Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 33585 del 18/12/2019

Cassazione civile sez. trib., 18/12/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 18/12/2019), n.33585

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 26685/2015 R.G. proposto da:

Ghea Sistem Srl, rappresentata e difesa dall’Avv. Giuseppe

Ciaramella, con domicilio eletto presso l’Avv. Pierpaolo Bagnasco in

Roma via Donatello n. 71, giusta procura speciale notarile;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 8652/32/15, depositata il 2 ottobre 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 giugno 2019

dal Cons. Dott. Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Pedicini Ettore, che ha concluso per il rigetto del

ricorso. Udito l’Avv. Ciaramella Giuseppe per la contribuente, che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Alfonso Peluso per l’Agenzia delle entrate,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate contestava alla Ghea Sistem Srl l’indebita utilizzazione in compensazione del credito Iva per l’anno 2009 con riguardo all’Iva a debito e ad altri debiti fiscali (ritenute d’acconto e contributi dei dipendenti) trattandosi di credito inesistente e comunque insuscettibile di trasferimento.

L’Ufficio rilevava, in particolare, che il credito, sorto nel 2002 dalla cessione di un immobile da parte della società Rikex Spa alla società Damiano Immobiliare Srl, era inesistente per la natura meramente fittizia della società che, nel corso della sua esistenza, non aveva posto in essere nessun’altra operazione.

Ti suddetto credito, riportato nelle successive dichiarazioni, era, inoltre, intrasferibile, sicchè era priva di effetti la cessione operata nel 2009 alla Ghea Sistem Srl nell’ambito di una cessione di ramo d’azienda.

La contribuente impugnava l’avviso, deducendo l’infondatezza della pretesa. La Commissione tributaria provinciale di Caserta rigettava il ricorso. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

Ghea Sistem Srl propone ricorso per cassazione con quattro motivi; resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, D.L. n. 70 del 1988, art. 4, comma 4 ter, conv. in L. n. 154 del 1988, e degli artt. 1260 e 2588 e s.s. c.c. per aver la CTR escluso la cedibilità del credito Iva in caso di cessione di ramo d’azienda.

1.1. Il secondo motivo denuncia nuovamente la violazione e falsa applicazione delle su indicate norme per aver la CTR escluso la cedibilità del credito Iva per la sua inscindibilità rispetto alla posizione fiscale del contribuente, invocando altresì finalità antielusive sulla necessaria contiguità temporale tra l’anno della dichiarazione del credito e la sua effettiva utilizzazione.

1.2. Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 70 del 1988, art. 5, comma 4 ter, conv. in L. n. 154 del 1988, per aver la CTR ritenuto ammissibile la cessione del credito Iva solo ove lo stesso sia stato chiesto a rimborso.

1.3. In subordine, chiede la rimessione alla Corte di Giustizia ex art. 267 TFUE in relazione ai limiti di cedibilità del credito Iva.

2. I motivi riguardano una unitaria questione, ossia il regime di trasferibilità del credito Iva, in ispecie nel caso di cessione di ramo d’azienda, sicchè vanno esaminati congiuntamente.

2.1. La questione è fondata nei limiti e termini che seguono.

2.2. Un primo, più risalente, orientamento ritiene, invero, che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, nel prevedere che, di regola, il credito Iva sia detratto, nell’anno successivo, dal debito risultante dalla dichiarazione relativa a tale anno, “comporta che esso si colleghi inscindibilmente alla posizione fiscale del contribuente che lo ha maturato”, da cui l’impossibilità “che i crediti Iva di un contribuente possano concorrere alla commisurazione delle detrazioni spettanti, per l’anno successivo, ad un contribuente diverso” e, dunque, della cessione del credito Iva, tanto più, che la previsione, di cui al comma 2 della norma, di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione dell’anno successivo assolve alla funzione di rendere “riconoscibile e controllabile da parte dell’ufficio la complessiva posizione del contribuente nell’arco del biennio di riferimento” (v. Cass. n. 9661 del 16/04/2008, seguita da Cass. n. 1441 del 22/01/2013).

2.3. Il prevalente orientamento, che qui si condivide e a cui si intende dare continuità, sottolinea, peraltro, che nel sistema normativo vigente non è ravvisabile alcun impedimento giuridico alla trasmissibilità del credito Iva, emergendo, anzi, indicazioni di segno contrario poichè il D.L. n. 70 del 1988, art. 5, comma 4 ter, conv. nella L. n. 154 del 1988 contempla come possibile l’eventualità di una cessione del credito iva risultante dalla dichiarazione annuale (“… in caso di cessione del credito risultante dalla dichiarazione annuale deve intendersi che l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto possa ripetere anche dal cessionario le somme rimborsate…”), senza che sia necessario, in alcun modo, che esso si fosse già consolidato in una richiesta di rimborso (v. Cass. n. 6578 del 12/03/2008; Cass. n. 8644 del 09/04/2009; Cass. n. 23044 del 14/12/2012; Cass. n. 20415 del 01/08/2018).

Va inoltre rilevato che la cessione di un’azienda (o di un ramo d’azienda) comporta per legge (art. 2558 c.c.) la cessione dei rapporti e dei crediti relativi al suo esercizio, ivi compresi i crediti d’imposta vantati dal cedente nei confronti dell’erario, salvo, ovviamente, che essi non fossero stati espressamente esclusi, circostanza nella specie in alcun modo dedotta.

Ne deriva che rispetto all’originario credito Iva il cedente perde, per effetto del conferimento d’azienda, ogni legittimazione, mentre l’intera posizione resta traslata sul cessionario, che, dunque, può utilizzare il credito in detrazione ovvero chiederne il rimborso, non assumendo alcun rilievo ostativo – atteso l’avvenuto trasferimento dell’intera posizione – la diversità dei contribuenti.

2.4. A tali considerazioni può essere ulteriormente aggiunto che, con riguardo alla posizione del cessionario, neppure può ritenersi escluso il requisito della necessaria contiguità temporale tra esposizione del credito Iva in dichiarazione ed esercizio del relativo diritto di detrazione poichè – come nella specie – il credito ceduto era rimasto immutato nella sua consistenza ed era stato via via riportato nelle dichiarazioni degli anni successivi fino all’ultima dichiarazione presentata dal cedente per il 2008, mentre l’utilizzo da parte del cessionario è avvenuto per il 2009.

2.5. La richiesta subordinata di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, mirata sulla trasferibilità del credito Iva, resta assorbita.

2.6. La riconosciuta trasferibilità del diritto al credito Iva, a prescindere dalla sua concretizzazione come diritto di detrazione o di rimborso (del resto indistintamente considerate dal citato art. 30), non ha, peraltro, carattere risolutivo, occorrendo esaminare l’ulteriore profilo – pure considerato dalla CTR secondo la quale “la compensazione in tema di Iva non è ammessa nella legislazione tributaria se non nei limiti nei quali è esplicitamente regolata” della legittimità delle compensazioni operate.

Occorre distinguere, sul punto, tra utilizzo in compensazione del credito Iva rispetto all’Iva a debito (compensazione verticale) ovvero rispetto ad altri debiti fiscali (compensazione orizzontale).

2.7. Nel primo caso, la possibilità di operare la detrazione del credito è subordinata alla limitazione temporale di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1 (entro i due anni successivi) salvo, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 30, comma 2, il permanere dell’eccedenza, da cui il diritto di computarla “in detrazione nell’anno successivo”, condizione, quest’ultima, neppure in discussione fino alla dichiarazione del 2008 (e, anzi, apprezzata dall’Ufficio in relazione all’altro fondamento della contestazione).

2.8. Diversa, invece, è l’ipotesi della cd. compensazione orizzontale (ossia in relazione ad “altri” debiti fiscali) che è stata introdotta dal D.Lgs. n. 241 del 1997, art. 17 ed è subordinata a più rigidi e rigorosi limiti temporali (oltre che quantitativi, qui non rilevanti) poichè può essere operata entro l’anno successivo alla maturazione del credito medesimo (v. sul punto Cass. n. 15180 del 02/07/2014; Cass. n. 5387 del 03/03/2017), credito che, nella specie, era sorto nel 2002, mentre la compensazione, pure con riguardo a questi debiti, è stata operata nel 2009 e, quindi, tardivamente.

2.9. Ne deriva che, seppur non sia condivisibile l’asserita non trasferibilità del credito Iva, è corretto che – con riguardo agli ulteriori debiti – non poteva essere operata la compensazione orizzontale perchè fuori dai limiti temporali consentiti.

3. In accoglimento del ricorso, la sentenza va pertanto cassata limitatamente all’intervenuta compensazione verticale del credito Iva e va disposto rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per l’esame delle ulteriori questioni – in ispecie sull’asserita inesistenza delle operazioni economiche a fondamento dell’intero credito – rimaste assorbite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese, alla CTR della Campania in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 26 giugno 2019.

Depositato in cancelleria il 18 dicembre 2019

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