Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33623 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 08/11/2019, dep. 18/12/2019), n.33623

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6196/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n.

12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

Top House s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe

Ciaramella, con domicilio eletto in Roma, via Civitavecchia, n. 7,

presso lo studio dell’Avv. Pierpaolo Bagnasco;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 2/15/12 depositata il 16 gennaio 2012.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio dell’8 novembre

2019 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate notificò alla Top House s.r.l. (hinc anche: “la contribuente”) – società che opera nel settore delle costruzioni – un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2005, con il quale, “sulla base dei dati e delle notizie fornite dal sistema informativo dell’Anagrafe tributaria ed attraverso l’accesso alla banca dati OMI” (così la sentenza impugnata), rettificava in aumento, nella misura di Euro 466.905,00, i corrispettivi delle cessioni di undici unità immobiliari a uso abitativo site in Teverola, accertando le maggiori IRES, IRAP e IVA conseguentemente dovute;

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Caserta che accolse il ricorso della contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale della Campania (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò con la motivazione che “effettivamente dal prospetto di frazionamento del mutuo, e dalle puntuali note aggiunte e controdeduzioni depositate dall’appellata rispettivamente in primo e secondo grado, non risulta quanto asserito dall’Ufficio; infatti per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui; va inoltre considerato anche che le modalità di vendita delle 32 unità “su progetto” effettuate con compromessi registrati oltre tre anni prima della stipula notarile, e con versamento di acconti (…) periodici regolarmente fatturati, hanno comportato che i ricavi sono stati “spalmati” in più anni e non era consentito (sic) l’applicazione dei prezzi di mercato all’epoca del rogito perchè già fissati nelle promesse di vendita; tale modalità di vendita ben documentata costituisce prova che appare adeguata a precludere la valutazione risultante dalla banca dati OMI; ne consegue la conferma della sentenza impugnata”;

avverso tale sentenza della CTR – depositata il 16 gennaio 2012 e non notificata – ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso, notificato il 4-6 marzo 2013, a due motivi;

la Top House s.r.l. resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), “l’omessa, o comunque insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione” della sentenza impugnata sotto i profili: a) che l’affermazione che, “dal prospetto di frazionamento del mutuo, (…) non risulta quanto asserito dall’Ufficio” non è motivata; b) della contraddittorietà dell’affermazione che “non risulta quanto asserito dall’Ufficio” anche perchè “per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui”; c) che, nell’affermare che vi era stato “versamento di acconti periodici e regolarmente fatturati (che) hanno comportato che i ricavi sono stati “spalmati” in più anni”, la CTR: comma 1) non ha dato conto degli elementi da cui tali versamenti risulterebbero nè ha accertato se i rogiti riportassero gli stessi come parti del prezzo già pagate; comma 2.) ha trascurato che il fatto che l’importo di mutui stipulati al momento dei rogiti fosse superiore ai prezzi in questi indicati non poteva essere spiegato con il precedente versamento di acconti; d) che l’affermazione che “non era consentito (sic) l’applicazione dei prezzi di mercato all’epoca del rogito perchè già fissati nelle promesse di vendita” è “inconciliabile” anche con il fatto che, nei casi in cui i contratti preliminari non erano stati registrati, i rogiti recavano un prezzo non uguale ma inferiore a quello indicato nel preliminare;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, della L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1, comma 265 e dell’art. 2727 c.c., per non avere la CTR considerato – in contrasto con tali disposizioni – che la superiorità “(o comunque eccessiv(ità))” dei mutui rispetto ai prezzi indicati nei rogiti era idonea a dare luogo, in assenza di adeguate giustificazioni da parte della contribuente, a legittime presunzioni di cessione delle unità immobiliari per corrispettivi superiori a quelli dichiarati, indipendentemente da quanto stipulato nel preliminare e dall’eventuale versamento di acconti, nonchè a costituire “adeguato supporto” alle ulteriori presunzioni circa la corrispondenza dell’effettiva entità dei corrispettivi ai valori dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI);

con riguardo al primo motivo, la controricorrente ha sollevato due eccezioni di inammissibilità parziale, sugli assunti che: a) il profilo di doglianza esposto sopra sotto la lett. a) difetterebbe di autosufficienza – in violazione, quindi, dell’art. 366 c.p.c. – in relazione, in particolare, alla menzione, operata dalla ricorrente nell’illustrazione dello stesso profilo, dei prezzi di vendita dichiarati delle unità immobiliari; b) il profilo di doglianza esposto sopra sotto la lett. d), oltre a essere anch’esso carente in punto di autosufficienza, si risolverebbe nell’inammissibile richiesta di una nuova valutazione dei fatti di causa;

la prima eccezione non è fondata sia perchè la ricorrente ha in realtà rispettato il principio di autosufficienza, riportando puntualmente gli asseriti prezzi di vendita dichiarati degli immobili e rinviando, in modo parimenti puntuale, alla pagina e ai righi dell’allegato avviso di accertamento dove essi sono indicati, sia – e prima ancora – perchè la menzione degli stessi prezzi è operata ad abundantiam, essendo non essenziale rispetto a un profilo di doglianza con il quale fondamentalmente si lamenta l’omessa motivazione dell’affermazione che, “dal prospetto di frazionamento del mutuo, (…) non risulta quanto asserito dall’Ufficio”;

la seconda eccezione è, invece, fondata in relazione al lamentato difetto di autosufficienza in quanto, premesso che, con il profilo di doglianza in questione, la ricorrente asserisce l’inconciliabilità dell’affermazione secondo cui “non era consentito (sic) l’applicazione dei prezzi di mercato all’epoca del rogito perchè già fissati nelle promesse di vendita” con il fatto che, nei casi in cui i contratti preliminari non erano stati registrati, i rogiti recavano un prezzo non uguale ma inferiore a quello indicato nel preliminare, la stessa ricorrente non ha assolto l’onere di riportare i passi dell’avviso di accertamento da cui tali circostanze risulterebbero, al fine di consentire a questa Corte di verificarne la sussistenza senza accedere a documenti esterni al ricorso;

il profilo di doglianza esposto sotto la lett. d) non può quindi assumere rilievo nell’esame del primo motivo di ricorso;

tale motivo è, per il resto, fondato;

è fondato, anzitutto, il primo profilo di doglianza, con il quale la ricorrente lamenta l’omessa motivazione dell’affermazione della sentenza impugnata che, “dal prospetto di frazionamento del mutuo, (…) non risulta quanto asserito dall’Ufficio”;

questa affermazione è, in effetti, anapodittica e, perciò, non motivata, non estrinsecando nè quali siano le risultanze del suddetto prospetto nè perchè esse smentirebbero le asserzioni dell’ufficio, cosicchè è impossibile comprendere il ragionamento che ha indotto la CTR a quest’ultimo convincimento (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; in senso conforme, Cass., 23/05/2019, n. 13977);

è altresì fondato, in secondo luogo, il secondo profilo di doglianza, con il quale la ricorrente lamenta la contraddittorietà dell’affermazione che “non risulta quanto asserito dall’Ufficio” anche perchè “per tutti gli appartamenti venduti risultano i valori dichiarati inferiori ai mutui”;

questa Corte ha più volte ribadito che l’erogazione agli acquirenti di immobili di mutui di importo superiore al prezzo indicato nell’atto pubblico di compravendita è sufficiente a giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati in misura corrispondente a tale prezzo (Cass., 09/06/2017, n. 14388, 25/01/2019, n. 2155);

pertanto risulta chiaramente contraddittorio affermare, come fa la CTR, che la superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi indicati nei rogiti – cioè un elemento indiziario che, anche da solo, legittima l’accertamento dell’ufficio – smentisce, invece, le asserzioni dello stesso;

fondato è ancora, in terzo luogo, il terzo profilo di doglianza con il quale la ricorrente si duole che la CTR, nell’affermare che vi era stato il versamento di acconti fatturati, non ha indicato da quali elementi abbia tratto il proprio convincimento in ordine a tale circostanza;

anche l’affermazione dell’esistenza di acconti – che, a sua volta, sorregge l’altra asserzione che “i ricavi (erano) stati “spalmati” in più anni” – è, in effetti, anapodittica e, perciò, non motivata, non estrinsecando nè quale documentazione la CTR abbia esaminato (in particolare, se abbia esaminato anche i rogiti e se in essi gli acconti fossero indicati come parte del prezzo) nè quale valenza probatoria abbia attribuito alla stessa;

è, infine, fondato, in quarto luogo, anche il quarto profilo di doglianza con il quale la ricorrente lamenta che la CTR non ha considerato che il fatto che l’importo di mutui stipulati al momento dei rogiti fosse superiore ai prezzi in questi indicati non poteva, in realtà, essere spiegato con il precedente versamento di acconti;

l’attribuzione di rilievo al versamento di acconti, quale premessa dell’affermazione che “i ricavi (erano) stati “spalmati” in più anni”, si pone in effetti in contraddizione con l’affermazione della superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi dichiarati nei rogiti;

infatti, poichè tale ammontare non poteva ragionevolmente finanziare dei pagamenti già avvenuti ma soltanto dei pagamenti ancora dovuti, la valenza indiziaria dell’esistenza di maggiori corrispettivi costituita dalla superiorità dello stesso ammontare rispetto al prezzo dichiarato non avrebbe potuto essere svalutata sulla base dell’asserita esistenza di pagamenti pregressi;

anche con riguardo al secondo motivo, la controricorrente ha sollevato due eccezioni di inammissibilità, sugli assunti che esso: a) si risolverebbe nell’inammissibile richiesta di una nuova valutazione dei fatti di causa; b) difetterebbe di autosufficienza poichè la ricorrente “non trascrive (…) gli estremi degli atti per i quali i mutui sarebbero superiori ai valori dichiarati, nè specifica quanti siano, eventualmente, tali atti e in che misura i valori dichiarati sarebbero inferiori agli importi dei mutui; inoltre, controparte non trascrive i dati OMI, nè li mette a confronto con quanto risulta dai rogiti notarili”;

la prima eccezione non è fondata atteso che, con il motivo in esame, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata, negando rilievo a elementi logici (la superiorità dei mutui rispetto ai prezzi di vendita dichiarati) e statistici (le valutazioni della banca dati dell’OMI), avrebbe violato la normativa tributaria e del codice civile in materia di presunzioni semplici, vizio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è senz’altro censurabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione della predetta normativa (Cass., 04/04/2019, n. 9453; più in generale, con riguardo alla censurabilità in sede di legittimità, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), dell’applicazione dell’art. 2727 c.c. a fattispecie concrete che siano effettivamente ascrivibili alla fattispecie astratta di tale articolo, Cass., 26/06/2008, n. 17535, 04/08/2017, n. 19485, 16/11/2018, n. 29635);

anche la seconda eccezione è infondata atteso che, con lo stesso motivo, la ricorrente lamenta che la CTR abbia negato tout court rilievo agli elementi della superiorità dei mutui rispetto ai prezzi di vendita dichiarati e delle valutazioni della banca dati dell’OMI così come considerati nella stessa sentenza impugnata, sicchè nessuna esigenza di rispetto del principio di autosufficienza del ricorso sorgeva in proposito;

nel merito, anche il secondo motivo di ricorso è fondato;

la legge comunitaria 2008 (L. 7 luglio 2009, n. 88), art. 24, comma 5, ha sostituito il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, con ciò eliminando la disposizione, introdotta dal D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 3, convertito, con modificazioni, nella L. 4 agosto 2006, n. 248, che stabiliva una presunzione legale relativa di corrispondenza del corrispettivo delle cessioni aventi a oggetto beni immobili (e relative pertinenze) al valore normale degli stessi beni;

in tale modo, è stato ripristinato il quadro normativo anteriore al suddetto decreto-legge, con l’effetto che tutto è tornato a essere rimesso alla valutazione del giudice il quale può, secondo gli ordinari criteri dell’accertamento analitico/induttivo, desumere l’esistenza di attività non dichiarate “anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti”;

tale novella, data la sua finalità di adeguare l’ordinamento tributario interno a quello comunitario, ha effetto retroattivo (Cass., 26/09/2014, n. 20429, 12/04/2017, n. 9474, 25/01/2019, n. 2155, 04/04/2019, n. 9453);

ne consegue che la CTR, col negare rilievo all’elemento indiziario della superiorità dell’ammontare dei mutui erogati rispetto ai prezzi indicati nei rogiti – che questa Corte ha costantemente reputato idoneo, solo o insieme a quello delle valutazioni della banca dati dell’OMI (per tutte, Cass., n. 14388 del 2017), a giustificare la rettifica in via presuntiva dei corrispettivi dichiarati – ha violato la normativa sia tributaria (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) che codicistica (art. 2727) in materia di prova presuntiva;

pertanto, accolto il primo motivo di ricorso nei termini indicati nonchè il secondo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, anche per provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 08 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 18 dicembre 2019

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