Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33651 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 14/06/2019, dep. 18/12/2019), n.33651

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. PANDOLFI Catello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 17753/2014 R.G. proposto da:

R. srl rappresentata e difesa dall’avv. Rosellina R. con

domicilio eletto in Roma, via Tuscolana n. 9;

– ricorrente-

Contro

Agenzia delle Entrate rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale

dello Stato domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12 –

– Controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Umbria n. 85/02/14 depositata il 30-01-14.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14/06/2019 dal

Consigliere Dott. Catello Pandolfi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott.ssa Kate Tassone che ha concluso chiedendo

l’accoglimento dei ricorso principale e del ricorso incidentale.

uditi l’Avvocato dello stato avv. Barbara Tidone e l’avv. Rosellina

R. per la parte privata.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società R. s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza della Commissione Regionale dell’Umbria n. 85/2/14 depositata il 18/9/2013.

La vicenda trae origine dalla notifica in data 28/12/2009 dell’avviso di accertamento n. (OMISSIS), con cui l’agenzia delle Entrate di Perugia contestava maggiori redditi di impresa, per Euro 3.658.854,00 in relazione all’anno 2004 e riteneva pertanto di dover recuperare una maggior imposta oltre sanzioni e interessi.

A seguito di tale notifica la società inoltrava, il 4/2/2010, istanza di annullamento in autotutela dell’avviso.

L’Ufficio, in base agli atti allegati all’istanza, riteneva di poter procedere ad una riduzione del maggior reddito contestato ed invitava la contribuente presso l’ufficio, ove, in data 23/02/2010, comunicava ai procuratori della società il provvedimento di riduzione in autotutela. Le parti sottoscrivevano il verbale riferito al D.Lgs. 19 giugno 1987, n. 218, con cui gli stessi procuratori aderivano alla rinuncia della società alla procedura di accertamento con adesione, con impegno al pagamento della somma dovuta, entro 60 giorni. Ciò al fine di consentire alla ricorrente la corresponsione delle sanzioni comminate, nella minor misura possibile (pari ad 1/8 del minimo). La parte si atteneva agli adempimenti corrispondendo, in data 26/02/2912, gli importi rideterminati e le sanzioni nella misura ridotta per effetto del beneficio.

Ciò nondimeno, la ricorrente, in data 26.01.2011, inoltrava nuova istanza di ulteriore istanza di riduzione in autotutela. Su tale istanza si formava silenzio-diniego, che la parte impugnava alla CTP di Perugia, la quale rigettava il ricorso con sentenza n. 33/02/2012 depositata 13/01/2012.

Peraltro, in data 27/06/2011, l’Ufficio adottava anche un provvedimento di diniego espresso della stessa istanza del 26.01.2010. La società presentava perciò nuovo ricorso alla CTP, che, con sentenza n. 32/02/2012, depositata in data 1/3/2012, lo dichiarava inammissibile, ritenendo vi ostasse la sottoscrizione del verbale/definizione del 23.2.2010.

L’appello a tale decisione dava luogo alla sentenza n. 85/2/14, depositata 30/01/2014, oggetto della impugnativa all’esame di questo Collegio.

Il ricorso della società è basato su quattro motivi:

Con il primo lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1362 per aver la CTR errato nell’interpretare la valenza del verbale sottoscritto in data 23.2.2010.

Con il secondo deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 15, comma 2 e dello stesso D.Lgs., art. 2, comma 3, in relazione al D.M. n. 1102 del 1997, art. 2 n. 37, nonchè agli artt. 53 e 97 Cost..

Con il terzo censura violazione e/o falsa applicazione dell’art. 124 delle disposizioni di attuazione c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c. circa la mancata prova del passaggio in giudicato della sentenza n. 33/02/12 della CTP di Perugia.

Con il quarto motivo si duole della violazione del D.M. n. 37 del 1997, art. 2, comma 2.

Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso e ricorso incidentale basato su l’unico motivo per cui, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19 e 21, la CTR avrebbe errato nel ritenere ammissibile il ricorso contro l’atto di autotutela.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISONE

Il primo e il secondo motivo possono essere trattati congiuntamente dal momento che essi, sotto diversi profili, attengono alla natura giuridica da conferire al verbale del 23/02/2010, sottoscritto dai procuratori della società e dai funzionari dell’Amministrazione, nonchè alla qualificazione e agli effetti della procedura, nel corso della quale il verbale è stato sottoscritto, posta in essere dall’Ufficio e alle conseguenze giuridiche da essa nascenti.

In particolare, dal suindicato verbale risulta: – che la parte ha espressamente rinunciato all’istanza di accertamento mediante adesione; – che, pertanto, avendovi la contribuente rinunciato, non poteva, quella svoltasi, configurarsi come una procedura di accertamento mediante adesione; – che, laddove la CTR ha fatto riferimento, nella motivazione della sentenza, al “procedimento di adesione” per indicare la tipologia della procedura avviata o intercorsa tra le parti, ha utilizzato una locuzione impropria; – che la procedura svoltasi è, invece, riconducibile a quella prevista dal D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 15; – che depone in tal senso la circostanza della volontaria fruizione della parte ricorrente al beneficio della riduzione delle sanzioni nella massima misura in quella data possibile, pari ad 1/8 del minimo; – che tale beneficio, in quella misura, era possibile, esclusivamente, come conseguenza della definizione dell’accertamento per acquiescenza, costituendone nota identificativa.

Il godimento di quel beneficio implicava la necessaria adesione a tale modalità di definizione dell’accertamento. Ed infatti, in funzione di essa, la parte ha versato l’imposta rideterminata in autotutela e le sanzioni nella misura ridotta. La natura definitoria di quanto fissato dalle parti, nel verbale del 23/2/2010, discende, del resto, dallo stesso citato art. 15, laddove preclude al contribuente d’impugnare l’avviso di accertamento quale “pendant” al contenuto premiale della disposizione, la cui finalità è dichiaratamente deflativa e quindi conclusiva della procedura. L’accordo sottoscritto aveva cioè un palese carattere “sinallagmatico”, alternativo all’accertamento mediante adesione.

Non è, pertanto, condivisibile la tesi della ricorrente per cui quanto sottoscritto non avrebbe avuto carattere negoziale e vincolante, anche considerato che i procuratori della società ben potevano non aderirvi ed insistere nel perseguire l’obiettivo di un annullamento o di una riduzione ulteriore dell’avviso di accertamento. L’adesione ha, invece, caducato tale possibilità.

Il verbale sottoscritto costituiva, pertanto, non un atto interlocutorio, ma un atto tipizzato volto a sortire un effetto predeterminato, in funzione deflativa, quale la definizione per acquiescenza dell’atto di accertamento.

Il terzo motivo del ricorso è anch’esso infondato in quanto non coglie la ratio decidendi della pronuncia in esame posto che essa non è, come ritiene la ricorrente, basata sulla circostanza che la sentenza della CTP di Perugia n. 33/02/12 fosse passata in giudicato e quindi, “trattando lo stesso argomento”, ostacolasse una diversa valutazione da parte del giudice regionale. La decisione della CTR impugnata in questa sede ha, invece, respinto l’appello principale in considerazione del fatto, in sè esauriente, che “l’obbligazione precedentemente assunta sia dall’Ufficio che dalla società con il procedimento di adesione disciplinato dal D.Lgs. n. 218 del 1997 ” avesse “natura pattizia e vincolante in via definitiva, pregiudicando ulteriori e successive espressioni di volontà” per cui, aggiunge il giudice regionale, “tale motivo è assorbente di tutte le altre eccezioni sollevate”. Pertanto, il riferimento ai giudicato formatosi sulla sentenza della CTP n. 33/02/12 risulta essere indicato non come nucleo della motivazione, ma solo come argomento aggiunto ad abundantiam.

Il quarto motivo è da ritenersi parimenti infondato. Infatti, dovendosi attribuire, per le ragione esposte in relazione al secondo motivo, carattere negoziale e definitivo a quanto sottoscritto dalle parti nel verbale del 23.2.2010, come correttamente ritenuto dal giudice regionale, deve ritenersi che quest’ultimo abbia considerato, implicitamente, inammissibile il riesame dell’avviso di accertamento (OMISSIS), perchè oggetto di definizione mediante acquiescenza ai sensi del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, ex art. 15, con conseguente preclusione di ulteriore valutazione.

Il ricorso principale va, quindi, rigettato e, conseguentemente, il ricorso incidentale dell’Agenzia delle Entrate risulta da esso assorbito essendo venuto meno l’interesse al suo esame.

Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente principale alle spese in favore dell’Amministrazione nella misura indicata in dispositivo, oltre alle spese prenotate a debito ed al versamento dell’ulteriore importo pari a quello del unificato contributo, sussistendo i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese di legittimità che liquida in complessivi Euro 7.300,00 nonchè alla rifusione delle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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