Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3367 del 11/02/2021
Cassazione civile sez. VI, 11/02/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 11/02/2021), n.3367
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –
Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3532-2019 proposto da:
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in
persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA
dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati CARLA
D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, EMANUELE DE ROSE, ESTER
ADA VITA SCIPLINO;
– ricorrente –
contro
P.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,
presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
RENATO VAZZANA;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 621/2018 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 16/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALFONSINA
DE FELICE.
Fatto
RILEVATO
che:
la Corte d’appello di Palermo, a conferma della sentenza del Tribunale di Termini Imerese, ha ritenuto illegittima l’iscrizione alla gestione separata eseguita dall’Inps d’ufficio al fine di conseguire P.A., avvocato iscritto all’albo professionale di categoria, il pagamento del debito contributivo di Euro 4.887,93 correlato al reddito da lavoro autonomo prodotto nell’anno 2009;
pur consapevole dell’orientamento espresso dalla giurisprudenza di questa Corte con le sentenze n. 30344/2017 e n. 30345/2017 e successive del 2018, ha sostenuto l’illegittimità dell’iscrizione d’ufficio dell’appellato alla gestione separata Inps, atteso che, trattandosi di uno strumento residuale, essa non riceve applicazione qualora la tutela previdenziale del libero professionista iscritto ad albi o elenchi di categoria è rimessa alla competenza gestionale esclusiva delle casse private di appartenenza;
ha altresì ritenuto, comunque, estinto il credito illegittimamente richiesto dall’Inps per intervenuta prescrizione (L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 9), considerando quale dies a quo di decorrenza della stessa la data di scadenza del pagamento dei contributi (16 giugno 2010 per il saldo 2009) e non quella di scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi come sostenuto dall’Inps (27 novembre 2010), e come dies ad quem la data della comunicazione con cui l’Istituto previdenziale aveva notificato all’appellata l’iscrizione d’ufficio alla gestione separata (30 giugno 2015);
la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di due motivi;
P.A. ha resistito con controricorso;
è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’istituto ricorrente contesta “Violazione e falsa applicazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi 26 e ss., e del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 18, commi 1 e 2, conv.to con modificazioni dalla L. 15 luglio 2011, n. 111; del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 53, modificato dal D.Lgs. n. 344 del 2003, della L. n. 576 del 1980, artt. 10,11,22, della L. n. 247 del 2012, art. 21, comma 10;
censura l’erronea interpretazione, da parte del giudice del merito, del quadro normativo di riferimento, sostenendo che dalle norme richiamate in epigrafe avrebbe dovuto dedursi che, seppure l’odierna controricorrente aveva prodotto nell’anno 2009 un reddito inferiore al limite previsto per il sorgere dell’obbligo d’iscrizione alla Cassa professionale, la stessa era tenuto, comunque, ad iscriversi alla gestione separata e a versare i relativi contributi;
col secondo motivo, ancora formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.; della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, commi 26-31”;
contesta la decisione nel punto in cui ha ritenuto decorrente il dies a quo della prescrizione quinquennale dalla scadenza del pagamento dei contributi, e non invece dalla presentazione della dichiarazione dei redditi (dopo il 31 luglio o dopo il 31 ottobre, termine a scelta del contribuente), unica data dalla quale l’ente viene a conoscenza con certezza della sussistenza di un’obbligazione contributiva e dell’ammontare della stessa; a sostegno della propria tesi richiama la giurisprudenza di legittimità sui cd. contributi a percentuale (Cass. n. 13463 del 2017);
per il valore decisivo che riveste nella risoluzione della controversia, è necessario esaminare per primo il secondo motivo di ricorso, del quale va dichiarata l’infondatezza;
il richiamo alla giurisprudenza di legittimità sui cd. contributi a percentuale operato dal ricorrente non risulta pertinente, atteso che, nel caso in esame, il consolidato orientamento di questa Corte afferma che: “In materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi e non dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa, in quanto la dichiarazione in questione, quale esternazione di scienza, non costituisce presupposto del credito contributivo.” (cfr. Cass. n. 27950 del 2018, cui ha fatto seguito Cass. n. 19403 del 2019);
il primo motivo risulta assorbito dal rigetto del secondo motivo, una volta confermata la ratio inerente alla prescrizione (ndr. Testo originale non comprensibile);
in definitiva, rigettato il secondo motivo e assorbito il primo, il ricorso va rigettato;
le spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
in ragione del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di legittimità in favore della controricorrente, che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 2.000,00 a titolo di compensi professionali, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge;
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2021