Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3366 del 12/02/2020

Cassazione civile sez. III, 12/02/2020, (ud. 08/11/2019, dep. 12/02/2020), n.3366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22253/2017 proposto da:

F.M.C., elettivamente domiciliato in Roma alla via del

Babuino n. 48 presso lo studio dell’avvocato Paola Francesco che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Mascaro Paolo;

– ricorrente –

contro

L.S., elettivamente domiciliato in Roma alla Circonvallazione

Clodia n. 36 presso lo studio dell’avvocato Vavalà Raffaele Mario

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Tallarico

Maurizio;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 00451/2017 della CORTE d’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 14/03/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/11/2019 da Dott. Cristiano Valle, osserva quanto segue:

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Catanzaro ha, con sentenza n. 00451 del 14/03/2017, confermato la sentenza del Tribunale di Vibo Valentia che, dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine al rilascio di immobile locato nel 1993, a L.S., dal dante causa, F.P., di F.M.C., l’aveva condannata alla corresponsione di oltre ventimila Euro a titolo di rimborso di somme per lavori nell’immobile, sulla base di autorizzazione scritta, ma priva di data, rilasciata da F.P..

Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre, con atto affidato a cinque motivi, F.M.C..

Resiste con controricorso L.S..

Il P.G. non ha presentato conclusioni scritte.

Non risulta il deposito di memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso censura la sentenza d’appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 1592 c.c. per essere stato ritenuto sussistente un valido consenso del locatore per tutti lavori sulla cosa locata.

Il secondo mezzo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1592 c.c. per assenza del presupposto della risoluzione contrattuale indefettibile ai fini del rimborso delle somme spese.

Il terzo mezzo deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1592 c.c. non sussistendo la necessità di effettuare gli asseriti lavori e per carenza di motivazione sul capo specifico di impugnazione.

Il quarto motivo afferma violazione e falsa applicazione dell’art. 1602 c.c. per inopponibilità a F.M.C., quale terza acquirente, di obbligazioni non derivanti dal contratto di locazione nel quale era subentrata.

Il quinto motivo deduce ancora violazione e falsa applicazione dell’art. 1592 c.c. per errata quantificazione della somma dovuta.

Il primo motivo di ricorso è in parte infondato ed in parte inammissibile. E’ pacifico che l’autorizzazione all’effettuazione dei lavori nell’immobile locato, sito in (OMISSIS)), fosse priva di data (e tanto afferma espressamente la sentenza d’appello) in quanto la Corte territoriale ha pienamente condiviso il convincimento del giudice di primo grado, che aveva, dopo avere sentito i testi, ritenuto che dalle concordi dichiarazioni dei testimoni escussi risultava chiaro che il lavori erano stati effettuati dal L. dopo l’autorizzazione da parte di F.P. ed ha, pertanto, ritenuto integrato il documento, privo di data, con le risultanze delle prove per testi giungendo a conclusione che l’autorizzazione fosse pienamente sussistente (sulla necessità che l’autorizzazione sia piena e non consista in meri atti di tolleranza da ultimo: Cass. n. 15317 del 06/06/2019 Rv. 654288 – 01 e Cass. n. 04532 del 15/02/2019 Rv. 652668 – 01). Sul versante dell’asserita mancanza di autorizzazione, per una parte dei lavori effettuati dal L., il mezzo è inammissibile, non risultando dove e quando, nella pregressa fase, la questione era stata dedotta.

Il secondo mezzo, incentrato sulla mancanza di idonea risoluzione, con la conseguenza che il rimborso delle somme spese per i lavori sull’immobili non sarebbero state dovute, è inammissibile: la sentenza d’appello ha adeguatamente individuato, nella licenza per finita locazione intimata dalla F. al L., ipotesi riconducibile alla risoluzione contrattuale da parte del locatore, con la conseguenza che, in base alla previsione pattizia, intercorsa tra il dante causa della F. ed il conduttore, la somma spesa da questi doveva essergli rimborsata.

Il terzo mezzo è inammissibile laddove afferma che non vi era necessità di effettuare i lavori. Nel caso di specie si tratta di miglioramenti, con la conseguenza che non ne è presupposto una necessità Il mezzo è altresì inammissibile laddove afferma che era stato dedotto in appello che “non vi era alcuna necessità di effettuare i lavori”) ma non specifica in alcun modo che censura fosse stata introdotta sul punto.

Il quarto motivo è inconferente in quanto la Corte territoriale ha escluso, con motivazione coerente e logica e pertanto esaustiva, che F.M.C. potesse essere considerata terza, ai sensi dell’art. 1602 c.c., rispetto alle obbligazioni sorte tra il suo dante causa F.P. e L.S., in quanto l’obbligo di rimborso delle spese per miglioramenti, al momento del subentro nel contratto di locazione della F.M.C. al suo dante causa, era ancora vigente e pienamente sussistente in quanto venuto ad esistenza con la domanda di risoluzione del contratto per scadenza del termine proposta dalla stessa F..

Il quinto, ed ultimo, motivo non censura adeguatamente la sentenza d’appello, che, in applicazione della previsione pattizia intercorsa tra F.P. e L.S., ha ritenuto che l’intero importo delle spese effettuate per i miglioranti, come risultanti dalla documentazione allegata (fatture), doveva essere rimborsata al conduttore, ritenendo in tal modo validamente derogato il criterio di calcolo di cui all’art. 1592 c.c., comma 1, in coerenza con risalente, ma immutata, giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 06158 del 20/06/1998 Rv. 516630 – 011: in tema di manutenzione della cosa locata e di miglioramenti ed addizioni alla stessa, le disposizioni di cui agli artt. 1576,1592 e 1593 c.c. sono convenzionalmente derogabili tra le parti.

Il ricorso è conclusivamente, rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, e tenuto conto del valore della causa, sono liquidate come da dispositivo e distratte in favore dell’avvocato del controricorrente, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario al 15%, oltre CA ed IVA per legge, da distrarsi in favore dell’avvocato del controricorrente.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte Cassazione sezione terza civile, il 8 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2020

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