Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3364 del 12/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3364 Anno 2013
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via Dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro

Circolo Bocciofilo Pensionati ARCI, in persona

del

legale rappresentante p.t.,
intimato

avverso la sentenza n. 9/23/2007 della Commissione
Tributaria regionale della Toscana, depositata il
28/5/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 13/12/2012 dal Consigliere
Dott. Giulia Tofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Bruno Dettori, per
parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Sergio Del Core, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 9/23/2007 del 24/3/2007, depositata
Y -;>(
t

Data pubblicazione: 12/02/2013

in

data

28/5/2007,1a

Commissione

Regionale della Toscana Sez. 23

Tributarit

4t

accoglieva, con

compensazione delle spese di lite,

l’appello

proposto, in data 10/3/2006, dalla Agenzia delle
Entrate Ufficio di Livorno, avverso la decisione n.
171/5/2005 della Commissione Tributaria Provinciale
di Livorno, che aveva respinto il ricorso del
Circolo Bocciofilo Pensionati Arci, con sede in

accertamento emesso per l’anno di imposta 1998, ai
fini IRPEG, IVA, IRAP ed ILOR, sulla base dei
rilievi contenuti in un processo verbale di
constatazione redatto, in data 27/1/2004, dalla
Guardia di Finanza, dal quale era emerso lo
svolgimento, in via principale, di un’attività
commerciale (nel locale adibito a bar-caffè), con
la conseguente perdita della qualità di ente non
commerciale goduta, ai sensi dell’art.149 T.U.I.R.,
necessità di tenuta delle scritture contabili
prescritte dall’art.14 DPR 600/1973 e legittimità
dell’accertamento induttivo dei redditi di impresa.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva il
gravame del contribuente, in quanto riteneva non
provato che il Circolo avesse

“svolto in maniera

continuativa servizi o prestazioni rivolte a terzi
non soci”

ed inoltre ogni attività svolta

all’interno dei locali, in particolare, proprio le
attività “del

bar, del ballo e della tombola”,

rappresentava una delle fonti di autofinanziamento
per il perseguimento degli scopi sociali, il che
avvalorava le caratteristiche non commerciali
dell’associazione.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo due
motivi di ricorso per cassazione, ;per violazione
/
2

Rosignano Marittimo (LI), contro un avviso di

e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex
art.360 n. 3 c.p.c. (in relazione agli artt.108 e
111 DPR 917/1986, oggi 143 e 148, non essendo
qualificabili, a prescindere dalle astratte
finalità statutarie dei circoli ARCI, le attività
di gestione bar con somministrazione di bevande ed
alimenti all’interno dei locali del circolo
ricreativo nei confronti degli associati, dietro

rappresentavano circa i due terzi delle entrate
complessive, quali attività non commerciali
rientranti nelle finalità istituzionali, con
riferimento a detta normativa vigente ratione
temporis) e per insufficiente motivazione su fatto
decisivo controverso, ex art.360 n. 5 c.p.c.
(contestando la natura apodittica di alcune
affermazioni dei giudici della CTR, in contrasto
con il materiale probatorio acquisito agli atti e
ritrascritto in ricorso, costituito dal verbale
delle dichiarazioni rese dalla Metani Elvira,
gestore del bar, e dai bilanci consuntivi del
Circolo).
Non ha resistito il Circolo con controricorso.
Motivi della decisione
Il primo motivo del ricorso è fondato.
Avuto presente il quadro normativa di riferimento
(Art.I08
temporis:

T.U.T.R.,
“Reddito

nel

testo

vigente

complessivo: Ti

ratione
reddito

complessivo degli enti non commerciali di cui alla
lett. c) del comma i dell’art. 87 e’
dai redditi fondiari, di capitale,
diversi,

ovunque

prodotti

destinazione,

ad esclusione

dall’imposta e

di

alla

fante a

quelli

formato

di Impresa

e

e quale ne sia la
di quelli

soggetti a

esenti
ritenuta

titolo di imposta o ad imposta

3

pagamento di corrispettivo, i cui proventi

sostitutiva.

Per i medesimi enti

non si

considerano attivita’ commerciali le prestazioni di
nell’art.

servizi non rientranti
in

rese

conformita’

c.c.

2195

finalita’

alle

istituzionali dell’ente senza specifica
organizzazione e verso pagamento di corrispettivi
che non eccedono i costi di diretta
art.111 T.U.I.R., nel testo vigente
“Non e’ considerata

ratione temporis:

svolta nei

commerciale l’attivita’
degli associati

confronti

in conformita’

o partecipanti,

alle finalita’ istituzionali, dalle associazioni,
dal

consorzi

e

dagli

commerciali di tipo associativo.

non

enti

altri

Le

somme

versate dagli associati c partecipanti a titolo
di

o

quote

contributi

associativi

concorrono a formare il
2.

Si

considerano

non

reddito complessivo.
tuttavia

effettuate

nell’esercizio di attivita’ commerciali,
il

disposto

del secondo periodo del comma 1

dell’art. 108,
prestazioni

salvo

le cessioni
di

partecipanti

servizi

di beni e le

agli

verso

associati

pagamento

o
di

corrispettivi specifici, compresi i contributi
e le quote supplementari determinati in funzione
delle maggiori o diverse prestazioni alle quali
danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla
formazione del reddito complessivo come
componenti

del

reddito di

impresa o

come

redditi diversi secondo che le relative operazioni
abbiano

carattere

di

abitualita’

o

di

occasionalita’. 3. Per le associazioni
politiche, sindacali e di categoria, religiose,
assistenziali, culturali e sportive, non
si

considerano

effettuate nell’esercizio

4

di

imputazione”;

attivita’ commerciali, in deroga al comma 2, le
cessioni di beni e
verso

pagamento

effettuate,

in

le prestazioni di servizi
di

corrispettivi specifici

conformità’

alle

finalita’

istituzionali, nei confronti degli associati o
partecipanti, di altre associazioni che svolgono la
medesima attività’ e che per legge, regolamento o
statuto fanno parte di un’unica
locale

organizzazione

partecipanti e dei

tesserati dalle rispettive

organizzazioni nazionali, nonche’
anche

a

le

cessioni

terzi di proprie pubblicazioni cedute

prevalentemente agli associati…”)occorre richiamare
principi più volte affermati da questa Corte.
Il terzo comma dell’art.111 TUIR, con riguardo
proprio alle associazioni sportive,

prevedeva

dunque, in deroga al comma 2, che non fossero
attività commerciali le prestazioni di servizi
verso

pagamento

di

corrispettivi

specifici

effettuate nei confronti degli associati, ma, al
fine di assicurare l’effettività e la stabilità del
rapporto associativo tra l’ente

che

svolgeva

l’attività ed il soggetto che traeva vantaggio
dalla stessa, il quarto comma chiariva la necessità
della previsione statutaria del diritto di voto
degli associati maggiorenni per l’approvazione e le
modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per
La nomina degli organi direttivi.
Questa Corte ha costantemente affermato che, nel
sistema vigente anteriormente all’entrata in vigore
della L. 23 dicembre 2000, n. 383, art. 4 (che ha
consentito ai circoli di finanziarsi con attività
commerciali consistenti nella cessione di beni e
servizi ai soci ed ai terzi),

“Gli enti di tipo

associativo possono godere del trattamento

5

o nazionale, del rispettivi associati o

agevolato previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art.
111, (in materia di IRPEG) e D.P.R. n. 633 del
1972, art. 4,

(In

materia di IVA ) come

modificati, con evidente finalità antie-lusiva, dal
D.Lgs. n. 460 del 1997, art.

5, – a condizione non

solo dell’inserimento, negli loro atti costitutivi
e negli statuti, di tutte le clausole
dettagliatamente indicate nel D.Lgs. n. 460 cit.,

giudice di merito con congrua motivazione – che la
loro attività si svolga, in concreto, nel pieno
rispetto delle prescrizioni contenute nelle
clausole stesse”

(Cass.

11456/10;

(vedasi,

di

recente, Cass.8623/2012).
Non è affatto sufficiente, pertanto, al fine della
fruizione del trattamento tributario di favore in
esame, né la mera appartenenza dell’ente alla
categoria delle associazioni in questione, né la
conformità dello statuto alle norme stabilite per
il riconoscimento della relativa qualifica (con
eventuale applicazione di diverse disposizioni
tributarie specifiche). Anche le associazioni senza
fine di lucro possono, di fatto, svolgere attività
di tipo commerciale, come si evince dall’art. 111,
coma 2, TUIR, nel testo vigente

ratione temporis;

in altri termini, gli enti associativi non godono
di uno status di extrafiscalità, che li esenta, per
definizione, da ogni prelievo fiscale, occorrendo
sempre tenere conto della natura delle attività
svolte in

concreto

(v. Cass. 15321/2002 e

Caos. 16032/2005)
Sul piano dell’onere della prova si rileva che la
disposizione dell’art. 111 TUIR (testo originario)
costituisce deroga, per gli enti non commerciali di
tipo associativo, alla disciplina generale, fissata

art. 5, ma anche dell’accertamento – effettuato dal

dagli artt. 86 e 87 TUIR, secondo la quale l’IRPEG
si applica a tutti i redditi, in denaro o in
natura, posseduti da soggetti diversi dalle persone
fisiche. Ne deriva che l’onere di provare la
sussistenza dei presupposti di fatto che
giustificano l’agevolazione sull’IRPEG, nonché
quella sull’IVA (art. 4 normativa citata), è a
carico del soggetto collettivo che la invoca,

2697 c.c. (Cass. 22598/06:

“In tema di imposta sul

reddito delle persone giuridiche (IRPEG), gli enti
di tipo associativo non godono di uno “status” di
“extrafiscalità”, che li esenta, per definizione,
da ogni prelievo fiscale, potendo anche le
associazioni senza fini di lucro – come si evince
dall’ari. 111, comma secondo, del d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917 (nel testo applicabile nella
specie, “ratione temporis”) – svolgere, di fatto,
attività

a carattere commerciale. Il disposto

dell’art. 111, comma primo, del d.P.R. n. 917 cit.
– in forza del quale le attività svolte dagli enti
associativi a favore degli associati non sono
considerate commerciali e le quote associative non
concorrono

a

formare il reddito complessivo

costituisce d’altro canto una deroga alla
disciplina generale, fissata dagli arti. 86 e 87
del d.P.R. n. 917, secondo la quale l’IRPEG si
applica a tutti i redditi, in denaro o in natura,
posseduti da soggetti diversi dalle persone
fisiche: con la conseguenza che l’onere di provare
la sussistenza dei presupposti di fatto che
giustificano l’esenzione è a carico del soggetto
che la invoca, secondo gli ordinari criteri
stabiliti dall’art. 2697 cod. civ.”;
16032/05).

7

Cass.

secondo gli ordinari criteri stabiliti dall’art.

Da notare che la successiva (trattandosi, nella
specie,

di infrazioni relative all’anno 1998)

L.383/2000

(Disciplina delle associazioni

promozione sociale) ha poi previsto che

di
“Le

associazioni di promozione sociale traggono le
risorse economiche per il loro funzionamento e per
lo svolgimento delle loro attività provenienti
delle cessioni di beni e servizi agli associati e a

economiche di natura commerciale, artigianale o
agricola, svolte in maniera ausiliaria e
sussidiaria

e

comunque

finalizzate

al

raggiungimento degli obiettivi istituzionali,
de:.. .f) proventi delle cessioni di beni e servizi
agli associati e a terzi, anche attraverso lo
svolgimento di attività economiche di natura
commerciale, artigianale o agricola, svolte in
maniera ausiliaria e sussidiaria e comunque
finalizzate al raggiungimento degli obiettivi
istituzionali”. Dunque, con riguardo all’imposta
sul valore aggiunto, si è affermato che “In tema di
IVA e con riferimento ai proventi dell’attività
svolta da enti di tipo associativo, rientrano nella
base imponibile i corrispettivi derivanti
dall’attività di ristorazione gestita, con
somministrazione di bevande ed alimenti, nei locali
dl un circolo culturale ricreativo, al sensi
dell’art. 4 del d.P.R. n. 633 del 1972, applicabile
“ratione temporisu, nel sistema vigente
anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 4
della legge n. 383 del 2000, che ha consentito ai
circoli di finanziarsi con attività commerciali
consistenti nella cessione di beni e servizi ai
soci ed ai terzi.”
Cass.11591/2006;

di

(Cass.26469 e 28781/2008;
recente,

8

Cass.6794

e

terzi, anche attraverso lo svolgimento di attività

6795/2011).
Il secondo motivo (col quale si deduce vizio di
motivazione) deve ritenersi assorbito in ragione
della ritenuta fondatezza del primo motivo.
Pertanto,

in

applicazione

di

tali

principi

giuridici e regolativi, va cassata la sentenza
d’appello laddove ha riconosciuto il trattamento
agevolato

alla

controricorrente,

associazione

dell’astratta appartenenza alle categorie previste
dalle precitate disposizioni e della conformità
dello statuto associativo alle norme stabilite per

il

riconoscimento della relativa qualifica,

accogliendo il ricorso del Circolo Arci sulla base
della sola astratta considerazione dell’assenza dei
fini di lucro dell’associazione, omettendo di
accertare la natura dell’attività in concreto
svolta ed in specie se l’attività di servizio barcaffè e di organizzazione di serate danzanti e
giochi, come emergente dai bilanci consuntivi del
Circolo (in

primis

dal rapporto costi-

corrispettivi), potesse rientrare nelle finalità
istituzionali di un ente non commerciale. Al
riguardo, la commissione regionale non ha prestato
la sua doverosa attenzione argomentativa su dati di
particolare rilievo decisionale, quali quelli
riassunti da parte ricorrente, alle pagg.10,11,12 e
13 del ricorso, e sul sopra delineato riparto degli
oneri probatori.
La sentenza impugnata va pertanto cassata senza
rinvio e, decidendo nel merito, non essendo
necessari ulteriori accertamenti in fatto, il
ricorso del contribuente va respinto, dovendo
ritenersi l’attività in concreto svolta dal
Circolo, nella gestione del servizio bar, ballo e

/
9

sportiva, essenzialmente, sulla sola scorta

giochi,

non rivolta alla realizzazione delle

istituzionali finalità, assistenziali e culturali,
dell’ente non commerciale.
Le spese processuali del giudizio di merito vanno
compensate tra le parti anche in considerazione
dell’evoluzione giurisprudenziale in materia,
mentre le spese processuali del giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo, in

prescrizione contenuta nell’art.9, comma 2 ° , d.l.
1/2012, convertito dalla 1. 271/2012 (Cass.S.U.
17405/2012), seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo
motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza
impugnata senza rinvio e, decidendo nel merito,
ri.getta il ricorso del contribuente; compensa tra
le parti le spese del giudizio di merito e condanna
parte intimata al rimborso delle spese del giudizio
di legittimità, liquidate in complessivi C
4.000,00,

a titolo di compensi,

oltre spese

prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

conformità del D.M. 140/2012, attuativo della

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