Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3358 del 08/02/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. trib., 08/02/2017, (ud. 23/01/2017, dep.08/02/2017),  n. 3358

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M. T. – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22919-2012 proposto da:

P.M., B.L., elettivamente domiciliati in ROMA

VIA RAFFAELE CAVERNI 16, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

GIANSANTE, che li rappresenta e difende giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

Nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI ROMA (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 302/2011 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 13/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/01/2017 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato GIANSANTE che si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato URBANI NERI che ha chiesto

il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO IMMACOLATA che ha concluso per il rigetto del ricorso (v.

sanzioni).

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO E MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 1. P.M. e B.L. propongono due motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 302/04/11 del 31 maggio 2011 con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l’avviso di liquidazione ed irrogazione di sanzioni loro notificato – il 13 aprile 2007 – dall’agenzia delle entrate in revoca di agevolazione “prima casa”. Ciò in relazione all’acquisto, con atto registrato il 25 luglio 2002, di un immobile abitativo che l’Ufficio ha reputato di lusso, ai sensi del D.M. 2 agosto 1969.

In particolare, ha ritenuto la commissione tributaria regionale che l’amministrazione finanziaria non fosse decaduta dalla pretesa impositiva, dovendo trovare applicazione anche alla materia delle agevolazioni “prima casa” la proroga biennale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 11, comma 1.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate; nessuna attività difensiva è stata posta in essere dalla parte venditrice – eredi T.F. – pure intimata. Parte ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

p. 2. Con il primo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omessa motivazione, da parte della commissione tributaria regionale, in ordine alle ragioni che deporrebbero per ritenere nella specie applicabile la proroga biennale L. n. 289 del 2002, ex art. 11.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 11 comma 1 bis cit.; posto che l’estensione della proroga alla materia delle agevolazioni si porrebbe contro la lettera e la ratio della legge, anche con fondati dubbi di legittimità costituzionale.

I due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria in quanto intimamente connessi, non possono trovare accoglimento.

Per quanto concerne la prima censura, il richiamo all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è mal posto; dal momento che l’inadeguatezza motivazionale viene qui dedotta con riguardo al convincimento esplicitato dal giudice di merito in ordine non ad un determinato elemento materiale della fattispecie dedotta in giudizio, bensì all’applicazione a tale fattispecie di una determinata disciplina giuridica. Il decisum in esame potrebbe dunque trovare censura, in linea di principio, unicamente sotto il profilo della violazione o falsa applicazione di legge, ovvero dell’erronea sussunzione della fattispecie nel regime normativo suo proprio (errore di diritto in iudicando); non già sotto il profilo della carenza motivazionale nella ricostruzione della fattispecie sottoposta. Il che rende il motivo in esame finanche inammissibile.

Venendo alla seconda censura – quest’ultima correttamente mirata ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, – se ne ravvisa l’infondatezza.

La decisione della commissione tributaria regionale (da quest’ultima confortata con richiamo a Cass. 15750/10) si pone infatti in linea con l’orientamento consolidato di legittimità.

Si è più volte sostenuto – con indirizzo al quale si intende dare continuità – che il termine triennale per l’accertamento in materia di registro, previsto in via generale dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 76, comma 2, è assoggettato alla proroga biennale dettata dalla L. n. 289 del 2002, art. 11, commi 1 ed 1 bis anche nella specifica materia della revoca delle agevolazioni. E ciò senza necessità di esplicito richiamo normativo, posto che una diversa soluzione determinerebbe una incongrua ed irrazionale disparità di trattamento tra ipotesi del tutto equivalenti (tra le molte, oltre a quella citata dalla CTR: Cass. 23222/15; ord. 279/13; ord. 1672/11; 12069/10; 24575/10; ord. 4321/09 ed altre).

Nessun elemento di segno contrario è desumibile da Cass. SSUU 18574/16, relativa a diversa imposta (IVA).

p. 3. Va detto che i presupposti della revoca dell’agevolazione permangono integri anche alla luce dello jus superveniens di cui al D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10, comma 1, lett. a), il quale, nel sostituire l’art. 1, comma 2 della Parte Prima Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, ha sancito il superamento del criterio di individuazione dell’immobile di lusso – non ammesso, in quanto tale, al beneficio “prima casa” – sulla base dei parametri di cui al D.M. LL.PP. 2 agosto 1969.

In forza della disposizione sopravvenuta, infatti, l’esclusione dalla agevolazione non dipende più dalla concreta tipologia del bene e dalle sue intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie (individuate sulla base del suddetto D.M.), bensì dalla circostanza che la casa di abitazione oggetto di trasferimento sia iscritta in categoria catastale A1, A8 ovvero A9 (rispettivamente: abitazioni di tipo signorile; abitazioni in ville; castelli e palazzi con pregi artistici o storici).

Senonchè, il nuovo regime trova applicazione ai trasferimenti imponibili realizzati successivamente alla modificazione legislativa; e, in particolare, successivamente al 1^ gennaio 2014, come espressamente disposto dal D.Lgs. n. 23 del 2011, art. 10, comma 5 cit..

Il trasferimento dedotto nel presente giudizio, antecedente a questo discrimine temporale, continua pertanto ad essere disciplinato in base alla previgente disciplina; come detto incentrata sui requisiti del citato D.M..

Fermo dunque restando il pregresso regime impositivo sostanziale, si ritiene – dando con ciò continuità a quanto stabilito, in identica fattispecie, da Cass. ord. 13235/16 – che una diversa soluzione si imponga invece per quanto concerne le sanzioni applicate con l’atto qui impugnato.

In proposito, si ravvisano i presupposti per l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, secondo cui, in materia di sanzioni amministrative per violazioni tributarie: “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato”.

La ricorrenza del principio di legalità e di favor rei in materia tributaria già ampiamente valorizzato, in presenza di sanzioni amministrative di sostanziale valenza penale, anche ex artt. 49 della Carta dei diritti fondamentali UE, e 7 CEDU – si impone, nella specie, sotto il profilo che tali sanzioni vennero inflitte per avere il contribuente dichiarato che l’immobile acquistato possedeva, contrariamente al vero, qualità intrinseche “non di lusso” (sempre secondo i suddetti parametri ministeriali); vale a dire, per aver reso una dichiarazione che, per effetto della modifica normativa, oggi non ha più alcuna rilevanza per l’ordinamento.

In altri termini, il mendacio contestato – costituente l’espresso fondamento della sanzione, così come stabilito dal Parte Prima, Tariffa D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, comma 4 cit. – non potrebbe più realizzarsi, in quanto caduto su un elemento (caratteristiche non di lusso dell’immobile) espunto dalla fattispecie agevolativa.

E’ vero che la modifica normativa non ha abolito nè l’imposizione (nella specie individuabile nel recupero a piena tassazione dell’agevolazione indebitamente fruita), nè le conseguenze sanzionatorie derivanti dalla falsa dichiarazione; e tuttavia, è proprio l’oggetto di quest’ultima, costituente elemento normativo della fattispecie, ad essere stato cancellato dall’ordinamento. Tanto che, in base al regime sopravvenuto, l’agevolazione ben potrebbe sussistere (in assenza di iscrizione nelle categorie catastali ostative) anche in capo ad immobili abitativi in ipotesi connotati dalle caratteristiche la cui mancata o falsa dichiarazione ha costituito il motivo della sanzione.

Il che rende del tutto peculiare la presente fattispecie rispetto a quelle con riguardo alle quali è stato affermato che – in difetto di “abolitio criminis” – permane a carico del contribuente tanto l’obbligo del versamento dell’imposta dovuta prima della modificazione normativa, quanto quello sanzionatorio (Cass. 25754/14; Cass. 25053/06).

Va poi considerato come ci si trovi qui di fronte ad una situazione di favore per il contribuente ancor più radicale ed evidente di quella (prevista nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3) del sopravvenire di un regime sanzionatorio semplicemente più mite. Perchè qui non di questo si tratta, ma proprio di riformulazione ex novo della fattispecie legale di non spettanza dell’agevolazione; fondata su un parametro (quello catastale) del tutto differente da quello, precedentemente rinvenibile, fatto oggetto di mendacio.

In maniera tale che l’amministrazione finanziaria mantiene, come detto, la potestà di revocare l’agevolazione in questione per il solo fatto del carattere di lusso rivestito – al momento del trasferimento, e sulla base della disciplina all’epoca applicabile – dall’immobile trasferito; senza però avere titolo per applicare delle sanzioni conseguenti a comportamenti che, dopo la riforma legislativa, non sono più rilevanti; non certo in quanto tali (false dichiarazioni), ma in quanto riferiti a parametri normativi non più vigenti.

In definitiva, l’applicazione dello jus superveniens induce al parziale accoglimento del ricorso, limitatamente alla non debenza delle sanzioni applicate con l’atto opposto.

Conclusione, quest’ultima, che deriva da una scelta interpretativa di favore suscettibile di essere attuata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio; e quindi anche in sede di legittimità (tra le altre: Cass. 1856/13; Cass. 4616/16; Cass.16679/16 e Cass. ord. 13235/16 cit.).

Ciò perchè, stante l’avvenuta contestazione da parte del contribuente della legittimità della revoca dell’agevolazione, è per ciò solo escluso che sia divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione delle sanzioni che da tale revoca consegue. Nè – trattandosi di eliminazione delle sanzioni, e non di loro rimodulazione all’esito di una determinata opzione per il regime più favorevole concretamente applicabile – si richiedono accertamenti fattuali di sorta.

All’esito del giudizio, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione delle spese dei gradi di merito e legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai profili accolti e, decidendo nel merito, dichiara non dovute le sanzioni;

– compensa integralmente le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della quinta sezione civile, il 23 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA