Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3360 del 13/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 3360 Anno 2014
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: SESTINI DANILO

SENTENZA

sul ricorso 18197-2010 proposto da:
UBI FACTOR UNIONE BANCHE ITALIANE FACTORING SPA
06195820151, in persona del Presidente del Consiglio
di Amministrazione e legale rappresentante protempore Avv. ANGELO RAMPINELLI ROTA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SARDEGNA 50, presso lo
2013
2440

studio dell’avvocato DESIDERI GIOVANNI, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALOISIO
ROBERTO GIOVANNI giusta delega in atti;
– ricorrente contro

1

Data pubblicazione: 13/02/2014

AZIENDA USL ROMA E, in persona del Direttore
Amministrativo e legale rappresentante pro-tempore
Dott. GINO GUMIRATO, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA FORNOVO 3, presso lo studio dell’avvocato
DE SANTIS GUIDO, che lo rappresenta e difende

giusta delega in atti;
– controrícorrente

avverso la sentenza n. 2049/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 18/05/2009 R.G.N.
8125/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2013 dal Consigliere Dott. DANILO
SESTINI;
udito l’Avvocato ROBERTO GIOVANNI ALOISIO;
udito l’Avvocato GUIDO DE SANTIS;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

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unitamente all’avvocato RUSSO VALENTINI MARIA ROSARIA

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato nell’anno
2004, la C.B.I. Factor s.p.a. conveniva in
giudizio la A.S.L. Roma E per sentirla condannare
interessi nella misura prevista dagli artt. 35 e
36 del D.P.R. n. 1063/1962), quale residuo importo
dovuto per la fattura 193/1997 emessa
dall’Istituto delle Figlie di Nostra Signora al
Monte Calvario – Ospedale Cristo Re, di cui
l’attrice era cessionaria.
Tale fattura era stata emessa per l’importo di
£ 7.940.354.100 -a titolo di conguaglio per le
competenze relative all’anno 1996- ed era stata
pagata per £ 5.600.551.855, mentre il residuo
importo era stato ritenuto non dovuto dalla A.S.L.
in quanto eccedente il tetto massimo consentito
sulla base della nuova tariffazione secondo DRG e
della Delibera G.R. n. 2910/97.
Rigettata la domanda dal Tribunale di Roma
(con sentenza n. 21429/2003) e proposto appello
dalla C.B.I., la Corte di Appello di Roma
confermava la sentenza impugnata, compensando le
spese di lite.
Propone ricorso per cassazione U.B.I. FACTOR
s.p.a. (già C.B.I. Factor), affidandolo a tre
motivi illustrati da memoria; resiste con
controricorso l’Azienda Sanitaria Locale Roma E.
3

al pagamento della somma di £ 2.339.802.245 (oltre

MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Al ricorso in esame si applica, ratione
temporis, il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. in
quanto la sentenza è stata pubblicata in data
2. Col primo motivo (“Violazione dell’obbligo
di giudicare iuxta alligata et probata di cui
all’art. 115 C.P.C.; violazione delle regole
sull’onere della prova di cui all’artt. 2697 cod.
civ., nonché 112, 115 e 232 C.P.C., in relazione
all’art.

360 n.

3 C.P.C.”),

la ricorrente

prospetta come violazione di legge -con specifico
riferimento ai criteri di riparto degli oneri
probatori- quella che, per quanto emerge
dall’illustrazione del motivo, risulta essere -in
realtà- una censura alla valutazione complessiva
delle prove: ne costituisce chiara conferma il
“quesito di diritto” che è del tutto inidoneo a
sostenere un vizio di violazione di legge (non
prospetta, infatti, la regula iuris seguita dal
giudice di merito e quella -opposta o diversa- di
cui viene richiesta l’applicazione) e si limita a
stigmatizzare la prevalenza data dalla Corte
territoriale ad alcune risultanze piuttosto che ad
altre: il motivo risulta pertanto inammissibile.
3. Il secondo motivo censura -questa volta come
vizio ex art. 360 n. 5- “l’omessa motivazione sul
punto

relativo

alla
4

mancata

risposta

18.5.2009.

all’interrogatorio formale da parte del legale
rappresentante della AUSL resistente”: lamenta la
ricorrente che “la sentenza impugnata non ha
espresso un rigo di motivazione sul punto non

l’eventualità dell’applicazione del primo comma
dell’art. 232 cod. proc. civ.”.
3.1. Il motivo è fondato, dal momento che il
giudice di merito ha omesso qualunque motivazione
in merito alla scelta di non attribuire alcuna
rilevanza alla mancata risposta all’interrogatorio
formale da parte del legale rappresentante della
AUSL convenuta, benché i relativi capitoli
vertessero su circostanze indubbiamente rilevanti
ai fini della decisione della causa.
Trattandosi, infatti, di individuare l’importo
fatturato dall’Ospedale Cristo Re nell’anno 1996
per attività di degenza, al fine di stabilire in
quali limiti dovesse operare la clausola di
salvaguardia prevista dalla Delibera della Giunta
Regional4azio n. 2910/97, i capitoli erano idonei
a fornire elementi decisivi ai fini della
ricostruzione degli esatti termini della vicenda.
Ciò premesso e ribadito che “la valutazione, ai
sensi dell’art. 232 cod. proc. civ., della mancata
risposta all’ interrogatorio formale rientra
nell’ampia facoltà del giudice di merito” e che
“l’esercizio di tale potere non può essere
5

avendo neppure in astratto preso in considerazione

censurato in sede di legittimità” (Cass. n.
10099/2013), deve altresì ribadirsi che “tale
potere è discrezionale e non arbitrario, onde il
giudice deve motivarne l’esercizio negativo”

giudice può negare qualsiasi rilevanza alla
mancata risposta all’interrogatorio formale, “ma
non può prescindere dalla sua valutazione e … non
può esercitare il potere discrezionale
attribuitogli dalla norma in senso positivo o
negativo senza adeguata motivazione, che renda
palese che il risultato non è frutto di arbitrio,
ma di una ponderata comparazione eseguita nel più
ampio quadro degli altri elementi probatori
acquisiti” (Cass. n. 6697/09).
In accoglimento del motivo, deve pertanto
cassarsi la sentenza, con rinvio alla Corte
d’Appello per una nuova valutazione circa la
rilevanza probatoria della mancata risposta
all’interrogatorio formale.
4. Il terzo motivo deduce “contraddittoria e
illogica motivazione su punto decisivo della
controversia”: il vizio logico illustrato non
attiene al contenuto intrinseco della motivazione,
ma viene individuato in ragione del contrasto che
si assume esistente fra le conclusioni cui è
pervenuta la sentenza impugnata e alcune
risultanze documentali di segno opposto non
6

(Cass. n. 27320/2005): più precisamente, il

valutate dalla Corte territoriale (segnatamente,
una nota della Regione Lazio datata 27.9.98).
La censura si risolve, a ben vedere, in una
doglianza in merito alla omessa valorizzazione

all’esercizio del potere -riservato esclusivamente
al giudice di merito- di individuare le fonti del
proprio convincimento, di valutare le prove e di
controllarne l’attendibilità, che comporta “la
scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle
ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della
controversia, potendo egli privilegiare, in via
logica, alcuni mezzi di prova e disattenderne
altri, in ragione del loro diverso spessore
probatorio, con l’unico limite della adeguata e
congrua motivazione del criterio adottato” (Cass.
n. 6697/09): ne consegue l’inammissibilità del
motivo.
5. Il giudice di rinvio provvederà anche in
ordine alle spese del presente giudizio
P.Q.M.
la Corte accoglie il secondo motivo del ricorso
e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa

probatoria di un documento e attiene, quindi,

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