Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33642 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. I, 18/12/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 18/12/2019), n.33642

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23825/2018 proposto da:

B.I., elettivamente domiciliato presso l’avv. Luigi Migliaccio

dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce

allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., elett.te domic.

in Roma, presso l’Avvocatura dello Stato dal quale è rappres. e

difesa;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il

26/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/09/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

Fatto

RILEVATO

che:

B.I., cittadino del Pakistan, impugnò, innanzi al Tribunale di Campobasso, il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di rigetto della domanda di riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria, con ricorso che fu rigettato con decreto del 26.6.18, osservando che: il racconto del ricorrente era fumoso ed inattendibile, di fatto riconducibile ad una vicenda privata; dall’ultimo report ministeriale del febbraio 2018 si desumeva che nella regione di provenienza del ricorrente non era in atto una situazione di violenza indiscriminata o di conflitto armato; era da escludere anche il diritto al permesso umanitario per l’insussistenza, e comunque, la mancata allegazione di situazioni di vulnerabilità del ricorrente, il quale era privo di legami specifici non il nostro Paese, essendo al riguardo irrilevante il lavoro occasionale svolto.

Avverso tale decreto il B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sei motivi.

Resiste il Ministero con controricorso.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo è dedotta la nullità del decreto impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, poichè privo di motivazione, venendo piuttosto in rilievo un motivazione apparente.

Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, art. 5, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nonchè del D.Lgs. 25 del 2008, art. 35 bis e art. 737 c.p.c., avendo il Tribunale omesso di attivare i propri poteri istruttori ufficiosi al fine di accertare l’effettiva sussistenza della dedotta minaccia alla vita dei civili nella regione di provenienza del ricorrente (Punjab).

Con il terzo motivo è dedotto l’omesso esame di un fatto decisivo, relativo al rischio di un danno grave rilevante ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, ex art. 360 c.p.c., n. 5, circa la sussistenza di trattamenti inumani o degradanti nel caso di rimpatrio, connessi all’operare di numerosi gruppi terroristici nel Pakistan o nel Punjab.

Con il quarto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g, artt. 3, 4, 5 e art. 14, lett. b) e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, avendo il Tribunale illegittimamente escluso il riconoscimento della protezione sussidiaria, alla luce della lacunosa istruttoria espletata.

Con il quinto motivo è dedotto l’omesso esame relativo ai presupposti della protezione umanitaria, non avendo il Tribunale approfondito le circostanze emerse innanzi alla Commissione in ordine alle esigenze umanitarie emerse in Pakistan, idonee a configurare la situazione di vulnerabilità in cui versa il ricorrente.

Con il sesto motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, avendo il Tribunale omesso di valutare i vari elementi sintomatici della situazione di vulnerabilità.

Il primo motivo è infondato, in quanto il Tribunale ha motivato sulla domanda, seppure in maniera sintetica, ma senza tralasciare alcuna questione.

I motivi secondo, terzo e quarto, esaminabili congiuntamente poichè tra loro connessi, sono inammissibili, poichè diretti al riesame del merito. Invero, il Tribunale ha fondato la decisione anche sull’ultimo, aggiornato (al 2018) report ministeriale dal quale si desume che la violenza dovuta alle forze terroristiche attiene solo ad alcuni territori del Pakistan distanti dalla regione di provenienza del ricorrente. Pertanto, le doglianze espresse nei citati motivi si traducono in un’inammissibile critica del merito delle questioni esaminate.

I motivi quinto e sesto, relativi alla protezione umanitaria, sono parimenti inammissibili. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la protezione umanitaria, nel regime vigente ratione temporis, tutela situazioni di vulnerabilità – anche con riferimento a motivi di salute da riferirsi ai presupposti di legge ed in conformità ad idonee allegazioni da parte del richiedente. Ne deriva che non è ipotizzabile nè un obbligo dello Stato italiano di garantire allo straniero “parametri di benessere”, nè quello di impedire, in caso di ritorno in patria, il sorgere di situazioni di “estrema difficoltà economica e sociale”, in assenza di qualsivoglia effettiva condizione di vulnerabilità che prescinda dal risvolto prettamente economico (Cass., n. 3681/19).

Nel caso concreto, il ricorrente, nel censurare la decisione del Tribunale – che ha escluso la protezione umanitaria per la mancanza di legami del ricorrente con l’Italia – non ha allegato specifiche situazioni di vulnerabilità, limitandosi ad indicare genericamente le norme internazionali in materia, riferite al Pakistan.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente Ministero, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 220,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 5, comma 6, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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