Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33608 del 28/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2018, (ud. 17/10/2018, dep. 28/12/2018), n.33608

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4435-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ROMAL SRL, S.M., D.E., Z.R.;

– intimati –

nonchè da:

ROMAL SRL, elettivamente domiciliato in ROMA L.GO DEL TEATRO VALLE 6,

presso lo studio dell’avvocato LUCIANO FILIPPO BRACCI, rappresentato

e difeso dall’avvocato BRUNO AIUDI;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, S.M., D.E.,

Z.R.;

– intimati –

nonchè da:

D.E., S.M., Z.R., elettivamente

domiciliati in ROMA L.GO DEL TEATRO VALLE 6, presso lo studio

dell’avvocato LUCIANO FILIPPO BRACCI, rappresentati e difesi

dall’avvocato BRUNO AIUDI;

– controricorrenti incidentali –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, ROMAL SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 213/2010 della COMM. TRIB. REG. di ANCONA,

depositata il 23/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/10/2018 dal Consigliere Dott. ANDREA VENEGONI.

Fatto

CONSIDERATO

che:

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Fano, relativo all’anno 2003 a carico della società Romal srl, svolgente attività di costruzione e vendita di edifici residenziali e non, nonchè dei soci, l’ufficio emetteva avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette, Irap e Iva, con cui recuperava a tassazione, a carico della società, redditi non dichiarati, sul presupposto che alcune operazioni immobiliari – dieci, in particolare – fossero avvenute ad un valore superiore a quello dichiarato, ed avvisi di accertamento a carico di ciascun socio per i conseguenti maggiori redditi.

La società ed i soci ricorrevano separatamente alla CTP che annullava gli accertamenti.

L’ufficio appellava le sentenze, così come le parti in via incidentale per il capo relativo alla spese, e la CTR delle Marche, riuniti i ricorsi, respingeva l’appello e gli appelli incidentali.

Contro tale sentenza ricorre a questa Corte l’ufficio sulla base di tre motivi.

La società ed i soci resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale.

Diritto

RITENUTO

che:

Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 40 e 41 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e violazione degli artt. 2727 c.c. e segg., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR, pur dando atto di alcuni elementi di fatto che facevano dubitare della veridicità dei prezzi dichiarati, ha respinto l’appello dell’ufficio pretendendo da quest’ultimo una prova piena sui prezzi effettivamente pagati nelle compravendite oggetto di accertamento, laddove la normativa in tema di accertamento induttivo richiede la sola esistenza di presunzioni semplici, seppure gravi, precise e concordanti.

Con il secondo motivo deduce violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., in relazione alla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 265, in combinato disposto con il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 23, conv. in L. n. 248 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

La CTR ha erroneamente negato rilievo probatorio, anche solo presuntivo, alle perizie sui mutui concessi agli acquirenti degli immobili, valore conferito invece dalla normativa del 2006 sopra richiamata anche agli atti compiuti anteriormente al 4 luglio 2006.

Con il terzo motivo deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Ferme le considerazioni del primo motivo, l’ufficio evidenzia anche come la motivazione in punto di fatto circa la rilevanza degli elementi accertati è illogica perchè per negare rilievo alle perizie di stima sugli immobili in relazione ai mutui ha assunto che vi fosse un intento speculativo ed un interesse delle parti contrario a buona fede e lealtà contrattuale, del tutto indimostrato nella specie. Inoltre è insufficiente perchè per negare rilievo alle indagini di mercato sui prezzi ha apoditticamente affermato che esse non offrono alcun contributo. Ancora, ha contraddittoriamente sminuito il valore della prova rappresentata dai movimenti bancari, ed in particolare degli assegni che gli acquirenti hanno emesso con indicazione del beneficiario quale “m.m.”, cioè “me medesimo” a riprova, secondo l’ufficio, di prelievi in contanti del valore degli stessi. Da un lato infatti la CTR ha esplicitamente ammesso che tale elemento è idoneo a sollevare dubbi sulla veridicità del prezzo dichiarato nei diversi atti, ma, dall’altro, lo ha poi ritenuto non rilevante. Infine, in sede di decisione sulle spese, ha ribadito esplicitamente che gli elementi raccolti dagli accertatori hanno fatto sorgere dubbi sula veridicità dei prezzi e, ciononostante, ha rigettato l’appello.

In via di ricorso incidentale, la società deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, artt. 112 e 132 c.p.c.; in sostanza, la CTR non avrebbe esaminato l’aspetto decisivo relativo al fatto che l’ufficio aveva proceduto ad accertamento induttivo senza avere dimostrato che ne sussistessero i requisiti.

I soci, a loro volta, con il primo motivo di ricorso incidentale deducono omessa pronuncia, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, artt. 112 e 132 c.p.c..

La CTR non ha deciso sulla eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di interesse, avendo la CTP dichiarato l’insufficiente motivazione dell’accertamento e non avendo l’ufficio appellato tale specifica ratio decidendi.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale i soci deducono omessa e/o apparente motivazione circa i fatti e le questioni della controversia, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

La CTR non ha infatti motivato specificamente sulle ragioni dell’accoglimento del ricorso dei soci, ma le ha fatte discendere dall’accoglimento del ricorso della società.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale i soci deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 83, comma 3, in relazione all’art. 2697 c.c., D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, ora art. 43, nel testo di cui al D.Lgs. n. 344 del 2003, sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per carenza di motivazione.

Nella specie si è ritenuto che gli utili asseritamente conseguiti dalla società fossero stati distribuiti ai soci, per quanto l’accertamento nei confronti della prima non fosse definitivo.

Con il quarto motivo di ricorso incidentale i soci deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7,D.P.R. n. 600 del 1973, art. 40 e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67, sulla duplicazione di imposta, sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, difetto di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

L’ufficio ha parificato i soci di società di capitali a quelli delle società di persone, e la CTR non si è pronunciata sul punto.

Il primo e terzo motivo del ricorso principale dell’ufficio possono essere trattati congiuntamente, attesa la unicità della questione proposta sia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, e sono fondati.

Nel caso di specie, gli elementi su cui si basa l’accertamento appaiono essere: la divergenza dei prezzi dichiarati negli atti di acquisto dai valori medi immobiliari, la discordanza dei prezzi dichiarati rispetto ai mutui contratti dagli acquirenti (di valore più elevato), gli accertamenti bancari.

Questa Corte ha considerato rilevante per fondare l’accertamento, in casi analoghi, anche uno solo di tali elementi.

Sez. 5, ord. n. 14388 del 2017 (Rv. 644429-01), ha affermato che: In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova, ritenendolo, così, idoneo a fondare una presunzione semplice sulla cui base può essere raggiunta la prova del maggior reddito.

Sez. 5, n. 26485 del 2016 ha ritenuto, sullo stesso aspetto, sufficiente lo scostamento tra mutuo erogato all’acquirente e prezzo dichiarato, ciò non comportando violazione alcuna delle disposizioni civilistiche in materia di prova presuntiva, aggiungendo che:

E’, infatti orientamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 2082 del 2014, conf. Cass. n. 4472/03, in motivazione, Cass. n. 3414/69) che “la presunzione semplice è un procedimento logico da cui il giudice desume la esistenza di un fatto ignoto dalla presenza di un fatto noto sul presupposto di una loro successione nella normalità dei casi. E’ evidente, pertanto, che anche un solo fatto – qualora presenti i requisiti della gravità e precisione – può essere idoneo per una tale deduzione e costituire, quindi, la fonte della presunzione”.

Se si considera che la stessa CTR riconosce che, nel caso di specie, ricorrono tre elementi noti, sui quali è fondata la presunzione, affermare che gli stessi non sono sufficienti a provare il maggior reddito perchè non permettono di ricavare l’esatto corrispettivo pagato indica un travisamento dei principi in tema di prova tributaria, perchè è principio costante quello per cui l’ufficio può provare i fatti che intende dimostrare (il maggior reddito) attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti.

Non vi è dubbio, poi, che la sentenza impugnata appaia viziata anche sotto il profilo motivazionale.

Affermare che le perizie di stima, da cui emerge lo scostamento dei mutui rispetto ai valori dichiarati, non siano attendibili perchè rispondono ad interessi di diverso genere sia in capo alla banca che al contribuente è dichiarazione criptica, non circostanziata, che lascia intravedere come un interesse non meglio precisato di tali soggetti prevalga sul valore presuntivo che la giurisprudenza riconosce al dato oggettivo dello scostamento. Sul rilievo dello scostamento dei prezzi dichiarati sia dai mutui che dai valori di mercato, la CTR esaurisce la motivazione per negarvi rilevanza, affermando che questi dati non offrono nessun contributo ai fini dell’esatto corrispettivo pagato.

Si tratta, evidentemente, di una motivazione che appare insufficiente anche alla luce della giurisprudenza che, come esposto in precedenza, considera invece tali dati di fatto rilevante per ricavare il maggior reddito; se la CTR ha ritenuto, come ha ritenuto, che nella specie tali elementi non fossero determinanti, avrebbe dovuto diffondersi maggiormente e più chiaramente nell’esporne la ragioni.

Ma la motivazione contiene anche elementi di evidente contraddittorietà, laddove essa in più punti evidenzia che i fatti su cui si fonda l’accertamento sono idonei a sollevare dubbi, e – ancora di più – quelli che la stessa CTR definisce “forti sospetti circa la veridicità dei prezzi”, salvo concludere per la non sufficienza di tali elementi.

Il primo e terzo motivo devono, pertanto, essere accolti, con assorbimento del secondo motivo.

Appaiono infondate, al riguardo, le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate sia dalla società che dai soci.

La società, in particolare, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse.

Nel giudizio davanti alla CTP, infatti, uno dei motivi di annullamento degli accertamenti era dovuto al fatto che, all’epoca degli stessi, vigeva una norma (D.L. n. 41 del 1995, art. 15) che in tema di Iva non permetteva di compiere accertamenti in tema di compravendite immobiliari allorchè il valore dichiarato fosse stato almeno equivalente al reddito catastale moltiplicato per coefficienti, salvo che il maggior valore non risultasse da documenti

Nell’appello l’ufficio aveva impugnato la sentenza della CTP deducendo erronea interpretazione di tale norma. L’eccezione della società si fonda sul fatto che, ritenuta tale parte della sentenza autonoma ratio decidendi, pur non essendosi sulla stessa espressa la CTR, e non avendo l’ufficio proposto ricorso sul punto, su questa sarebbe sceso il giudicato, determinando l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse.

L’eccezione è infondata. Proprio il fatto che la CTR non si sia espressa sulla questione, ritenendola evidentemente di fatto assorbita dalla trattazione delle altre, di carattere più generale, fa sì che l’ufficio non dovesse impugnarla in sede di ricorso in cassazione.

Nel caso di assorbimento c.d. improprio, che si configura nel caso di rigetto di una domanda in base alla soluzione di una questione di carattere esaustivo che rende vano esaminare le altre, sul soccombente non grava l’onere di formulare sulla questione assorbita alcun motivo di impugnazione, ma è sufficiente, per evitare il giudicato interno, che censuri la sola decisione sulla questione giudicata di carattere assorbente. (Sez. 1, n. 14190 del 2016).

Ora, a seguito dell’annullamento con rinvio della causa che viene disposto con la presente sentenza, la questione potrà essere riesaminata nel giudizio di rinvio.

I tre soci ugualmente eccepiscono l’inammissibilità del ricorso perchè lo stesso non rispetterebbe i canoni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, e perchè riguarda la posizione della società e non quella dei soci, nei confronti dei quali non è stato svolto alcuno specifico motivo.

Anche tale eccezione appare infondata, atteso che il ricorso è articolato correttamente, ha ad oggetto la sentenza della CTR, ed è quest’ultima a non prendere in considerazione la posizione dei soci. Peraltro, è noto che la posizione dei soci di una società di capitali è, a questi fini, conseguente a quella della società; pertanto l’impugnazione dei motivi relativi all’accertamento del reddito della società riguarda, in via generale, di riflesso, anche i soci.

Avendo poi la CTR, nella sostanza, ritenuto assorbite anche le questioni dedotte in appello, sia come controdeduzioni che con gli appelli incidentali dalla società e dai soci, perchè dalla lettura della sentenza emerge con chiarezza che, sebbene essi siano stati formalmente respinti, ciò è avvenuto esclusivamente in virtù del rigetto dell’appello dell’ufficio, con il quale la CTR ha confermato la completa vittoria della società e dei soci nel merito (tranne che sulle spese, sulla cui pronuncia, tuttavia, non è stato in questa sede proposto ricorso incidentale), i ricorsi incidentali sono inammissibili e le relative questioni potranno essere riesaminate in sede di rinvio.

E’, infatti, principio affermato da questa Corte quello per cui il ricorso incidentale per cassazione, qualificato o meno come condizionato, presuppone la soccombenza e non può, quindi, essere proposto dalla parte che sia risultata completamente vittoriosa nel giudizio di appello; quest’ultima, del resto, non ha l’onere di riproporre le domande e le eccezioni non accolte o non esaminate dal giudice d’appello, poichè l’eventuale accoglimento del ricorso principale comporta la possibilità che dette domande o eccezioni vengano riesaminate in sede di giudizio di rinvio (Sez. 2, n. 134 del 2017).

P.Q.M.

Accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata, con rinvio del procedimento alla CTR delle Marche, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese.

Dichiara inammissibili i ricorsi incidentali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018

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