Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 336 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 10/01/2017, (ud. 13/10/2016, dep.10/01/2017),  n. 336

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25682/2012 proposto da:

B.E., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

BANCO DI S. SPIRITO 48, presso lo studio dell’avvocato AUGUSTO

D’OTTAVI, rappresentato e difeso dall’avvocato LUCIANO GRISI;

– ricorrente –

contro

B.A., B.N., B.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 184/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 24/01/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2016 dal Consigliere Dott. FELICE MANNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel gennaio del 2003 B.E. agiva in divisione ereditaria dei beni relitti ah intestato dal padre G., verso i germani N. e A. e il nipote ex frate S., succeduto per rappresentazione dell’altro fratello, G., premorto. Il tutto previa collazione e riduzione di donazioni poste in essere dal de cuius in favore di N. e A..

Questi ultimi due nel resistere in giudizio eccepivano la natura testamentaria della successione, avendo il de cuius disposto delle sue sostanze con testamento olografo che aveva istituito loro soltanto come eredi. Chiedevano, quindi, il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore a restituire la somma di Lire 20 milioni mutuatagli dal de cuius.

B.S., si costituiva chiedendo unicamente di partecipare alla divisione ereditaria.

Con sentenza n. 803/06 l’adito Tribunale di Verona, accertata l’esistenza del testamento, rigettava la domanda principale e accoglieva la riconvenzionale condannando E. a pagare a N. ed Angelo la somma di Euro 10.748.50, oltre interessi legali e rivalutazione.

Tale sentenza era sostanzialmente confermata, salvo la rivalutazione del suddetto credito, dalla Corte d’appello di Venezia, con sentenza n. 184/12. Limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte lagunare riteneva sufficiente, ai fini della configurabilità del testamento olografo, la semplice institutio heredis, ravvisabile nella scheda prodotta.

Contro tale sentenza B.E. propone ricorso basato su di un unico motivo, illustrato da memoria depositata in prossimità dell’udienza.

B.N., A. e S. sono rimasti intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – L’unico motivo di ricorso espone la violazione o falsa applicazione dell’art. 587 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Richiamandosi espressamente a Cass. n. 8490/12, secondo cui il testamento olografo non e, identificabile come tale sulla sola base del requisito di forma di cui all’art. 602 c.c., il ricorrente sostiene che il documento prodotto in causa e qualificato dalla Corte territoriale come testamento sia privo della riconoscibilità oggettiva come negozio mortis causa. Si tratterebbe, deduce parte ricorrente, semplicemente di una lettera con cui B.G. avrebbe annunziato la sua intenzione di disporre in un certo modo delle sue sostanze, senza però dare poi corso in concreto a tale proposito.

Quindi, parte ricorrente riporta dapprima l’atto in questione nei termini che seguono (inclusi gli errori ortografici contenuti nel documento originale): “…(OMISSIS) Questo sarebbe di Testamento. Odeciso di fare così. Sicome che vostro fratello mia bandonato. Opensato di fare così la mia roba che ce in famiglia sarà divisa a N. e A. senza avere disqusione. Compreso i soldi che ce in banca. Poi ce Simone qualcosa ci aspetti anche lui percee figlio di vostra fratello. Dunque metive daccordo voi due. Mi dispiace tanto per R. perle mio figlio anche lui. B.G. (firma). Questo sarebbe i testamento (OMISSIS).

Poi trascrive la motivazione della predetta sentenza di questa Corte e la relativa massima, per concludere con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata.

2. – Il motivo è inammissibile.

Con la sentenza n. 8490/12 ivi richiamata questa Corte Suprema ha stabilito che ai fini della configurabilità di una scrittura privata come testamento olografo non è sufficiente il riscontro dei requisiti di forma individuati dall’art. 602 c.c., occorrendo, altresì, l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilità nella scrittura della volontà attuale del suo autore di compiere non già un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso. Tale accertamento, che costituisce un prius logico rispetto alla stessa interpretazione della volontà testamentaria, è rimesso al giudice del merito e, se congruamente e logicamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità. In applicazione di tale principio, detta sentenza ha cassato la decisione di merito, la quale aveva ravvisato la sussistenza di un testamento olografo in un documento recante soltanto la dichiarazione ricognitiva dell’autore che tutti i beni a lui intestati fossero esclusivamente di proprietà della moglie, ritenendo plausibile l’intento del de cuius di disporre in tal modo delle sue sostanze per il tempo in cui avesse cessato di vivere.

In altra e ancor più recente sentenza, la n. 150/14, questa Corte ha ulteriormente precisato che perchè un atto costituisca manifestazione di ultima volontà, riconducibile ai negozi mortis causa, non è necessario che il dichiarante faccia espresso riferimento alla sua morte ed all’intento di disporre dei suoi beni dopo la sua scomparsa, essendo sufficiente che lo scritto sia espressione di una volontà definitiva dell’autore, compiutamente e incondizionatamente manifestata allo scopo di disporre attualmente dei suoi beni, in tutto o in parte, per il tempo successivo alla propria morte. (Fattispecie, questa, nella quale, in applicazione del principio, la S.C. ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che aveva qualificato come testamento olografo un biglietto autografo del de cuius recante la clausola “nessuno faccia osservazione a questo biglietto essendo scritto di sua propria mano”).

Ciò chiarito sul senso complessivo della giurisprudenza invocata dal ricorrente, va osservato che il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta il disposto di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina. non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132/05, 26048/05, 20145/05, 1108/06, 10043/06, 20100/06, 21245/06, 14752/07, 3010/12 e 16038/13).

Non basta, in altri termini, giustapporre la fattispecie alla norma di legge per poterne trarre conclusioni in senso difforme rispetto alla decisione impugnata, quasi che l’evidenza sia tale da non richiedere commenti e dimostrazioni di sorta; ma occorre specificare se e quali affermazioni di diritto, anche soltanto implicite, contenute nella sentenza impugnata contraddicano la retta interpretazione della norma di legge.

2.1. – Nello specifico. è affatto apodittico l’assunto. contenuto nel ricorso (v. pagg. 6-7), per cui “sarebbe del tutto incomprensibile – l’affermazione della sentenza d’appello in base alla quale dall’art. 587 c.c., si desume che anche la semplice heredis l’istitutio sia sufficiente ad integrare un valido testamento. Non solo, ma deve anche aggiungersi che tale affermazione è tutt’altro che errata o criptica, chè in tanto si ha testamento in quanto sia abbia negozio testamentario a titolo universale o particolare.

E poichè l’individuazione degli estremi della heredis institutio costituisce una caratteristica indagine di fatto, come tale rimessa al giudice di merito e sindacabile unicamente sotto il profilo del vizio motivazionale ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. va ulteriormente rilevato che: 1) nella specie un tale vizio non è stato neppure dedotto, l’unica doglianza essendo stata veicolata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3; ad ogni modo, 2) la sola allegazione che il documento anzi detto integrerebbe soltanto una lettera contenente una dichiarazione (non di volontà ma) di intenti, dimostra non già un vizio motivazionale ma solo il proposito del ricorrente di provocare un inammissibile sindacato di merito da parte di questa Corte; dunque e conclusivamente, 3) parte ricorrente, accredita l’asserita violazione di legge attraverso la mera postulazione che il documento in oggetto sia null’altro che una dichiarazione d’intenti o un progetto di testamento (v. memoria ex art. 378 c.p.c. e il richiamo, ivi contenuto. a Cass. n. 26931/13, non massimata);

operazione, questa, doppiamente errata in quanto l’error iuris non è conseguenza di un error facti e quest’ultimo, a sua volta, non è denunciabile ex se in sede di legittimità, ove è consentito (nella specie ancora ratione temporis) il solo controllo motivazionale.

3. – Il ricorso va dunque respinto.

4. – Nulla per le spese. non avendo le parti intimate svolto attività difensiva in questa sede.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 13 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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