Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33626 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. I, 18/12/2019, (ud. 12/09/2019, dep. 18/12/2019), n.33626

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27244/2018 proposto da:

D.S., domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avvocato Giacinto Corace, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. 4508/2018 del TRIBUNALE di Milano, depositato

il 23/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/09/2019 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

Fatto

RITENUTO

che:

Il Tribunale di Milano, con il decreto depositato il 23/8/2018 in epigrafe indicato, ha rigettato la domanda di riconoscimento della protezione internazionale presentata da D.S., nato in (OMISSIS). Questi ha proposto ricorso per cassazione con cinque mezzi; il Ministero dell’Interno è rimasto intimato.

Il cittadino straniero ha raccontato di essere fuggito perchè aveva intrapreso per due anni una relazione affettiva con la sorella: questa era rimasta incinta e sua madre ed i suoi familiari lo avevano aggredito verbalmente e fisicamente; a seguito di ciò era fuggito, cercando rifugio presso il fratello e che, poichè questi voleva farlo ritornare al villaggio, era fuggito via.

Il Tribunale ha ritenuto che il racconto – oltre ad essere connotato da non plausibilità circa la mancanza di consapevolezza da parte del ricorrente del suo comportamento e della gravidanza della sorella, nonostante il dichiarato grado di scolarizzazione – evidenziasse, quanto alle vicende personali, lacune e genericità in relazione ad aspetti rilevanti della vicenda, quale la scoperta della gravidanza della sorella, ed il coinvolgimento degli altri familiari, nonchè il comportamento del fratello.

Ha, inoltre, escluso la ricorrenza di alcuno dei presupposti per la concessione di qualsiasi forma di protezione internazionale perchè ha ritenuto insussistenti in concreto sia il pericolo di atti persecutori ed il rischio di danno grave, ai fini della protezione internazionale, sia le personali condizioni di vulnerabilità tali da giustificare il riconoscimento della protezione umanitaria.

Sono stati ritenuti sussistenti i presupposti per la trattazione camerale ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 8, 9, 10 e 11, inserito dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, conv. con modif. dalla L. 13 aprile 2017, n. 46, per avere omesso il Tribunale di fissare l’udienza di comparizione delle parti in assenza di videoregistrazione dell’audizione in sede amministrativa.

Il motivo è infondato.

Dalla stessa decisione impugnata (fol. 2) e dal ricorso (fol. 5) si evince che l’udienza di comparizione venne fissata, ritenendo il giudice di soprassedere solo all’audizione, ritenuta non necessaria, in linea con quanto già affermato da questa Corte, secondo la quale “Nel giudizio di impugnazione della decisione della Commissione territoriale innanzi all’autorità giudiziaria, in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio, il giudice deve necessariamente fissare, pena la violazione del contraddittorio, l’udienza per la comparizione delle parti, configurandosi, in difetto, la nullità del decreto con il quale viene deciso il ricorso, senza che sorga tuttavia l’automatica necessità di dare corso all’audizione il cui obbligo” (Cass. n. 2817 del 31/01/2019).

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dei parametri normativi relativi alla credibilità delle dichiarazioni del richiedente fissati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c), lamentando il mancato esame comparativo tra le informazioni provenienti dal richiedente e l’osservanza degli obblighi di cooperazione istruttoria incombenti sull’Autorità giudiziaria.

Il motivo è inammissibile.

Il Tribunale, ha ritenuto non credibile quanto riferito dal ricorrente, sulla scorta di una attenta disamina di quanto narrato; ne consegue che il ricorrente genericamente e vanamente invoca l’attenuazione dell’onere probatorio a proprio carico, desumibile dall’art. 3, in particolare comma 5, del D.Lgs. n. 251 del 2017, avendo l’interessato pur sempre l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda (art. 3, comma 5, lett. a), solo nel quale caso (e in presenza delle ulteriori condizioni poste dalla norma) è possibile considerare “veritieri” i fatti narrati. La valutazione di non credibilità del racconto, che integra la ratio decidendi della sentenza impugnata, costituisce un apprezzamento di fatto che è riservato al giudice di merito, al quale compete di valutare se le dichiarazioni del richiedente la proezione siano coerenti e plausibili (lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate (Cass. n. 27503 del 30/10/2018) e tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Nel caso di specie il ricorrente non indica nel motivo alcun fatto il cui esame sarebbe stato omesso, ma si limita a criticare la modalità di valutazione in termini del tutto generici.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,6,7, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, artt. 2 e 3 della CEDU, nonchè omesso esame dei fatti ed assenza di motivazione, nonchè violazione dei parametri normativi relativi agli atti di persecuzione subiti.

Anche questa censura riguarda la ritenuta non credibilità del narrato con cui il richiedente ha esposto le ragioni della fuga dal suo Paese: il ricorrente si duole che sia stato omesso l’esame del fatto decisivo costituito dalla paura di essere ucciso a seguito di gravi accadimenti narrati, a suo dire integranti una persecuzione.

Il motivo è inammissibile per le ragioni esposte al par. 2 e perchè tende a pervenire ad un non consentito riesame del merito.

4. Con il quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 17 e art. 14, lett. c), lamentando che il Tribunale, pur prendendo in considerazione quale fonte di informazione il rapporto EASO 2017, avrebbe omesso di valutare la situazione politica della Guinea.

Il motivo è inammissibile. Invero il ricorrente non coglie la ratio decidendi laddove afferma che la decisione di rigetto del Tribunale è motivata dalla circostanza che il ricorrente non avrebbe fatto riferimento alla situazione di violenza indiscriminata nella sua Regione di provenienza (fol. 20 del ricorso), posto che il Tribunale, al contrario, ha esaminato le fonti internazionali più aggiornate (Rapporto EASO 2017, Rapporto Freedom House 2018) ed ha escluso con adeguata valutazione riservata al giudice del merito, la ricorrenza di una situazione di violenza indiscriminata sul territorio della (OMISSIS).

La censura è inammissibilmente volta al riesame del merito.

5. Con il quinto motivo si denuncia il mancato riconoscimento della protezione umanitaria del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e art. 19, comma 2 e art. 10, comma 3, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi.

La censura complessivamente articolata è generica e non fa riferimento a ragioni personali di vulnerabilità, diverse da quelle già esaminate dal Tribunale in relazione alle altre domande.

Il ricorrente si duole che il giudice abbia omesso di valutare, al fine del riconoscimento della protezione umanitaria, l’avvenuta integrazione nel territorio italiano, le ragioni della sua fuga ed i rischi in caso di rientro in Patria.

Il motivo è inammissibile perchè, pur prospettando anche una violazione di legge, è inteso a pervenire ad una diversa valutazione dei fatti esaminati dal giudice del merito, senza peraltro trasfondere la critica nel vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, mediante la necessaria indicazione dei fatti decisivi di cui sia stato omesso l’esame.

La doglianza, espressa mediante un coacervo di argomentazioni, ancora una volta lamenta in maniera astratta il mancato assolvimento della cooperazione istruttoria officiosa ed insiste per la veridicità del narrato, che consiste in un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito (in tema di valutazione di credibilità del racconto, v. Cass. n. 3340 del 05/02/2019).

Inoltre, risulta dirimente il difetto di qualsivoglia allegazione individualizzante in punto di vulnerabilità, senza che la insussistenza dei presupposti accertata dal Tribunale trovi una adeguata e puntuale replica nell’illustrazione del motivo di ricorso, tale non potendosi ritenere la frequenza di corsi di formazione, di lingua italiana, di scuola guida e lo svolgimento occasionale di attività lavorative, già considerate dal Tribunale insufficienti a realizzare una condizione di integrazione.

Resta da aggiungere che la riscontrata non individualizzazione dei motivi umanitari e di ragioni di vulnerabilità diverse da quelle poste a base della richiesta di altre forme di protezione non può essere surrogata dalla situazione generale del Paese, perchè altrimenti si finirebbe per prendere in considerazione non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

6. In conclusione il ricorso va rigettato.

Non si provvede sulle spese di giudizio per assenza di attività difensive della controparte.

Non sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, stante l’ammissione provvisoria del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

– Rigetta il ricorso;

– Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA