Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33606 del 28/12/2018

Cassazione civile sez. trib., 28/12/2018, (ud. 03/10/2018, dep. 28/12/2018), n.33606

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1838-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SIR SOCIETA’ ITALIANA RISTORAZIONE SRL, domiciliato in ROMA P.ZZA

CAVOUR presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’Avvocato NICOLA SIRACUSANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 127/2010 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST.

SICILIA, depositata il 25/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/10/2018 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La C.T.P. di Messina, con sentenza del 5.10.2004, accolse il ricorso proposto dalla SIR Società Italiana Ristorazione s.r.l. avverso il diniego del rimborso dell’IVA applicata e versata in eccedenza negli anni 1997-1998 – diniego costituito dal silenzio-rifiuto da parte dell’Ufficio IVA di Messina, stante la mancata erogazione delle somme per l’esistenza di “carichi pendenti” – per l’importo di Lire 1.054.678.342. La C.T.P. dispose quindi il rimborso di Lire 730.290.680, oltre interessi e con compensazione delle spese. La SIR propose, in data 17.1.2005, istanza per la correzione dell’errore materiale relativo all’importo del rimborso, e in data 15.2.2005 appello avverso la detta decisione, sempre riguardo all’entità del rimborso stesso, riconosciuto nella sentenza di primo grano in Lire 730.290.680, anzichè in Lire 1.054.678.342 (Euro 544.695,90). La C.T.P., con ordinanza del 1.4.2005, resa in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate, accolse l’istanza di correzione materiale nel senso anelato dalla SIR. Incardinatosi frattanto il giudizio d’appello dinanzi alla C.T.R. di Palermo, sez. st. di Messina, questa l’accolse con sentenza del 25.11.2010, confermando la prima decisione e l’ordinanza di correzione dell’errore materiale, nonchè disponendo il rimborso, in favore dell’appellante SIR, della somma di Lire 1.054.678.342. L’Agenzia delle Entrate ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste la SIR Società Italiana Ristorazione s.r.l. in liquidazione con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1 – Con l’unico motivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si denuncia violazione e falsa applicazione del R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, commi 6 e 7 e D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23. La ricorrente osserva che, sin dal primo grado, l’Ufficio ha sempre escluso di aver denegato il rimborso, affermando di aver soltanto sospeso l’erogazione per la presenza di “carichi pendenti” nei confronti della società per IVA e II.DD. Poichè la contribuente aveva impugnato un provvedimento di diniego del rimborso, la C.T.R. avrebbe dovuto, quindi, limitarsi a dichiararne l’illegittimità, ma senza disporre alcun rimborso del tributo. Così facendo, ha violato le norme in rubrica, privando l’Amministrazione finanziaria della possibilità di disporre il “fermo contabile” a salvaguardia di eventuali compensazioni. 2.1 – Il ricorso è inammissibile per difetto d’interesse. Pur volendo prescindere dalla questione della legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado da parte della SIR (ovvero comunque da quella ulteriore circa l’eventuale cessazione della materia del contendere in appello, una volta ottenuta in corso d causa dalla stessa SIR la correzione dell’errore materiale che inficiava a prima decisione), è evidente che l’odierna ricorrente non ha correttamente interpretato la ratio decidendi dell’impugnata sentenza. Infatti, la C.T.R., dopo aver rilevato che l’Ufficio non aveva mai contestato l’an del rimborso per cui è causa, avendo solo dedotto l’eventuale esistenza di carichi tributari da porre in compensazione, ha affermato che detta questione “non è oggetto del presente giudizio”, con ciò intendendo significare che in alcun modo l’Amministrazione finanziaria può dirsi limitata, nel caso che occupa, in relazione ai relativi poteri di sospensione del pagamento e segnatamente anche riguardo all’esercizio del “fermo contabile” di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69. Non può quindi riscontrarsi, in relazione ai profili denunciati in questa sede di legittimità, alcun apprezzabile interesse alla rimozione della decisione impugnata in capo all’odierna ricorrente. 3.1 – Il ricorso è pertanto inammissibile. In considerazione della peculiarità della controversia, ritiene la Corte sussistenti giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 3 ottobre 2018. Depositato in Cancelleria il 28 dicembre 2018

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