Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3366 del 12/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 3366 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: BELLINI UBALDO

ORDINANZA

sul ricorso 8092-2016 proposto da:
RAPUANO MICHELE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PAOLO EMILIO 7, presso lo STUDIO LEGALE PERIFANO DI
GIACOMO & PARTNERS, rappresentata e difesa dall’avvocato
ESTER PERIFANO;

4-7
– ricorrente contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del
Ministro pro tempore;
– intimato avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositato
il 16/10/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 15/12/2017 dal Consigliere UBALDO BELLINI;
FATTI DI CAUSA
1. – Con ricorso depositato il 15 aprile 2011 dinanzi alla
Corte d’appello di Roma, Michele Rapuano ha chiesto la

Data pubblicazione: 12/02/2018

condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per
l’irragionevole durata del giudizio amministrativo promosso il 3
dicembre 1993 dinanzi al TAR Campania, sezione di Napoli, e
ancora pendente alla data di proposizione della domanda di
equa riparazione.

ottobre 2015, ha dichiarato improponibile il ricorso in
applicazione dell’art. 54 del decreto-legge n. 112 del 2008,
come modificato dall’art. 3, comma 23, allegato 4, del d.lgs. n.
104 del 2010, per mancata presentazione dell’istanza di
prelievo nel giudizio presupposto, avendo la ricorrente
depositato soltanto istanza di fissazione di udienza.
2. – Per la cassazione del decreto della Corte d’appello il
Rapuano ha proposto ricorso, con atto notificato il 31 marzo
2016, sulla base di due motivi.
L’intimato Ministero non ha svolto attività difensiva in
questa sede.
La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con il primo motivo, il ricorrente prospetta
violazione e falsa applicazione degli artt. 6, par. 1, e 13 della
CEDU, in combinato disposto con gli artt. 10 e 11 Cost.,
nonché degli artt. 2 della legge n. 89 del 2001, 54, comma 2,
del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133
del 2008, successivamente modificato dall’art. 3, comma 23,
allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010. Il ricorrente deduce che
l’istanza contemplata dall’art. 51 del regio decreto n. 642 del
1907 consiste in una richiesta attraverso cui la parte sollecita
l’organo giudicante evidenziando l’urgenza del proprio ricorso
mediante la richiesta di fissazione dell’udienza per la
discussione. Essa avrebbe identico contenuto rispetto
2

La Corte d’appello, con decreto depositato in data 16

all’istanza di prelievo prevista dall’art. 71 del d.lgs. n. 104 del
2010.
1.2. – Con il secondo motivo (violazione e falsa
applicazione degli artt. 2 della legge n. 89 del 2001, 54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in

comma 23, allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010) il ricorrente
sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto riconoscere
l’equo indennizzo per la irragionevole durata del processo
amministrativo presupposto quanto meno fino alla data (16
settembre 2010) di entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010
che successivamente ha introdotto l’obbligo di deposito
dell’istanza di prelievo.
2. – I due motivi vanno esaminati congiuntamente, stante
la stretta connessione.
Essi sono fondati, per le ragioni di seguito precisate.
Risulta per tabulas dallo stesso decreto impugnato che il
ricorso per equa riparazione è stato depositato in data 15
aprile 2011 in relazione ad un processo amministrativo ancora
pendente dinanzi al TAR Campania – Napoli.
Poiché la domanda di equa riparazione è stata proposta
successivamente al 16 settembre 2010, data di entrata in
vigore del codice del processo amministrativo, nella specie
trova applicazione il testo dell’art. 54, come novellato dall’art.
3, comma 23, dell’Allegato 4, del d.lgs. n. 104 del 2010.
Secondo l’art. 54 del decreto-legge n. 112 del 2008, nel
testo novellato ed applicabile ratione temporis, «La domanda di
equa riparazione non è proponibile se nel giudizio dinanzi al
giudice amministrativo in cui si assume essersi verificata la
violazione di cui all’art. 2, comma 1, della legge 24 marzo
2001, n. 89, non è stata presentata l’istanza di prelievo di cui
3

legge n. 133 del 2008, successivamente modificato dall’art. 3,

all’articolo

71,

comma

2,

del

codice

del

processo

amministrativo, né con riguardo al periodo anteriore alla sua
presentazione».
Ora nella specie il decreto impugnato ha omesso di
considerare che – come risulta dalla documentazione allegata

d’appello di Roma – il Rapuano, nella pendenza del giudizio
presupposto, in data 18 novembre 2010 ha presentato alla
segreteria del TAR della Campania “istanza sollecitatoria ex art.
51, del R.D. n. 642 del 1907”.
2.1. – Poiché l’istanza di prelievo risulta ritualmente
presentata, ha errato la Corte d’appello a dichiarare il ricorso
per equa riparazione improponibile.
Non vale in senso contrario il fatto che l’istanza di prelievo
depositata dalla ricorrente richiami, nell’intestazione, l’art. 51,
secondo comma, del regio decreto n. 642 del 1907, abrogato a
decorrere dal 16 settembre 2010, perché quel che rileva, al
fine di ritenere soddisfatta la condizione di proponibilità della
domanda di equa riparazione, di cui all’art. 54 del decretolegge n. 112 del 2008, è che l’istanza di prelievo sia stata
effettivamente presentata, con ciò segnalandosi l’urgenza del
ricorso. In altri termini, non è di ostacolo alla ritualità della
richiesta di prelievo la circostanza che l’istanza sollecitatoria
menzioni, anziché l’art. 71 cod. proc. amm., il non più vigente
art. 51 del regolamento di procedura del 1907, occorrendo
guardare al contenuto della richiesta senza fermarsi al dato
formale dell’articolo di legge in essa menzionato, e ciò
trattandosi della stessa istanza prevista da due fonti
diacroniche (Cass. n. 27634, n. 27921 en. 28959 del 2017).

4

al ricorso di equa riparazione depositato presso la Corte

3. – Accolti i due motivi, il decreto impugnato va cassato
e la causa rinviata, per un nuovo esame, alla Corte d’appello di
Roma, in diversa composizione.
Al

giudice

del

rinvio

è

demandata

altresì

la

regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso, assorbito il
terzo; cassa il decreto impugnato in relazione alla censura
accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di
cassazione, alla Corte d’appello di Roma, in diversa
composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Seconda Sezione civile della Corte di cassazione, il 15 dicembre
2017.

P.Q.M.

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