13 dicembre 2012.

obbligatori per la quale sono state irrogate sanzioni (la quale ultima è stata qualificata
dal giudice del merito come “una confessione resa in sede extraprocessuale che ha
valore di prova”.

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