Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3366 del 12/02/2010

Cassazione civile sez. III, 12/02/2010, (ud. 15/01/2010, dep. 12/02/2010), n.3366

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18755/2005 proposto da:

F.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA A. POLLAIOLO 5, presso lo studio dell’avvocato RANALLI LUCA,

rappresentata e difesa dagli avvocati MONTRESOR Romeo, MONTRESOR

GIOVANNI giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA DI BRESCIA SAN PAOLO C.A.B. SPA (OMISSIS) in persona del

Presidente Dott. P.F., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI Guido

Francesco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CAMADINI PIERPAOLO giusta delega a margine del controricorso;

CATTOLICA DI ASSICURAZIONE SOCIETA’ COOP. A R.L. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5,

presso lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RIGHETTI LUIGI giusta delega a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

S.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 60/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 9/12/2004, depositata il 12/01/2005,

R.G.N. 454/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

15/01/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’AMICO;

udito l’Avvocato CARLO ALBINI per delega dell’Avvocato LUIGI MANZI;

udito l’Avvocato ROMANELLI GUIDO FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.R. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Verona la Banca San Paolo di Brescia s.p.a. e S.M., promotore finanziario di una SIM s.p.a. incorporata per fusione nella banca convenuta chiedendo la condanna della medesima Banca all’adempimento degli accordi conclusi tramite lo S. ed in via subordinata la condanna solidale dei convenuti al risarcimento del danno ai sensi della L. 2 gennaio 1991, n. 1, art. 5.

La società convenuta eccepiva di non aver ricevuto alcuna provvista per le operazioni successive a quelle dell’anno 1992 e che lo S. era privo di poteri di rappresentanza. Autorizzata, chiamava quindi in causa la Compagnia Cattolica di Assicurazione per far valere la polizza assicurativa stipulata per responsabilità da fatto illecito dei dipendenti.

Quest’ultima si costituiva ribadendo l’assenza di responsabilità della banca assicuratasi costituiva infine S.M. riconoscendo come veri i fatti esposti dall’attrice e precisando di aver operato con il tacito assenso del proprio capo area, Fa..

Il Tribunale rigettava la domanda principale attrice, sul punto dell’adempimento, escludendo l’esistenza di una situazione di rappresentanza apparente; accoglieva la domanda subordinata di risarcimento del danno nei confronti di entrambi i convenuti e li condannava in solido a versare alla F. la somma di L. cento milioni, oltre accessori. Condannava la Società Cattolica Assicurazioni a manlevare la Banca San Paolo per il 90% di quanto dovuto alla F..

Proponeva appello F.R..

Tutti gli appellati rimanevano contumaci. Poi si costituiva la Banco di Brescia s.p.a.(incorporante la Banca San Paolo) che chiedeva il rigetto del gravame ed in via subordinata la condanna della Cattolica di Assicurazioni alla manleva per eventuali somme ancora dovute alla F., nonchè la condanna dello S. al risarcimento dei maggiori danni da esso cagionati.

La Corte d’Appello rigettava l’appello confermando la sentenza impugnata.

Proponeva ricorso per cassazione F.R..

Resistevano la Società Cattolica di Assicurazione ed il Banco di Brescia San Paolo C.A.B. s.p.a.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo mezzo d’impugnazione parte ricorrente denuncia “Omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e omesso esame di punti e di documenti decisivi, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

Sostiene parte ricorrente di aver effettuato con lo S. due autonomi investimenti (L. 85.000.000 e L. 100.000.000), l’uno da sommare all’altro, detratto l’importo di L. 30.000.000 dell’investimento regolarmente eseguito. A suo avviso le somme di cui illegittimamente si è appropriato lo S. sono quella di L. 85.000.000 dell’ottobre 1993 e quella di 70.000.000 relativa all’investimento effettuato nel novembre 1994, detratte L. 30.000.000 che sono state correttamente investite nei fondi Capital Gest.

Complessivamente la F. ritiene dunque che le vada riconosciuto l’importo di L. 155.000.000, pari ad Euro 80.050,82.

Il motivo deve essere rigettato.

Lungi dal dimostrare vizi di motivazione esso è infatti teso ad una ricostruzione dei dati contabili relativi agli investimenti effettuati dalla F. e dei rapporti intercorsi fra quest’ultima e lo S. diversa da quella effettuata dall’impugnata sentenza sulla base di prove, anche di ordine logico.

La suddetta Corte, con accertamento di fatto congruamente motivato ed immune da vizi logici o giuridici, ha invece stabilito che i nuovi depositi del novembre 1994 erano costituiti dal capitale appena rimborsato, attesa la scadenza del precedente investimento (di L. 85.000.000), relativo a certificati di deposito del medesimo Mediocredito Lombardo, ad esito di operazioni ben remunerative.

Deve dunque ritenersi, con la Corte d’Appello, che il secondo versamento di L. 100.000.000 sia frutto del rimborso con interessi del primo investimento di L. 85.000.000 e che L. 30.000.000, andati all’acquisto delle quote del fondo Capital Gest Azione, abbiano seguito autonoma strada.

Con il secondo motivo del ricorso si denuncia “Violazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova), art. 1218 c.c., e segg., e comunque violazione del principio dell’obbligo di esatto adempimento delle obbligazioni da parte del debitore e del mandatario in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto”.

Sostiene parte ricorrente che la Corte d’Appello ha violato il principio dell’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c., allorchè ha affermato che quanto sostenuto nell’atto di gravame in ordine alla mancata restituzione del primo investimento di L. 85.000.000 dell’ottobre 1993 risulta circostanza inverosimile e comunque non provata. Ad avviso della F. invece l’onere di provare la restituzione di L. 85.000.000 doveva gravare sullo S. e sulla Banca di Brescia e non su di essa.

Le medesime considerazioni valgono, secondo la ricorrente se si prospetta l’applicazione dell’art. 1218 c.c., e segg., o delle norme sul mandato. Sostiene infatti la F. che spettava allo S. ed alla SIM (ora istituto di credito) provare l’adempimento del mandato o in alternativa il mancato risultato attribuibile a suo fatto e colpa ma che nessuna prova in tal senso è stata fornita.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 2697 c.c., l’onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto spetta infatti a chi vuoi far valere il diritto stesso; nel caso di specie era la F. a chiedere la condanna della Banca San Paolo all’adempimento degli accordi conclusi tramite lo S. e, in via subordinata, la condanna solidale dei convenuti al risarcimento del danno.

In conclusione deve ritenersi che la F. non abbia dimostrato quali somme avesse affidato allo S..

Per tutte le ragioni che precedono il ricorso deve quindi essere rigettato e le spese del ricorso per cassazione imputate a parte ricorrente nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare a ciascuno dei resistenti la somma di Euro 2.700,00 di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2010

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