Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33641 del 18/12/2019
Cassazione civile sez. I, 18/12/2019, (ud. 20/09/2019, dep. 18/12/2019), n.33641
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 22503/2018 proposto da:
M.P., elettivamente domiciliato presso l’avv. Gianluca
Giammatteo dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t.;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il
26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
20/09/2019 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.
Fatto
RILEVATO
che:
M.P., cittadino della Nigeria, impugnò, innanzi al Tribunale di Campobasso, il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale di rigetto della domanda di riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria, con ricorso che fu rigettato con decreto del 26.6.18, osservando che: il ricorrente aveva allegato fatti estranei all’ambito dei presupposti del riconoscimento dello status di rifugiato; nella regione di provenienza del ricorrente non era in atto una situazione di violenza indiscriminata; era da escludere anche il diritto al permesso umanitario per l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità del ricorrente, avendo peraltro lo stesso ricorrente dichiarato di essere un ladro di petrolio.
Avverso tale decreto il M. ha proposto ricorso per cassazione, affidato affidato a tre motivi.
Il Ministero si è costituito al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
Diritto
RITENUTO
Che:
Con il primo motivo è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 28 bis, comma 2, lett. a) e omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Nigeria, attesa l’omessa attività istruttoria. Al riguardo, il ricorrente lamenta che il Tribunale, nel non rapportare la vicenda personale alla documentazione acquisita, avrebbe violato l’obbligo di cooperazione istruttoria in ordine al paventato pericolo di persecuzione o uccisione nel caso di rimpatrio per la sua appartenenza ad uno specifico gruppo etnico in conflitto con altro.
Con il secondo motivo, riguardo alla protezione umanitaria, è denunziata violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e l’omesso esame di fatto decisivo in relazione alla mancata valutazione della vicenda personale del richiedente e della situazione esistente in Nigeria, caratterizzata da instabilità ed insicurezza tali da determinare la violazione dei diritti umani, considerate la mancanza di risorse esistenziali e di legami familiari nel Paese d’origine e la sua integrazione in Italia.
Con il terzo motivo è denunziata la violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 74, comma 2 e art. 136, comma 2, in quanto il Tribunale ha ritenuto insussistenti i presupposti originari dell’ammissione al gratuito patrocinio, pur non avendo considerato il ricorso manifestamente infondato o presentato in mala fede o con colpa grave.
Il primo motivo è inammissibile, poichè il Tribunale ha rilevato che i fatti allegati dal ricorrente, riconducibili ad episodi di criminalità locale, peraltro non chiaramente esposti, si collocano al di fuori dei presupposti legali del riconoscimento dello status di rifugiato.
Inoltre, dal più recente ed aggiornato report internazionale si desumeva che nella regione nigeriana di provenienza del ricorrente non sussisteva una situazione di conflitto armato o di violenza indiscriminata foriera di un rischio concreto per il ricorrente.
Parimenti inammissibile è il secondo motivo in ordine alla protezione umanitaria, formulato genericamente, non essendo allegate specifiche situazioni di vulnerabilità.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocino a spese dello Stato non può essere impugnato in cassazione, ma innanzi al giudice del rinvio o a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato (Cass., n. 16940/19; n. 3028/18). Nel caso concreto, si tratta di domanda di impugnazione del provvedimento di revoca, ma sussiste la medesima ratio della disciplina normativa.
Nulla per le spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 settembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019