Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33626 del 28/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2018, (ud. 27/11/2018, dep. 28/12/2018), n.33626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina Maria – Presidente –

Dott. RANALDI Alessandro – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. Catalozzi Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26774/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

Sicfer s.r.l., in liquidazione, in persona del liquidatore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Pasquale Leonardi

Cattolica n. 3, presso lo studio dell’avv. Alessandro Ferrara,

rappresentata e difesa dall’avv. Arturo Rianna giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania – Sezione staccata di Salerno, n. 443/02/11, depositata il

6 ottobre 2011.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 27 novembre

2018 dal Consigliere Dott. Giacomo Maria Nonno.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 443/02/11 del 06/10/2011, la CTR della Campania – Sezione staccata di Salerno respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 164/01/98 della CTP di Avellino, che aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso la cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo formale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36 bis e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, per IRPEG, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2003;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR: a) con la cartella di pagamento impugnata l’Amministrazione finanziaria aveva proceduto al recupero, tra l’altro, di un credito IVA relativo all’anno 2002 (anno per il quale la dichiarazione IVA non era stata presentata) e riportato nella successiva dichiarazione relativa all’anno 2003; b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente limitatamente a tale credito; c) la sentenza della CTP era appellata dall’Agenzia delle entrate;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava il rigetto dell’appello osservando che il credito IVA era dovuto anche in caso di omessa dichiarazione in quanto legittimamente riportato nella dichiarazione successiva;

2. l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo;

3. la Sicfer s.r.l. in liquidazione, resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. va pregiudizialmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente per violazione del principio di autosufficienza, non essendo specificamente indicati i contestati vizi del ricorso erariale, invero pienamente rispettoso di tale principio;

2. con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate deduce la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 30, comma 2 e dell’art. 2697 c.c. e la falsa applicazione del menzionato D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziando che, a fronte dell’omissione della dichiarazione annuale IVA 2002, la contribuente non avrebbe potuto portare in compensazione, con la dichiarazione relativa all’anno successivo, il credito IVA relativo alla menzionata annualità, ma avrebbe dovuto procedere ad istanza di rimborso, anche perchè non v’è prova in atti della esistenza del credito, non avendo il debitore assolto all’onere probatorio sullo stesso gravante;

3. il motivo, pienamente ammissibile diversamente da quanto ritenuto da parte controricorrente, è altresì fondato;

2.1. con una recente sentenza, le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che “la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicchè, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass. S.U. n. 17757 del 08/09/2016);

dalla motivazione della sentenza si evince che, a seguito di contenzioso su cartella conseguente a controllo cd. formale o automatizzato per dichiarazione omessa, il contribuente possa limitarsi a documentare la sussistenza dei requisiti sostanziali del diritto all’eccedenza detraibile di cui alla direttiva n. 77/388/CEE del Consiglio del 17 maggio 1977 (cd. sesta direttiva), art. 17, anche in assenza dei requisiti formali per il riconoscimento di tale diritto e, quindi, anche in caso di dichiarazione omessa;

la menzionata sentenza compie un parallelo con Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016, che riconosce analogo diritto per le imposte dirette, affermando che, anche in tema di IVA, giusta la comunanza della disciplina dichiarativa e rettificativa fissata dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, comma 6, va riconosciuta la possibilità per il contribuente, in sede contenziosa, di opporsi alla pretesa tributaria azionata dal fisco – anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato – allegando errori od omissioni incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine per la presentazione e la rettifica della dichiarazione fiscale;

3.2. peraltro, differentemente che nel caso delle imposte dirette, le Sezioni Unite sull’IVA impongono una condizione alla deducibilità giudiziale dell’eccedenza, e cioè che la detrazione venga esercitata entro il termine previsto dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 8, comma 3, vale a dire entro il secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto (viene, infatti, richiamato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, secondo periodo, applicabile ratione temporis: da ultimo, si veda anche Cass. n. 19938 del 27/07/2018);

3.3. applicando i superiori principi di diritto al caso di specie, non è dubbio che il contribuente abbia omesso la dichiarazione annuale IVA 2002 e che il credito IVA di cui si discute risulti regolarmente indicato nella dichiarazione 2003, con ciò dovendo concludersi per il tempestivo esercizio del diritto alla detrazione;

3.4. tuttavia, con riferimento ai requisiti sostanziali, a fronte della contestazione dell’insussistenza di prova alcuna del diritto della società contribuente, la CTR non si sofferma affatto sulla questione, nè risulta che la circostanza sia incontestata tra le parti;

3.5. ne consegue che, sul punto, la sentenza va cassata affinchè il giudice del rinvio accerti la effettiva sussistenza dei requisiti sostanziali per procedere alla detrazione del credito IVA per cui è controversia.

4. in conclusione, il ricorso va accolto nei limiti più sopra indicati, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnate rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018

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